L'ULIVO NON FA POLITICA di Guido Ceronetti

L'ULIVO NON FA POLITICA PRODI, CAMBIA SIMBOLO L'ULIVO NON FA POLITICA CAUTELA, con l'ulivo. Se ini avesse chiesto consiglio, avrei detto subito a Romano Prodi: per carità, lasci stare, cerchi un'altra cosa. L'ulivo come bandiera di lotta politica è un disastro. Innanzitutto è una frode. Sarà pur latta in buona fede, resta una frode. Il significato generico e superficiale ciipace è smentito, necessariamente, dall'assunto. Se poi ci fosse la presunzione di rappresentare l'ulivo, di esserlo, più che di esserne rappresentati, questo smentirebbe l'assunto: l'ulivo non ha un line, essere ulivo è il sin) line. Un'analogia simbolica ce l'ha col pellicano, sofferenza e dono: non credo che Prodi si senta pellicano. Toccherà a qualcun altro, che per ora è oscuro. L'ulivi), in una corrida elettorale, in una lotta civile sia pure di liste e incruenta ma sostanzialmente brutale, e nella quale è inevitabile che si faccia scempio della lucidità e della stessa realtà umana in gioco, può significare soltanto la distanza dall'ulivo: è un simbolo che, in quell'uso improprio, si manifesta come puro non-sono-quello. Bisognerebbe che l'immagine lo rappresentasse carbonizzato. La nostra distanza dall'ulivo è scritta in due versi brevi, discesi dall'alto, di un poeta di guerra civile: Qité abismo entre el olivo - y el hombrt se descubre! (Miguel Hernandez, 1938). Questa sì, è parola di verità. Incolmabile abisso: di qua noi, esseri umani pervertiti senza rimedio; di là, in compagnia di qualche santo ignoto, l'ulivo. E' pericoloso assumere per insegna (farne un volgare semaforo per introvabili Ceti medi) una sacralità spenta da Guido Ceronetti CONTINUA A PAG. 6 SETTIMA COLONNA

Persone citate: Miguel Hernandez, Prodi, Romano Prodi