DEI BIMBI IN PROVETTA

DEI BIMBI IN Compie dieci anni la più grande banca americana per la donazione di seme: tra successi e polemiche DEI BIMBI IN WASHINGTON DAL NOSTRO INVIATO Il viaggiatore che si fosse trovato a passare tra le sequoie della California sulle colline di Oakland nella sera del 20 febbraio scorso e avesse bussato alla porta della Locanda delle, appunto, Sequoie, non avrebbe trovato cacciatori od orchi, ad aspettarlo dietro la porta, ma bambini e donne. A prima vista, lo spettacolo offerto dalla Locanda delle Sequoie non gli avrebbe mostrato nulla di rimarchevole. Festoni colorati al soffito, palloncini avvizziti, grandi coppe di «fruit punch», torte e persino un clown, anzi una clown, per intrattenere i piccoli ospiti, i soliti orpelli delle festine organizzate dagli adulti per i compleanni dei bambini. E difatti «Buon decimo compleanno», lo avrebbe avvertito la scritta a lettere di stagnola sopra la porta. Ma se il viaggiatore avesse avuto spirito di osservazione, non avrebbe potuto fare a meno di notare qualcosa di strano, un'assenza, in quella festosa riunione. Non c'era, tra le donne e i bambini, un solo uomo, non un solo maschio adulto che potesse vagamente interpretare la parte del padre. Una festa di orfani accomunati da qualche tragedia?, si sarebbe chiesto. Un ballo di divorziate o di ex ragazze madri? Una riunione di famiglie di militari in guerra? La «clausola verità» Niente di tutto questo, avrebbero risposto irritate le organizzatrici del party. Quei bambini nella Locanda delle Sequoie non avevano mai avuto padri, ma soltanto donatori. I loro padri erano stati i pochi centilitri di liquido congelato e rinchiuso nelle celle frigorifere degli organizzatori. Benvenuti alla festa di compleanno dei figli della provetta. Nella locanda nel bosco, quella sera, la più grande Banca dello Sperma americana, la Sperm Bank of California, e l'unica che consenta direttamente alle clienti l'accesso e la scelta del «papà surgelato» fra i campioni disponibili, festeggiava i dieci anni di esistenza e di attività. E per testimoniare del successo insieme tecnologico e ideologico della loro impresa, le responsabili della Banca avevano invitato attorno ai succhi di frutta il campionario tangibile e urlante di quei 10 anni: le bambine e i bambini prodotti dall'amore fra una donna e una siringa. Le creature, alcune ormai grandicelle altre in fasce, nate da donne che per scelta, non per necessità, avevano voluto sperimentare la maternità senza «andare a letto con il nemico», senza il maschio. Ci sono ormai, negli Stati Uniti e nel mondo, migliaia e migliaia di bambini nati felicemente dall'incontro fra una madre e una provetta, nel quale la scienza surroga gli strumenti, ma non le intenzioni, dell'amore. La tecnica della fecondazione artificiale umana è diventata banale e comune: molte delle clienti della Banca californiana si sono addirittura fecondate da sole, dopo un breve corso di istruzione, per portare al massimo possibile il principio del «do it yourself», del fatelo da voi, noi vi forniamo gli attrezzi e la materia prima. Costo, 160 mila lire. Probabilità di riuscita, una gravidanza ogni tre tentativi in media. Ma la clinica, o la banca, o la fattoria di Oakland ha una carat¬ teristica unica: non soltanto offre alle clienti la scelta del seme, rivelando loro le caratteristiche del donatore, altezza, peso, età, razza, titoli di studio, storia personale e famigliare, per garantire alle acquirenti tutti gli optional genetici e dunque il migliore acquisto possibile. In più, questa boutique della fecondazione offre da dieci anni la esclusiva «clausola verità». I donatori possono scegliere di lasciare la propria identità insieme con il liquido donato e autorizzano la Banca a rivelarla ai loro figli, quando essi arriveranno al diciottesimo anno di età. Circa il 70 per cento lo fa. Dunque nel 2003, quando i più grandi fra i bambini raccolti nella Locanda delle Sequoie compiranno i 18 anni, essi potranno, se lo vorranno, rintracciare l'uomo che li generò, masturbandosi. L'idea di «riumanizzare» il procedimento zoologico della fecondazione con sperma umano surgelato, l'idea di creare almeno l'ipotesi del riconoscimento reciproco tra figli e donatori, parve eccellente alle donne che fondarono la California Sperm Bank nel 1985. Nella ideologia della «libera scelta», nella cultura militante del separatismo femminile che l'aveva ispirata, quella possibilità di futuri incontri sembrava essere una soluzione elegante, e molto pro¬ gressista, al teorema della libera scelta. Così come le donne devono avere il diritto alla maternità senza l'ingombro di un uomo, inteso come persona, così i figli devono avere il diritto di scegliere se ignorare o affrontare, da grandi, il padre. Ma come per tutte le ideologie militanti, i luminosi principi hanno la spiacevole tendenza di franare contro la realtà e la realtà, in questo «ballo delle