Leoluca, professione accusatore di Giuliano Ferrara

Leoluca, professione accusatore Leoluca, professione accusatore Ma spesso le denunce diventano un boomerang UN POLITICO NEL MIRINO TROMA ERRIBILE ò il destino degli accusatori di professione. E tanto più spaventoso, questo destino, quanto più le accuse - vere o false che siano - appaiono logiche, plausibili e soprattutto giustificate in quella specie di mattatoio che ò la lotta politica in Sicilia. A riguardarsi una dopo l'altra, in nera, luttuosa e imbrogliatissima successione di stampa tutte le accuse pronunciate da Leoluca Orlando negli ultimi quattro-cinque anni c'è da restare sgomenti e, superato lo sgomento, con un filo di mal di testa. Perché molte di questo accuse - tanto vale dirlo subito - sono oggi confermate da atti giudiziari e quindi in un certo senso erano e sono, oltre che profetiche, anche vere. O, se si preferisce, erano piuttosto vicine al vero. E' il caso della corruzione, che Orlando ha denunciato prima di tutti c con una foga che anche qui appare quasi più da chiaroveggente che da politico. Pure nel caso di Andrcotti, con nomi e date che ricorrono tali e quali nell'inchiesta, questa infallibile capacità di azzeccarci e impressionante. Nel senso che ispira ammirazione, certo, ma anche sospetto. Altre accuse, invece, più che preliminarmente irreali, pregiudiziali o false, appaiono, ancorché non confermate da riscontri giudiziari, enormi. Si tratta di accuse che investono di solito questioni internazionali, passaggi cruciali della storia e personaggi di tale importanza che al confronto la triste vicenda di Tcrrasini, con tutta la moderna drammaticità televisiva che trasmette, finisce per apparire un piccolo filamento di cronaca. In pratica: il caso Moro (con le minacce di Kissingcr), la funzione della massoneria in tante brutte cose, l'aereo di Ustica, il ruolo di Mediobanca (inopinatamente chiamata, al maschile, da Orlando «il nuovo Andrcotti»). Questo secondo tipo di accuse hanno l'effetto sia pure in parte temperato dal primo tipo di accuse «vere» - di proiettare Orlando, accusatore di professione, accusatore per per scelta e come ha spiegato una volta anche per necessità, in una dimensione misteriosa, iper-dietrologica, anche con tratti di megalomania. Dove la mafia, al limite, diviene qualcosa di rarefatto e tutto si tiene: la storia, l'intrigo, la trama, il complotto, l'epurazione, i giudici amici miei o suoi, il potere marcio, i soldi, la virtù, il vizio, il delitto, il castigo, la vittoria, la morte. Una politica che non da ieri si combatte in Sicilia secondo un codice particolare e con mez^fche forse solo i siciliani riescono a comprendere (anche se di rado a far capire). Una politica dove l'assassinio, per ragioni prossime e remote, è un mezzo come un altro e che perciò, non recandosi di norma gli assassini dal notaio pri- ma del misfatto, rende in qualche modo naturale e forse anche assai più legittimi che altrove l'accusa senza prove, e il sospetto come «anticamera della verità». Chi non uccide con le armi è costretto a uccidere con le parole. Di questa politica con altri mezzi - sia detto nel modo più distaccato possibile - Orlando è uno dei prodotti più completi. Quando cominciò ad impegnarsi, primo della classe, da un'agiatissima famiglia della borghesia delle professioni, gli accoppa- rono quello che Leoluca aveva scelto, se non come padre, come fratello maggiore o, più semplicemente, come leader: Picrsanti Mattarella. Sangue chiama sangue, si sa, ma anche accuse, accuse sanguinose, accuse da morire, da morirci. Accuse addirittura preventive: «Se io dovessi essere ucciso - ha detto un giorno - vorrei che si dicesse, che si ripetesse che non è stata soltanto la mafia ad uccidermi, ma anche quel potere politico che è un miscuglio di rapporti internazionali e nazionali e che ha tenuto il nostro Paese sotto il giogo dell'illegalità». Giustificato, quindi, motivato ma insieme anche condannato ad accusare, Orlando ha collezionato accuse che hanno troppo spesso a che fare con la morte. Elda Pucci ha detto: «Passerebbe sul cadavere della madre». Giuliano Ferrara, in un corsivo sull'«Avanti!» dal titolo «Jene» l'ha accusato di continuare «a sfogare la sua insaziabile fame di cadaveri e di guerra civile». Più pacato,

Persone citate: Elda Pucci, Leoluca Orlando, Mattarella

Luoghi citati: Sicilia, Ustica