VELENI E MEZZE VERITÀ di Marcello Sorgi

Il generale Federici: denunce solo per protagonismo. Il Cocer pensa a una azione penale VELENI E MEZZE VERITÀ' Orlando, il quale, fedele al suo inaccettabile motto «il sospetto è l'anticamera della verità», è arrivato perfino a presentarsi in televisione per emettere in diretta la sua sentenza. Mentre il «sospettato», all'onta, ha preferito un colpo di pistola. Così, non sapremo mai se il povero Lombardo era come il capitano Bellodi del noto romanzo, un «vero uomo» o un «quaquaraquà». Altre volte (ad esempio due anni fa, con la morte del giudice Signorino) il suicidio, fermando le indagini, ha lasciato un'ombra di colpevolezza. La lettera di addio del maresciallo, enigmatica e piena di allusioni, non aiuta. A favore della vittima pesa la testimonianza del tenente Canale, suo parente, carabiniere anche lui, e come stretto collaboratore del giudice Borsellino considerato un'autorità in fatto di antimafia. Contro, non c'è bisogno di ripeterlo, le accuse che Orlando non intende ritirare E per finire, o per complicare tutto, l'avvocato che difenderà la memoria del maresciallo suicida è lo stesso che, come parlamentare, ha appena cercato di mettere in discussione quel pentito Di Maggio che è il principale accusatore di Andreotti. Ma da questo intreccio, e da queste mezze verità, emerge una questione che va al di là della tragica fine del carabiniere: si tratti di itin «padre di famiglia» che ha tirato a campare, o di uno sceriffo solitario della periferia antimafia. Come dicono i giudici del processo Andreotti, e come cominciano ad ammettere, ora, anche i politici, nei 50 anni della Prima Repubblica in Sicilia la classe dirigente ha cercato di governare la mafia. Che ci sia riuscita, e per quanto tempo, è da vedere. Che non si sia accorta, o abbia capito in ritardo, che a un certo punto la mafia voleva governare in proprio, è dimostrato dall'assassinio Lima. Che abbia reagito con incertezza o con paura, emerge dal caso Manni • no: un politico considerato antimafia accusato oggi di essere un capomafia. Infine, per capire quale potesse essere, e quale sia stato in questo quadro, il ruolo delle forze di polizia, basta riflettere sul caso Contrada. Aspettando la sentenza, le sentenze del grande processo. Perché è chiaro: se Andreotti è colpevole, se Contrada e Mannino sono colpevoli, è inevitabile che pure il maresciallo suicida lo diventi. Anche se non è detto e non è giusto che sia così. Marcello Sorgi

Persone citate: Andreotti, Bellodi, Borsellino, Canale, Contrada, Di Maggio, Manni, Mannino

Luoghi citati: Sicilia