«Sì a Dini se riforma le pensioni»

Aut-aut del Polo al governo. Berlusconi: potrei anche non fare più il premier Aut-aut del Polo al governo. Berlusconi: potrei anche non fare più il premier «Sì a Dini se riforma le pensioni» Ma i ccd e alcuni esponenti diAn parlano già di elezioni a ottobre ROMA. «Vi vocio preoccupati, rassicuratevi, non sono tornato a palazzo Chigi». Ha un sorriso a 180 gradi, Silvio Berlusconi, quando, in tarda mattinata, fa «irruzione» in «casa» del governo. Reduce da un incontro ai piani alti tra i leader del Polo e Lamberto Dini, il Cavaliere si presenta in sala stampa, seguito da Gianfranco Fini e Marco Pannella, anche loro raggianti. Battuto, risate, pacche sulle spalle. Aria sicura e soddisfalla, come impongono le «esigenze sceniche» perché i «capi» dell'ex maggioranza hanno appena fatto al presidente del Consiglio la loro offerta: voleranno la manovra se, contestualmente, il Parlamento concederà all'esecutivo una legge delega sulla riforma pensioni, e so verrà anticipato il documento di programmazione economica e finanziaria. Un «pacchetto» da mandare in porto entro i primi d'aprile, per spianare la strada alle elezioni. E a Dini, il Cavaliere fa balenare un'altra possibilità: «Chi sarà il prossimo presidente del Consiglio? - osserva nella conferenza stampa -; io non sono stalo ancora preso dal virus della politica. Sono responsabile di rappresentare il Polo alle elezioni, però so l'interesse del Paese sarà di avere un altro capo del governo che non sia Berlusconi io sono pronto a fare non uno ma due, tre, dieci passi indietro». E il leader di Forza Italia sembra parla- re con tanta convinzione che al decimo passo, Pannella lo frena: «Calma, calma...», gli sussurra nell'orecchio. Tutti pimpanti, dunque, i leader del Polo, che in mattinata si sono riuniti a via dell'Anima con i loro capigruppo prima che questi ultimi partissero alla volta del Colle per incontrare Scalfaro. Sorridono perché, sostengono tutti a turno, «Dini ha fatto sapere che una volta terminati i quattro punti del suo programma, presenterà le sue dimissioni irrevocabili». E lo farà anche «qualora constatasse l'impossibilità di realizzare il quarto punto». L'unico che non segue il copione stabilito e Clemente Mastella: anche lui partecipa alle trattative con Dini e scende nel¬ la sala stampa di palazzo Chigi con Berlusconi, Fini e Pannella, però ha l'aria mesta e incerta. Il Cavaliere, invece, si rabbuia solo appena sente parlare delle norme «bulgare», «illiberali» e «anticostituzionali» della «par condicio», e poi, alla fine, quando si alza in piedi, punta l'indice accusatore contro un fantomatico nemico e pronuncia la sua frase preferita: «In questo momento, in questo Paese la democrazia non c'è. C'è un Parlamento che impone e un governo che dispone». Per il resto, il Cavaliere è tutto sorrisi. Passa il cerino a pds e ppi, che lo spegneranno qualche ora più tardi: «Devono essere loro - dice - a dimostrare di avere veramente il senso di responsa¬ bilità approvando questo pacchetto». Non parla nemmeno di elezioni a giugno, il Cavaliere: «Esplicitare date - sottolinea non serve: confido nel buonsenso di tutti». E a Scalfaro non chiede niente. «Anche perché spiega Pannella - poste le dimissioni irrevocabili di Dini sarebbe poi assurdo aprire un mese di consultazioni a crisi aperta con questa situazione: la lira sprofonderebbe». L'interlocutore del Polo, dunque, è Dini. «Il presidente del Consiglio ci potrà dare una risposta nella replica di venerdì a palazzo Madama, quando verrà votata la manovra», spiega Fini. Ma il Polo può veramente fidarsi di Dini? «Tra gentiluomini e patrioti basta la parola data», taglia corto Berlusconi. Quello che non dice, però, è che questa mossa è stata studiata anche per capire in tempi brevi da che parte sta il presidente del Consiglio e per studiare le eventuali contromosse. E se Dini - che mette già le mani avanti annunciando che i tempi della riforma delle pensioni non dipendono da lui si schiererà definitivamente con Scalfaro per evitare il voto, che cosa farà il Cavaliere? In serata Berlusconi, dopo un breve incontro con Rocco Buttiglione, preferisce atteggiarsi ad ottimista: «Speriamo che il virus del buonsenso - dice - sia contagioso: l'Italia è malata, e se accompagniamo ai salassi la tachipirina e la cura immediata del nostro "pacchetto", si può andare alle urne». Ma nel Polo c'è già chi parla di elezioni a ottobre (i ccd e alcuni esponenti di An). E lo stesso Fini appare pessimista: «Non credo - spiega a Berlusconi - che ci faranno votare a giugno». In questo caso al Polo restano solo due strade. Quella «soft» che prevede di ripiegare sulle elezioni autunnali. 0 quella che fa balenare lo stesso Cavaliere: «Se bocciano le nostre proposte riemergeranno tutti i nostri dissensi sulla manovra», spiega. E Mastella traduce in latino: «Il nostro pacchetto e la manovra? Simul stabunt simul cadent». Maria Teresa Meli Il Cavaliere ottimista «Il capo dell'esecutivo mi ha promesso che darà le dimissioni non appena saranno approvati i quattro punti» Da sinistra: Palombi (ccd), Dotti e La Loggia (Forza Italia) e Macerati™ (An) dopo l'incontro con Scalfaro

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