«Non ho paura di perdere le tv» di Augusto Minzolini

«Non ho paura di perdere le tv» «Non ho paura di perdere le tv» 77 Cavaliere: sono vincente su tutta la linea TRA ELEZIONI E REFERENDUM SROMA UL palco del congresso repubblicano Massimo D'Alema fa la voce grossa, accusa Silvio Berlusconi di «diciannovismo», ne parla come del profeta del «fascismo del duemila», insorge contro lo «squadrismo televisivo», contro quel «comitato d'affari» che si radunerebbe intorno al Cavaliere e minaccia, ovviamente, di radunare «la sua piazza» contro quella dei suo avversari. Siamo alle male parole e pensare che appena dieci giorni fa il segretario pidiessino suggeriva ih una lettera all'ex-presidente del Consiglio l'uso del galateo nella polemica politica. Questo sul palco del congresso repubblicano. Ma in quella platea, in qualche palazzo romano e in qualche villa lombarda qualcosa si muove per risolvere questa situazione tragica e, insieme, paradossale. Per capire, però, quello che avviene in questo gran calderone bisogna stare appresso ai vari uomini «ombra». «Il problema non è la manovra - spiega Ligas, "ombra" del segretario pidiessino -: si ammalano 10 di Rifondazione, Pannella porta qualcuno, lo stesso fa Maroni e alla fine la manovra passa anche alla Camera. Il problema, però, è il quadro politico che non sta in piedi». Poco più in là c'è l'ombra del sottosegretario alla presidenza del Consiglio Guglielmo Negri, un funzionario della camera di nome Tivelli che ha contratto quello strano morbo che è la "voglia" di fare a tutti i costi il sottosegretario. «Dovevano nominarmi venerdì scorso - si lamenta ma poi è successo tutto questo. Insieme a me erano candidati anche Furio Colombo, che doveva andare a fare il sottosegretario per il "giubileo" e Zanda, quello che è vicino a Cossiga». La cosa, di per sé, fa sorridere. Anzi, vista la situazione è tragicomica. Ma in questi tempi affollati di ministri sconosciuti e sottosegretari anonimi, anche Tivelli può crederci. E resta comunque il fatto che da qualche tempo il «personaggio» viene usato per portare questo o quell'altro «messaggio». E che dice il Tivelli? Interpreta la voglia del governo Dini di sopravvivere. «Prima di ottobre - disserta sicuro - non si vota. Il problema non è neanche la manovra economica, ma trovare un accordo sulla Rai per poi spianare la strada ad una leggina che faccia saltare il referendum sulla Mammì. E' a questo che si sta ragionando». Cambia scena. Sullo sfondo c'è la villa di Arcore, quartier generale del Cavaliere. Berlusconi di primo mattino ce l'ha con il ministro del Bilancio Masera che, secondo lui, scambia lucciole per lanterne quando parla delle cifre sui danni derivanti dalle polemiche sulla manovra. Ma alle 13, dopo aver ascoltato l'intervento di D'Alema a Roma, il bersaglio numero uno del Cavaliere diventa il segretario pds. «Ha proprio perso la testa - dice -. Gli abbiamo scoperto il gioco e lui è uscito di testa. Eppoi finiamola con questa storia della manovra: diciamola tutta, questa manovra è una cavoiata. Ho parlato con molti operatori dei mercati internazionali e tutti la considerano una specie di rattoppo, che tranquillamente poteva essere fatto anche dopo le elezioni. E' come se una famiglia che ha debiti per 20 milioni e duecentomila lire, pensa alle 200 mila. E' una stupidaggine. L'ho detto e lo ripeto, noi siamo pronti anche a votarla se si arriva al voto al più presto. Siamo pronti a fare tutto se alla fine si potrà dare un governo stabile al Paese». Ma oltre alle parole grosse, ad Arcore arrivano anche i messaggi di pace. C'è la telefonata di Gianni Letta che sta conducendo le trattative con Dini, seguita da quella di Buttiglione, da quella di D'Onofrio. «Oggi racconta Berlusconi - glielo abbiamo detto un'altra volta a Dini. Se lui alla Camera annuncerà che entro il 15 marzo presenterà la riforma delle pensioni; eppoi si impegna a quella data a presentare irrimediabilmentele le dimissioni; e, infine, dichiara - può farlo lui stes¬ so - che al punto a cui siamo arrivati per risolvere i problemi del Paese bisogna andare alle elezioni, bene, noi gli daremo il nostro appoggio per manovra e pensioni, non avremo nessun dubbio. Dicono che sto trattando per fare una legge che eviti la Mammì? Ma non esiste proprio, non è così. Non state appresso a Previti, quello è un vecchio amico e basta. Io non ho paura di quel referendum, ho sondaggi che ini danno vincente su tulta-la linea. Ci sono sondaggi che danno il movimento, cioè Forza Italia, addirittura al 30%». Di questo si parla mentre il Paese brucia. D'Alema spara bordate, ma dice apertamente che con questo sistema televisivo «non si andrà a votare»: come minimo vuole uomini diversi ai tg Rai. Berlusconi dice che è pronto a digerire la manovra che non gli piace, pure le pensioni, ma vuole le elezioni a giugno. Fino a quando potrà andare avanti questo braccio di ferro? Ma davvero Dini, e lo stesso Scalfaro, possono pensare di fronteggiare la crisi economica contando su uno schieramento eterogeneo che si affida anche ad una «protesi» ricavata da una mini-scissione di Rifondazione comunista? O, ancora, può Berlusconi immaginare che gli altri gli permetteranno di andare al voto senza aver ceduto almeno un altro dei tg Rai? Probabilmente nessuno dei due ci crede. Così quel tavolo che ancora ieri Rocco Buttiglione ha rilanciato tra tutti i partiti che appoggiano con voto a favore o astensione il governo Dini, alla fine potrebbe anche'farsi. Ognuno dei partecipanti dovrà cedere qualcosa, ognuno dovrà avere qualcosa in cambio. «Qui - racconta D'Onofrio che s'è visto con il segretario ppi non si può andare avanti: anche se la manovra passa, poi questo governo dove va? D'Alema spara, Berlusconi gli risponde; ma una soluzione bisogna pur trovarla». Augusto Minzolini «Dini avrà il nostro sì alla manovra se il 15 marzo presenta la riforma pensioni e se ne va» Massimo D'Alema, a destra Rocco Buttiglione

Luoghi citati: Arcore, Roma