Tornano le ronde anti-viados

Tornano le ronde anti-viados Tornano le ronde anti-viados Un uomo di Fini guida il corteo alVEur S «GIUSTIZIERI» DELLA CAPITALE PROMA ER quanto lieve, la pioggia di marzo ha salvato i viados. E un po' anche la polizia. Battuta sfortunata, ma rumorosissima, per le vie dell'Eur. Fari e fischi nella notte, «vigilanza», ombrelli e ululati di clacson: le ronde di Alleanza nazionale, destra di governo. Le organizza l'onorevole Domenico Gramazio, nell'inesauribile bestiario romano conosciuto con irsòprannomè di «Erpinguino)). Gramazio è quello che dopo la caduta di Berlusconi ha tentato di chiudere per lutto il portone di Palazzo Chigi e mesi prima aveva picconato un campo nomadi del Comune in periferia. Ora ha in testa un cappello a falde basse, da pastore, e un megafono in mano. Vorrebbe correre come presidente della Regione, si fa fotografare attorniato dai suoi fans, giovinotti con capelli corti e bandiere. Piove, però. «E noi partiamo lo stesso». Anche se le goccioline disarticolano la rabbia dei vigilantes, ma soprattutto scoraggiano i viados e i loro clienti (ignari). Pazienza, Gramazio sale con l'operatore personale su un enorme carro rimozione auto, della ditta «Titanus», un gigante arancione seguito da cinque carri più piccoli; quindi s'assesta a cielo aperto, sotto la gru. «Cittadini - grida metallico - parte la carovana tricolore per ridare vivibilità al nostro quartiere». E però l'assenza dei «nemici» sulle strade, la scomparsa improvvisa di quelle creature notturne che la più sfacciata e vistosa potenza fisica rende ancora più «prede», danno lo stesso la carica alla fragorosa e variopinta autocolonna venatoria; gasano gli equipaggi di una cinquantina di macchine ed elettrizzano quei due esuberanti giovanotti che, sventolando il tricolore, fanno da staffetta schizzando in mezzo alle lamiere sul motorino. A un certo punto, sotto il Colosseo quadrato che neanche a farlo apposta ospita la grande mostra su Fellini, a qualcuno, dietro ai vetri appannati, pare di intravedere in lontananza, tra gli alberi, un'immagine irregolare, stracci bagnati color fucsia. «Eccolo!», dunque. Eccolo niente: e veloci, pietose ombre di Pubblica sicurezza fanno sparire - se mai ci fosse stata - quella presenza contraddittoria, quel fastidioso simbolo di modernità. A Gramazio, d'altra parte, ai suoi attivisti sottoproletari e pure a quei pochi - anche qui, forse, la pioggia - cittadini borghesi dell'Eur che condensano nei transessuali la fonte maggiore delle loro legittime ansie, non gliene frega niente di modernità ed altre sofisticherie. Non vogliono i viados e basta. Protestano rabbiosamente evocando i loro bambini, il deprezzamento delle case, i rumori notturni e la terribile sensazione, la domenica mattina, di fare jogging tra siringhe e profilattici. Nulla sono disposti a concedere alle nuove frontiere della differenza uomodonna, alla rivincita consumistica dei miti arcaici dell'androgino, come del sex-appeal dell'i- norganico al silicone. Nulla sanno, probabilmente, di Baudrillard e della teoria dell'artificio che domina l'immaginario sessuale, ormai, e le relazioni. E' un'esasperazione, la loro, che non coglie la complessità - igienica, sociale, di mercato, d'ordine pubbbeo e perfino di politica estera - del fenomeno; un inasprimento che fa chiudere gli occhi di fronte al mistero di clienti sempre più numerosi e che invoca le case chiuse come l'età dell'oro. Così, intanto, arriva Gramazio, la «vigilanza» e la «carovana tricolore». Che è cosa certo più drastica e pericolosa di volantinaggi (Brescia), transenne e recinzioni (Roma San Saba), consigli comunali tenuti all'aperto (Colonnella), sequestri d'automobili (Calenzano), numeri di targhe (Treviso) e di clienti (Rimini) da pubblicarsi sui giornali. Pioggia o non pioggia, la ronda anti-viados è qualcosa di primordiale che fa spavento. Tanto più se si considera che all'indomani della battuta dei «piccoli Rambo» dell'Eur c'è già il pds che ha proposto, sempre di notte, «contro-ronde» con distribuzione di profilattici e opuscoli. Massa, allora, contro massa. Quella guidata dal «Pinguino» sul suo gigantesco palco mobile arancione con lampeggiamenti giallognoli non appariva pacificata. Impressionava il frastuono delle sirene nel buio, l'odore acre dei tubi di scarico, ma soprattutto l'assenza di volti umani. Era perciò una massa motorizzata del tutto anonima, in movimento lento e definitivo verso uno scopo che riuniva la concentra¬ zione di tutti. Con un po' d'aggiornata immaginazione, il corteo automobilistico anti-viados sembrava rispondere alle terribili classificazioni di Elias Canetti in Massa e potere: «La massa aizzata è antichissima: essa risale alla più remota unità dinamica conosciuta fra gli uomini: la muta di caccia... Forma di