La famiglia-spa ha già votato

La famiglia-spa ha già votato TRA RISSE E TEMPESTE VALUTARIE La famiglia-spa ha già votato //partito dei risparmiatori chiede una tregua IL Partito dei Risparmiatori, cui aderisce la stragrande maggioranza degli italiani di qualsivoglia fede politica, è andato alle urne già due volte in questo scorcio di settimana: lunedì e mercoledì. Se perciò i partiti, invece di schiamazzare, analizzassero con cura, una volta per tutte, i risultati che hanno squadernati davanti agli occhi, potrebbero disporre di indicazioni quasi millimetriche su ciò che viene loro richiesto dall'elettorato. Altro che la valanga di sondaggi d'opinione televisivi, quasi sempre improbabili, quando non truffaldini. Il terrificante tornado di lunedì scorso sulla lira, come la buona ripresa dei corsi di ieri, valgono più del più diligente exit poli e rivelano una cosa inequivocabile: le famiglie così si dice in gergo tecnico fuggono come lepri dalla lira, non solo e non tanto in cerca di un maggiore, legittimo, rendimento per i propri risparmi, quanto soprattutto per difendere la propria ricchezza, per assicurarsi contro i rischi delle incertezze, quando non delle mattane politiche. Questo è forse l'elemento meta-economico di cui parla la Banca d'Italia. E, poiché chiunque investa anche una sola lira sa che la stabilizzazione del debito pubblico è l'unica possibile assicurazione per preservare alla lunga il valore del suo capitale, è ovvio che il Partito dei Risparmiatori, pur trangugiando amaro, ha votato in massa, lunedì e mercoledì, per la manovra aggiuntiva e - è lecito presumere - per l'anticipo della Finanziaria 1996; e che ha votato, invece, contro le risse politiche, la prevalenza degli interessi di parte su quelli nazionali e l'irresponsabilità. Del resto, il fenomeno è ben evidente fin da quando c'è stata la liberalizzazione valutaria e, per la verità, anche da prima, quando le lire si esportavano clandestinamente. Mentre, qualche settimana fa, qua- si tutti i politici di primissimo piano erano impegnati a far baccano e a lanciarsi insolenze reciproche, il governatore Antonio Fazio, col linguaggio asettico che la Banca d'Italia usa per sottolineare le verità più sgradevoli, aveva sottolineato che gli investimenti all'estero delle famiglie sono in rapida crescita: da 66 mila miliardi nel '90 a 140 mila nel 1994. «Soprattutto nel breve termine - aveva aggiunto - pesano fattori generali di ordine me¬ ta-economico, in parte irrazionali, che influiscono sulle aspettative di cambio». Guido Carli diceva più esplicitamente che, nell'atto di spostare il proprio risparmio su altre valute, c'è insito «un voto» sull'operato della politica. E sulla razionalità del Partito dei Risparmiatori nell'esprimere la sua opinione spostando il proprio denaro, non c'è proprio da dubitare, come dimostra abbondantemente la recente storia economica d'Italia. Fuggono all'estero i capitali nel dopoguerra, intorno al Cinquanta; tornano a eclissarsi negli Anni Sessanta, prima con il governo Tambroni, poi con 10 spauracchio del Centrosinistra e della nazionalizzazione dell'energia elettrica. Quando, infine, irrompe l'autunno caldo, il salasso diventa torrentizio: nel 1969 le uscite clandestine di banconote toccano i 200 milioni di dollari al mese. 11 paradosso allora era simile a quello che stiamo vivendo oggi: l'economia tira, le merci italiane sono competitive all'estero, c'è surplus commerciale, ma, contro ogni logica, i risparmiatori abbandonano la lira e votano la loro sfiducia. Tanto che nel 1976, per evitare quei continui e fastidiosi test elettorali, il Parlamento approva la famosa 159, la legge che minaccia di ammanettare e gettare in ceppi coloro che esportano capitali, per sventare il «complotto» contro la lira, lo stesso vocabolo che va di moda oggi, peraltro molto gettonato anche durante il Ven¬ tennio, quando Mussolini impose Quota 90 al cambio della lira e poi chiuse il mercato valutario. Naturalmente, la 159 non è servita a molto e la fuga dei capitali è cessata soltanto negli Anni Ottanta, un periodo - al di là di ogni valutazione di merito politica - di sostanziale stabilità e di grandi soddisfazioni per i risparmiatori imbottiti di super redditizi Bot, contraltare, peraltro, di uno Stato superindebitato. Oggi, la Banca d'Italia ipo¬ tizza Quota 1000 per il marco, ma, per fortuna, a nessuno verrebbe in mente di proporre la chiusura delle frontiere ai capitali. E, del resto, è bastata la resipiscenza della destra sulla manovra di Dini per riportare al voto, stavolta positivamente, il Partito dei Risparmiatori: il «Non condivido, ma approvo» pronunciato, alfine, dall'onorevole Berlusconi, ha ristorato in un minuto il corso della lira, a riprova di quanto l'ostinato «no» dei giorni precedenti l'avesse depresso. Con buona pace della speculazione. Ciò consolida il sospetto che se al Partito dei Risparmiatori si proponesse un anno di vera tregua, non una notte della politica - che quella che abbiam visto fino a ieri tutto era fuorché politica -, ma un ritorno alla ragione di fronte all'emergenza nazionale, la Quota 1000 della Banca d'Italia sarebbe a portata di mano. Con buona pace degli urlatori e dei sondaggisti, ma soprattutto con vantaggio di tutti gli italiani aderenti al Partito dei Risparmiatori e persino di chiunque si candidi per il futuro a governarli. Alberto Staterà I mercati sempre nervosi Gli operatori vivono ore difficili per le continue oscillazioni dei cambi in Europa e nel mondo E' il marco a tenere con il fiato sospeso i corsi della lira e delle monete europee

Persone citate: Alberto Staterà I, Antonio Fazio, Berlusconi, Dini, Guido Carli, Mussolini, Quota, Tambroni

Luoghi citati: Europa, Italia