I clan «firmano» una strage

I clan «firmano» una strage I clan «firmano» una strage Catania, assassinati in piazza 3 boss rivali SUCCESSIONE NEL SANGUE CATANIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La guerra di mafia ieri pomeriggio ha fatto altri tre morti. Tre uomini che sono stati uccisi a colpi di pistola da un commando di killer che non ha esitato a sparare nella piazza libertà, la principale di Gravina di Catania, davanti a decine di persone. Una quarta persona, che faceva parte del gruppo, è riuscita miracolosamente a sfuggire all'agguato. Adesso è ricercata dai carabinieri, che sperano di scovarla prima dei killer. C'è anche un ferito, sebbene lieve. E' Giuseppe Carletti, 41 anni, un handicappato che si trovava sulla sua sedia a rotelle quando è scattato l'agguato. Ai carabinieri ha raccontato di aver visto un solo killer, fuggito su una moto. In realtà, la dinamica dell'azione fa ritenere che il commando fosse ben più nutrito. E' stata un'esecuzione plateale, per punire probabilmente. Ma anche per dare un segnale agli altri, a chi come Natale Lombardo, 44 anni, e Carmelo Morales, 42, stava tentando una scalata al clan del «Malpassotu», nella bufera da quando il capo carismatico, Giuseppe Pulvirenti, ha deciso di saltare il fosso e di collaborare con la giustizia. Lombardo e Morales erano pregiudicati. Massimo D'Urso, con i suoi 25 anni, era invece un incensurato. Faceva il meccanico. A Gravina, un grosso centro della cintura attorno a Catania, cresciuto a dismisura a partire dagli Anni Sessanta come paese-dormitorio, lo conoscevano come il figlio di Giuseppe D'Urso, un ex consigliere comunale del partito socialdemocratico. I tre sono stati uccisi poco dopo le 16,15, mentre stavano uscendo dal bar che si affaccia sulla piazza principale, dove avevano preso un caffè. Stavano per recarsi nell'agenzia disbrigo pratiche del padre di D'Urso che si trova nella stessa piazza. I killer, almeno quattro, sono sbucati in moto da una viuzza stretta; hanno abbordato il gruppo e hanno sparato una ventina di colpi di pistole semi-automatiche. Tutti colpi precisi, micidiali. I killer non potevano sbagliare e hanno mirato alla testa. Hanno agito con freddezza; dopo aver abbattuto i tre, si sono ulteriormente avvicinati per sparare il colpo di grazia alla nuca, davanti a decine di persone attonite. Dalle poche e imprecise testimonianze, in serata è emerso che almeno una quarta persona era in compagnia delle vittime ed è riuscita a dileguarsi. Subito dopo la sparatoria, tra scene di panico, il gruppo dei killer si è dileguato nelle stradine attorno alla piazza nella quale si affaccia anche il comando dei vigili urbani. All'arrivo dei carabinieri la terribile scena: tre cadaveri nella piazza, quasi in fila, e tre lunghe scie di sangue, poi portate via dalla pioggia, cominciata a cadere poco dopo l'agguato. In serata, nella caserma dei carabinieri di Gravina, squassata due anni fa da un'autobomba, sono state interrogate tre persone, tre testimoni oculari del delitto che però hanno voluto dire ben poco. Nel frattempo la zona è stata battuta palmo a palmo dalle forze dell'ordine e dai militari dei «Vespri Siciliani», che hanno stretto d'assedio il circondario. L'ipotesi privilegiata dagli investigatori e dai carabinieri per l'agguato è quella della faida interna al gruppo mafioso del «Malpassotu». Del terzetto, è Giuseppe Morales il personaggio più in vista. Dieci anni fa il pentito Pietro Randelli, della frangia torinese del clan dei Cursori, lo indicò assieme al fratello come l'omicida di un benzinaio di San Giovanni La Punta, Antonino Richichi. Fu un caso discusso. Il benzinaio fu «punito» perché qualche settimana prima era riuscito a sventare una rapina nella sua stazione di servizio. I due, condannati all'ergastolo, furono assolti in appello. Morales aveva numerosi precedenti penali sulle spalle. In passato era stato denunciato per detenzione di armi, traffico di droga, ricettazione e furto d'auto. Lombardo, ufficialmente macellaio, era un amico di Alfio Di Bella, un importante esponente del clan del «Malpassotu», arrestato il mese scorso. Nei rapporti degli investigatori Lombardo era stato più volte indicato come un frequentatore abituale di uomini di primo piano nel clan dei Pulvirenti. Nei suoi trascorsi, reati di estorsione, furto, truffa, ricettazione, emissione di assegni a vuoto e persino furto di bestiame. Buio fitto, invece, sull'identità del quarto uomo, riuscito a sfuggire all'agguato. Stando alle testimonianze, è fuggito all'arrivo dei sicari. Potrebbe trattarsi di un altro esponente del clan, un amico delle tre vittime, oppure qualcuno che ha consegnato i tre nelle mani dei carnefici. Fabio Albanese Il padre e il fratello della vittima furono massacrati dai sicari di Cosa Nostra nel dicembre dell'82 Gli inquirenti «Una dichiarazione di guerra contro i collaboratori della giustizia» La condanna a morte decisa dai luogotenenti del «Malpassotu» I CaLa cdecdel Il bossGiuse Qui accanto il luogo dell'agguato a Gravina di Catania dove ieri sono stati uccisi tre pregiudicati In alto, poliziotti sulla scena dell'omicidio del figlio di Buscetta Il boss neo-pentito Giuseppe Pulvirenti

Luoghi citati: Catania, Gravina Di Catania, San Giovanni La Punta