Somalia, liberati i due italiani

Somalia, liberati i due italiani Quattro giorni nelle mani dei rapitori, nessun riscatto pagato. «Non ce l'avevano con noi» Somalia, liberati i due italiani «Stiamo bene, ci hanno trattati comefratelli» MOGADISCIO. Liberi e sani. Senza un graffio addosso, nel fisico e nel morale. E' finito nel migliore dei modi il sequestro di Salvatore Grungo e Giuseppe Barbero, i due volontari italiani dell'organizzazione non governativa Lvia (Lay volunteers international association), rapiti martedì scorso a Garoe, nella Somalia nordorientale. Grungo e Barbero sono stati liberati ieri mattina dopo le trattative condotte con gli anziani del villaggio da rappresentanti della stessa Lvia tramite la Croce rossa internazionale e con la collaborazione dell'ambasciata italiana di Nairobi. Come conferma la Farnesina, il rilascio dei due volontari è avvenuto «senza condizioni» e «non sono stati pagati riscatti». Grungo e Barbero sono stati riconsegnati verso le 11.45 locali alla sede della federazione internazionale della Croce rossa di Garoe. Ad accoglierli c'era il dottor Enrico Davoli, capo del team medico della Croce Rossa Italiana: «Mi hanno subito detto di essere stati trattati bene durante i 4 giorni del sequestro. I leader locali che li hanno accompagnati ci hanno confessato che è stato un grosso errore aver coinvolto due espatriati in dispute locali e ci hanno chiesto scusa». Con il dottor Davoli fanno parte del gruppo della Cri - che sta lavorando da un anno alla riabilitazione dell'ospedale di Garoe, con una capacità di 75 posti letto - anche l'infermiere Arnolfo Piras e il capodelegazione Marco Onorato. «Abbiamo lavorato tutti intensamente - ha aggiunto Davoli - e siamo molto contenti. Ora stiamo adoperandoci per far arrivare appena possibile Grungo e Barbero a Nairobi». Difficoltà tecniche (la pista di Garoe è utilizzabile solo di giorno) hanno però impedito che i due partissero subito per la capitale keniota per poi proseguire per l'Italia. Il rimpatrio dovrebbe avvenire oggi o, al più tardi, domattina. Dalla sede della Cri di Garoe, Grungo e Barbero hanno subito telefonato alle famiglie e alla Lvia di Cuneo. Salvatore Grungo ha raccontato: «Abbiamo vissuto sotto un albero, abbiamo dormito su una stuoia, con due coperte addosso. I nostri sequestratori hanno cucinato per noi e ci hanno trattato con rispetto ed educazione, direi fraternamente». «La sensazione che stessero per liberarci - ha proseguito l'amministratore del progetto somalo della Lvia - abbiamo cominciato ad averla venerdì, quando sono arrivati i capi delle famiglie della zona e abbiamo visto anche l'iskam, il capo supremo. Quando ci ha riportato a Garoe, ha voluto sincerarsi che non ci fosse stato fatto del male, che chi ci aveva rapito non ci avesse portato via alcunché e poi ci ha accompagnato fino in città». «Ci è stato anche spiegato - ha aggiunto Grungo - che ci avevano rapito non per sentimenti anti-italiani, ma perché c'era una famiglia che era rimasta esclusa dalla distribuzione dei fondi, concordata da noi con le autorità locali, e voleva inserirsi in questa distribuzione facendo parlare di sé con il rapimento di due espatriati». Nonostante la spiacevole avventura, i due volontari hanno annunciato l'intenzione di «tornare in Somalia per proseguire la nostra attività nell'ambito del progetto di cooperazione. Ora ci prenderemo una meritata vacanza, ma poi vorremmo riprendere a lavorare per questi tre progetti- ni finanziati con fondi dell'Unione europea, per un importo di circa un miliardo di lire». «Mi compiaccio per la serenità e l'equilibrio con cui i nostri operatori hanno gestito questa loro esperienza - ha detto da Cuneo don Aldo Benevelli, presidente della Lvia -. Voglio però sottolineare, partendo da questo loro stile di fraternità e dalla loro ferma volontà di restare in Somalia nonostante il rapimento, come non sia impossibile costruire rapporti di reciprocità anche in situazioni culturalmente ed economicamente complesse. Mi fa piacere che da questo nascosto angolo di uomini e di programmi del volontariato, in questi giorni di interrogativi, prevenzioni o anche ostilità, sulla situazione somala venga fuori una soluzione così ricca di umanità». [e. st.] Così fu ucciso Palmisano «Torneremo a Garoe per finire il lavoro» ^^^^^^^ Qui accanto Marcello Palmisano ucciso il 9 febbraio a Mogadiscio A destra Carmen Lasorella Dopo il ritiro dei Caschi blu, somali si appropriano degli alloggi situati vicino al porto nuovo di Mogadiscio