provette», cresce inesorabilmente. Ha raggiunto i dieci anni, l'età anagrafica dei primi «prodotti» e comincia a confrontarsi con i coetanei, a lanciare quei folgoranti «perché» infantili che ogni genitore, anche il più tradiziona- le, impara in fretta a temere. Le madri, le giovani donne che 10 anni or sono celebrarono orgogliosamente la loro autonomia dal «destino biologico» dell'accoppiamento e la secessione finale del sesso dalla procreazione, oggi sono donne messe di fronte a un dilemma arcigno. Se tacciono ai figli la storia della loro concezione, e borbottano vaghe spiegazioni, mentono e nella menzogna muoiono invariabilmente tutte le ideologie e le speranze della liberazione, politica o sessuale. Se dicono la verità, espongono i figli piccoli allo choc di una scoperta sconvolgente. Alla ricerca del padre E come spiegare al figlio maschio che il suo ruolo nella futura città radiosa della liberazione sessuale voluta dalla madre è quello di semplice fornitore di spermatozoi vivaci e aggressivi? «E quanti adolescenti, come i primi figli della clinica stanno diventando, accetteranno di aspettare i 18 anni per ribellarsi e partire alla ricerca del padre, foss'anche solo per sputargli in faccia?», si chiede Linda Muir, ex socia ribelle e dissidente della Banca. Alla Banca si preferisce sorvolare sui problemi che stanno spuntando come cespugli di rovo nel giardino della presunzione ideologica, problemi che crescono con il crescere dell'età dei figli. «Drammi e traumi sono il pane quotidiano della vita di ogni adolescente» fa notare Barbara Raboy, la fondatrice e ancora presidentessa della banca dell'onanismo a pagamento, 40 dollari per donazione, 70 mila lire, massimo 100 donazioni all'anno per i «tori» migliori. «Scoprire la propria condizione di figlio di una fecondazione artificiale non è più sconvolgente che vedere un padre che picchia la madre o vivere un divorzio, per un bambino», e nelle sue parole c'è molta, amara verità. Ma c'è una verità più grande e meno politica di questa proposta dalle femministe californiane, ed è il gigantesco esperimento involontario di psicologia infantile in atto su una generazione di «figli del congelatore». Soltanto ora, che stanno aumentando di anni i prodotti dell'incontro a distanza fra un donatore chiuso in una stanzetta della clinica e una donna che respinge la responsabilità morale e affettiva della fa- miglia umana, sapremo davvero se l'esperimento è riuscito. Se i figli della quasi partenogenesi militante di queste madri, spesso lesbiche incapaci di rapporti eterosessuali ma desiderose di figli, come molti dei donatori sono gay attratti dall'idea di generare un figlio senza toccare donna, saranno i fiori della liberazione biologica o la gramigna di una generazione condannata a immaginare il padre come una provetta appannata nel gelo dell'azoto liquido. Nessuno ha la certezza del risultato. 1 pessimisti sono molti. Linda, la missionaria pentita della concezione «à la carte», e James Lindemann Nelson, uno psicologo del Centro Hastings di New York che studia i problemi della biotecnologia, vedono nero. «Questi figli dovranno misurarsi tutta la vita con il peso di essere i prodotti di un duplice, spaventoso egoismo, quello del padre che vende il suo seme per una manciata di dollari e quello della madre che vuole il giocattolo figlio senza assumersi la responsabilità della socialità umana - dice Nelson -. La famiglia non è soltanto un'entità biologica, come dimostrano milioni di adozioni felici. Famiglia è unione, è microcosmo di socialità e dunque di adattamento reciproco, è radicamento con il passato e il futuro. Lo sa qual è la parola che ricorre più frequentemente nei discorsi dei bambini nati con l'inseminazione artificiale? La parola è daddy, papà». Una vita nel «grande gelo» Non si dice papà, si dice «donatore», insegnano le clienti della Banca ai figli. «Ho abbastanza amore per lui, o per lei, da bastare per chi non c'è», si fanno reciprocamente coraggio alle festine, mentre i bambini mettono le mani nel punch e le donne scoccano occhiate di traverso ai figli della altre, per trovare somiglianze, parentele. La Banca non dà nomi alle donne, ma le sue fuiizionarie sanno bene che alcuni donatori sono più ricercati di altri - caucasico, studente in ingegneria nucleare, 22 anni, 1 metro e 85 per 75 chili di peso, genitori anziani e viventi, si vende benissimo - e dunque alcuni di quei bambini sono certamente fratelli e sorelle. In fondo, lo sono tutti. Tutti figli del grande gelo. Vittorio Zucconi Si è realizzata un'utopia femminista: e le fondatrici ora si ritrovano con i loro figli Un summit in California: tempo di festa, però nascono iprimi dubbi sulfuturo dei ragazzi Un laboratorio americano. Foto tratta da «Photo Graphis '86»

Persone citate: Centro Hastings, James Lindemann Nelson, Muir, Vittorio Zucconi

Luoghi citati: California, New York, Oakland, Stati Uniti, Washington