Poeti in Transatlantico tra applausi e sbadigli di Massimo Gramellini

E' I V" Poeti in Transatlantico tra applausi e sbadigli POLITICA E CULTURA E' I Vuna palla pazzesca», " confida fantozzianamente il super-funzionario della Camera, riemergendo olivastro dalla Sala della Lupa. Poveri poeti, con le loro sciarpe al collo e le voci che piangono, chiamati a Palazzo per leggere versi che in pochi vogliono sentire. L'idea era venuta a Irene Pivetti, mecenate in tailleur della Seconda Repubblica: portare la poesia nel cuore del potere. La poesia è arrivata, ma il potere è uscito, aveva da fare. Riunioni e controriunioni sulla Manovra. E così in sala ci sono troppe sedie vuote. Mancano Scalfaro, Scognamiglio e Dini, e alle nove e un quarto della sera latitano ancora i "vice" della Pivetti, Violante e Della Valle. Per fortuna che c'è il Garante, il poetico Santaniello. E i due prezzemoloni della tele-politica, Vittorio Sgarbi e Sandro Curzi, curvo come a scuola sul librone delle poesie a pagina 35, L'amore è fragile. «Ahò, alcune sò stupende, però nun le sanno leggere». Veniamo alle cose serie: i poeti. Quattro sul palco - gli ottuagenari Attilio Bertolucci, Piero Bigongiari e Mario Luzi, il sessantenne Edoardo Sanguineti - con una cartellina rosa sotto il braccio e l'aria simpatica da eremiti strappati a una grotta incantata e catapultati in un congresso di alieni. In platea gli esclusi, ringhianti sorrisi. C'è maretta soprattutto fra le signore: vanamente invocarono presso «il» presidente Pivetti la «par condicio». «Una donna ci sarebbe stata proprio bene», obietta Maria Luisa Spaziani, poetessa con faccia da maestra buona e due sbuffi di pelliccia sulle spalle. «Ce n'è almeno una che vale questi quattro», insinua, soave. Sembra che alluda non a se stessa, ma a Giovanna Bemporad, cappotto esistenzialista a larghe falde. Si accende una telecamera e come al richiamo del miele, appare Vittorio Sgarbi. E' a un bivio: da una parte c'è la sala-poeti, dall'altra il crocicchio dei giornalisti. Non ha esitazioni: «Pivetti ha sempre delle ottime idee. Avesse solo queste sarebbe meglio». Lo spettacolo sta per cominciare. Ed ecco la grande novità. Il corridoio centrale della Camera, il famoso Transatlantico calpestato nei decenni da Togliatti, De Mita e Storace, è stato trasformato per la prima volta in una galleria teatrale, con centinaia di sedie spruzzate d'oro a ingombrare lo storico «struscio» e un maxi-schermo televisivo proprio davanti alla buvette. Chi godrà di tanta grazia? Una folla di studenti dei licei romani, più un non troppo folto gruppo di esponenti della inafferrabile «società civile». Qualcuno deve aver detto ai ragazzi di indossare abiti adeguati. Hanno risposto in modo creativo: c'è una biondina in vestito da sera con trampoli sadomaso che dà il braccio a un Renzo Tramaglino del Duemila, scarpe grosse, camicione a quadri e camminata sulle uova. Fanno ressa nel mitico bar dei potenti, rimpinzando- si di pane e mortadella a prezzi politici. Incede di nero vestita Irene Pivetti. Saluta lieve Giannini, Amendola e Branciaroli, i tre attori che in collegamento video dal Transatlantico si alterneranno ai poeti nella let¬ tura. Due parole di benvenuto, un sorriso di tre quarti ai ragazzi («nun te sforza», gli mormora dietro una vocina irrispettosa) e l'Irene ascende al Parnaso (primo piano), in quella Sala della Lupa che già abbiamo visto colma di poesia e povera di politica. Verso preferito di Pivetti: «Tu non sai che città, che primavera ti preparo», di Vittorio Sereni, vagamente allusivo nei confronti del Polo. «Vi è dentro tutta la speranza, l'attesa, la minaccia quasi di un futuro che non conosciamo», scrive il Presidente della Camera nella prefazione al volume di poesie che tutti stanno spalancando a pagina uno, mentre Piero Badaloni comincia a presentare i poeti come Pippo Baudo a Sanremo. «Lo stiamo per ascoltare in "Lettere da casa". Signori, ecco a voi Attilio Bertolucci». Si abbassano le luci. Il vecchio poeta comincia a scandire in parmigiano. In prima fila il figlio Bernardo sembra l'uomo più commosso del mondo. Massimo Gramellini Sulla scena Bertolucci, Bigongiari, Sanguineti e Luzi. In «platea» gli immancabili Curzi e Sgarbi Ma il potere latita: mancano Scalfaro, Dini e Scognamiglio Dalla Pivetti solo un saluto Irene Pivetti e (da sinistra) i poeti Mario Luzi, Piero Bigongiari e Attilio Bertolucci

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