Attrice e sordomuta, la battaglia di Emmanuelle di Sergio Trombetta

H La nipote di Laborit ha raccontato nel libro «Il grido del gabbiano» la sua vita difficile ed ora felice Attrice e sordomuta, la battaglia di Emmanuelle «Anche noi sappiamo ridere e piangere: parliamo un 'altra lingua» H O sempre desiderato fare teatro. E' entrato nella mia vita un po' per caso, da quando ero piccolissima. A otto o nove anni, ho incominciato con un corso di recitazione, che è durato due settimane. Recitavo il mercoledì e il sabato con altri tre bambini sordi». Già, perché Emmanuelle Laborit, poco più di vent'anni, è sordomuta e attrice. E lo è con successo. La Francia due anni fa l'ha acclamata nella pièce Les enfants du Silence. Ora la vogliono al cinema, in televisione. E' felicemente legata al regista e attore che l'ha scoperta e voluta attrice, Jean Dalric. Successo, felicità, amore. Una vita facile? Al contrario. Una vita conquistata a fatica, con tenacia, forza d'animo, testardaggine. Per affermare che i sordi non esistono, ma sono persone normali che parlano e comunicano in un altro modo. Con il linguaggio dei segni. E questa sua battaglia, incominciata da piccola nei corsi in cui ortofonisti si accanivano ad insegnarle a parlare come gli «altri» e terminata su un palcoscenico, Emmanuelle Laborit, nipote del grande biologo Henri Laborit, figlia di uno psichiatra, l'ha raccontata in un libro in uscita da Rizzoli, Il grido del gabbiano. Gabbiano perché in francese «mouette», gabbiano appunto, suona quasi identico a «muette», muta. A pochi mesi Emmanuelle sem- bra una bambina normale: quando sbatte una porta lei volta il capo. Perché i sordi ci sentono. Ascoltano le vibrazioni del silenzio. «Non sono mai vissuta nel silenzio assoluto - spiega Emmanuelle -. Ho i miei rumori personali, inspiegabili per chi ci sente. Immagino suoni sotto forma di colori. Per quanto mi riguarda, il silenzio è a colori, non è mai in bianco e nero;:. «Io adoro la musica - spiega ancora nel suo libro -. Avverto le vibrazioni. Anche lo spettacolo del concerto mi colpisce; gli effetti di luce, l'ambiente, la gente nella sala sono a loro volta vibrazioni. Sento che ci troviamo tutti lì insieme allo stesso scopo. Il sassofono che manda lampi dorati è formidabile. I trombettisti che gonfiano le gote. I bassi. Sento con i piedi, con tutto il corpo se mi stendo per terra». Ma l'infanzia è difficile. Nelle scuole francesi sino a pochi anni fa il linguaggio dei segni non era ammesso: deve adattarsi ad un ruolo di handicappata o imparare a parlare come i normali. La svolta avviene quando i genitori portano la piccola a Washington all'Università Gallaudet, la città dei sordi, dove tutti si esprimono a segni. Risultato: «Sono orgogliosa, orgogliosa come non lo sono mai stata». Emmanuelle Laborit spiega perché. «Divento un essere umano dotato di linguaggio. Gli udenti usano la voce, come i miei genitori; io uso le mani. Semplicemente parlo un'altra lingua». E per comunicare con lei anche la sorella Claire e i genitori imparano il linguaggio dei segni: diventano bilingui. Gli anni di scuola trascorrono con fatica. Per un sordo tutto si fa più difficile. Preparare la maturità è un'impresa: per sostenere gli orali con i professori udenti Emmanuelle pretende l'interprete: «Ho parlato sino ad avere male ai polsi». Con l'adolescenza arrivano i primi amori, la gioia della libertà e dell'indipendenza con qualche piccolo lavoro (baby sitter), le vacanze da sola a Ibiza: «Incontro casualmente dei sordi. Italiani, spagnoli, si chiacchiera, imparo il loro "accento", i loro segni e loro imparano i miei». Ma le pagine più belle del libro sono quelle, piene di orgoglio, in cui Emmanuelle racconta la sua esperienza teatrale. Dalle prime prove con il regista che diventerà il suo compagno, sino alla grande serata parigina in cui le viene assegnato il premio «Molière» come migliore interprete. I giornali titolano «La sordomuta ottiene il "Molière"». E lei si ribella: «E' assurdo. Sono in grado di parlare, gridare, piangere. Ho una voce particolare. Tutto qui». Sergio Trombetta «Ogni rumoreequivale ad un colore» «Nelle scuole mi umiliavano. Ma ho vinto» illlil Emmanuelle Laborit

Persone citate: Emmanuelle Laborit, Henri Laborit, Jean Dalric, Laborit, Silence

Luoghi citati: Francia, Ibiza, Washington