Cuccici all'«insider »«La procura di Milano indaga» di Susanna Marzolla
* ^Mr * * * * ******* Cuccici all'«insider » La procura di Milano indaga MILANO. Una cartellina gialla con l'intestazione «Insider trading»: è questo l'ultimo fascicolo aperto dalla procura di Milano. Oggetto: i sospetti di una speculazione sul marco avvenuta venerdì 3 marzo. Cioè quando il «Polo» ha annunciato (ma dopo le cinque del pomeriggio) il suo voto contrario alla manovra economica. Insomma, in tutta questa storia la procura ha deciso di vederci chiaro. Sono solo voci, sospetti, oppure c'è qualcosa di più consistente? Davvero qualcuno - saputo prima di una decisione politica che avrebbe senz'altro turbato i mercati - ha deciso di trarne vantaggio economico? E questo qualcuno chi è, quali rapporti ha con chi ha preso quella decisione politica? Sono queste le domande cui la procura vuole al più presto trovare una risposta. Per vedere se ci siano anche i profili di un illecito penale: quello sancito dalla legge 157 del maggio '91, «Norme relative all'uso di informazioni riservate nelle operazioni in valori mobiliari». Il reato è noto con il nome inglese («insider trading»). Le sanzioni penali sono: reclusione fino ad un anno, multa da dieci a trecento milioni che può essere anche triplicata per la «rilevante gravità del fatto», pene accessorie (interdizione dai pubblici uffici e dalla professione dai sei mesi ai due anni). Dunque è su questa base che si sta muovendo la procura, anche se finora la giurisprudenza è assai scarsa (un precedente, a Milano: la condanna a 4 mesi del finanziere Giuseppe Gennari) e anche se, in tema di valute, la competenza penale è «scivo- Iosa». Infatti le valute in quanto tali non sono considerate «valori mobiliari», salvo non siano oggetto di contratti, come i «futures». Fatta questa considerazione, però, le voci sono sembrate alla procura troppo insistenti e troppo gravi per non interessarsi della vicenda. Tanto più che alcuni parlamentari sono ieri tornati sull'argomento con nuove interrogazioni al governo. Non solo: il Codacons (il coordinamento delle associazioni che tutelano i consumatori) ha già inviato un esposto alla procura di Roma. Il fascicolo aperto a Milano contiene al momento gli articoli di giornale che hanno denunciato la vicenda (il primo era stato il quotidiano cattolico «Avvenire»), Ben presto, se l'inchiesta andrà avanti, saranno sentiti anche i parlamentari firmatari delle interrogazioni, primi fra tutti il progressista Antonello Falomi (che non ha fatto pubblicamente nomi ma si è detto disponibile a fornire ai magistrati tutti i particolari a sua conoscenza), e il verde Alfonso Pecoraro Scanio. Quest'ultimo, invece, aveva fatto chiaramente il nome della Fininvest come della società sospettata della speculazione. La Fininvest aveva risposto per le rime, ma ieri Pecoraro Scanio è tornato alla carica, citando la banca londinese incaricata dell'operazione: «Quale azienda italiana - chiede infatti nella nuova interrogazione al governo - venerdì 3 marzo acquistava marchi al prezzo di 1140 lire sul mercato londinese attraverso la National Westminster Bank?». Poi ricostruisce la giornata di venerdì: «L'operazione, avvenuta a quotazione già molto elevata, fu poi seguita da un ulteriore crollo della nostra moneta dopo l'imprevisto annuncio del voto contrario del Polo alla manovra economica. Quel giorno il crollo definitivo avveniva alle ore 19,35, con la nostra moneta a 1181 lire». Moltiplicando le 41 lire di differenza per le «centinaia di miliardi» che sarebbero state spese nell'acquisto di marchi, la cifra della speculazione è davvero da capogiro. Logico che anche la procura milanese sia un tantino «incuriosita». Susanna Marzolla
Persone citate: Alfonso Pecoraro Scanio, Antonello Falomi, Giuseppe Gennari, Iosa, Pecoraro Scanio
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