eccitazione collettiva che si ritrova ovunque... Un gruppo di uomini eccitati il cui desiderio più intenso è di essere di più». Che la muta, l'altroieri notte, sia andata sostanzialmente in bianco cambia fino a un certo punto i termini della questione, e i rischi di iniziative del genere. Bisognava stare dentro un macchina del corteo, e avere atteso così a lungo la comparsa del nemico, del «diverso», dell'«uomodonna» per avvertire chiara¬ mente l'elettricità al passaggio di un poveraccio che nulla aveva veramente del viado, solo una semplice coda di cavallo. Come pure il nervosismo all'apparire di una donna che camminava solitaria intorno al laghetto dell'Eur con la stravagante naturalezza della barbona. Erano le undici di notte, e il corteo volgeva ormai al termine. Gramazio, fresco di autorizzazione a procedere per la storia del portone di Palazzo Chigi ed emulo si può dire di Buontempo (che anche lui andò a caccia di trans, trovando però solo il consigliere comunale radicale Paolo Guerra travestito provocatoriamente da donna) aveva dato ap¬ puntamento alle 21, viale Europa angolo viale Beethoven. Atmosfera un po' stadio, ahò! ahò! e daje! Studenti pieni di braccialetti e attivisti con baffi come il consigliere circoscrizionale di An Camillo Vicinanza, venuto da piazza Bologna (saranno una quindicina di chilometri) e pronto a questionare con i giornalisti sul grado di ipocrisia della stampa nel trattare la questione. Alle ronde di An, in effetti, c'è da dire che i giornalisti preferiscono le iniziative decisamente più soft del consigliere popolare Dino Gasperini che difende gli abitanti di San Saba e della Pira- mide reclamando un'attenzione maggiore da parte delle forze dell'ordine, ma arrivando perfino alla distribuzione, la notte di San Valentino, di adesivi a forma di cuore che dovrebbero scoraggiare i trans. Qui, invece, la sonorità è subito quella di un maledetto ingorgo. E la partenza confusa e insieme potente, pur con il rischio d'intrupparsi, cioè di andare a sbattere. Cortesissimo, l'assistente di Gramazio, Tommaso Luzzi, ospita tre giornalisti nella sua automobile, proprio dietro al bestione «Titanus» su cui l'onorevole si sta sgolando senza troppo concedere alla fantasia. In macchina c'è un inevitabile silenzio gravido di diffidenza, interrotto di tanto in tanto da qualche commento e più tardi perfino da una pallida forma d'auto-ironia, forse, quando un'automobile, forse della colonna anti-viados, è costretta a fermarsi sul ciglio della strada con una ruota a terra. Accanto a Luzzi, un signore silenzioso che con i gesti e la perizia del cacciatore punta un poderoso faro a mano lungo i prati e fra gli alberi di viale Jonio. Si scende lentamente. All'altezza del palazzo della Confindustria, i due della staffetta abbandonano il motorino e sbandierano festosi. Più tardi, sempre per via del tricolore, rischiano brutto quando sta per infilarglisi nella ruota. All'incrocio con le Tre Fontane, Luzzi e il suo amico realizzano che la loro automobile ha, purtroppo, «bruciato le trombe», insomma non suona più. Con questo handicap continuano a tener dietro al corteo in direzione ovest. Bruscamente vengono avvicinati da un tipo con la barba su una jeep: «Sulla Ritmo verde - comunica con una certa preoccupazione - c'è uno strnz che fa il saluto romano e l'hanno già inquadrato quattro volte». Ce ne sarebbe anche un altro, in realtà, sfuggito all'improvvisato addetto all'immagine, che seduto sul finestrino con aria tutt'altro che mansueta dice chiaramente che per lui i viados «vanno ammazzati tutti». E già. Le ombre lunghe dell'Eur, quel dispiego di marmo un po' spettrale incombe sulla via Olimpica, altro luogo di eccessi teatrali, sede di un «nuovo mercato di uomini con uomini - come ha scritto la più acuta studiosa della prostituzione, Roberta Tatafiore - e quindi sempre più violento». E mano a mano, alla caccia di quegli esseri misteriosi e dalla pelle nera che infuriati possono distruggere un commissariato di Ps, la «carovana tricolore» si lascia alle spalle le case ricche dell'Eur, l'architettura «vorrei-ma-non-posso» del Torrino, fino a lambire i nuovissimi alveari di Spinaceto. E qui, ai bordi delle strade, non ci sta male la pubblicità shock di Benetton, con i fili spinati. Ma nemmeno, se ci si pensa un po', quella del «Centro abbronzatura» o dei «mitici» saldi su qualcosa che il ticchettio delle gocce di pioggia sul vetro non fa capire bene. Filippo Cec carelli Pioveva, e la «carovana tricolore» non ha trovato i transessuali Gramazio di An aveva noleggiato un enorme carro rimozione Qui accanto: Domenico Gramazio. soprannominato «Er pinguino», e Teodoro Buontempo «Er pecora» A sinistra: viados a Roma In basso: il quartiere dell'Eur

Luoghi citati: Brescia, Calenzano, Colonnella, Luzzi, Rimini, Roma, Treviso