Poco razzismo in Mississippi: molto antisemitismo in tv

Liberi di fronte all'arte LETTERE AL GIORNALE Poco razzismo in Mississippi; molto antisemitismo in tv I reazionari deIKuKIuxKlan Mi spiace vedere (sia pure occasionalmente) La Stampa commettere qualche errore. E' il caso della notizia pubblicata il 18 febbraio, in prima pagina e ripresa in quinta sul voto da parte dell'Assemblea del Mississippi del tredicesimo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti circa l'abolizione della schiavitù. Alla fine della Guerra Civile, nel 1865, Lincoln aveva promesso che l'abolizione della schiavitù sarebbe stata accompagnata da un indennizzo. Morto lui, i suoi successori dimenticarono tutto; per cui il Mississippi, per protesta, si astenne dal votare l'Emendamento (non votò contro, però). Il voto attuale significa ben poco: è un atto puramente formale. Va tuttavia detto che il Mississippi non è (e non fu mai) «lo Stato del Ku Klux Klan». Il Klan infatti fu fondato nel 1866 nel Tennessee, inizialmente come organizzazione di resistenza alla pesante occupazione militare nordista. Successivamente degenerò assumendo caratteri di persecuzione razziale e fu quindi disciolto tra il 1869 e il 1872, in parte per iniziativa del suo stesso Gran Maestro, l'ex generale Forrest. Nel 1915 il Klan fu rifondato ad Atlanta (Georgia). Fu questo il «secondo Ku Klux Klan», questa volta ad aperto carattere reazionario e razzista (forse più ostile ai cattolici ed agli immigrati in genere che non ai neri). Il Klan rimase però un'esigua minoranza, comunemente guardata nel Sud con disistima e disprezzo, tanto che molti Stati sudisti lo posero fuori legge. Il Mississippi ebbe i suoi (in genere modesti) gruppi in entrambi i Klan; ma in esso l'organizzazione non fu mai eccessivamente forte. Ci fu un violento rigurgito nel 1964, al tempo delle leggi contro la segregazione; ma rimasero episodi senza domani. Oggi il Mississippi è da tempo uno degli Stati ove i rapporti tra la comunità bianca e quella nera sono dei più pacifici; alcuni sostengono che il film Mississippi Burning sia un'operazione politica che, rivangando eventi di quasi mezzo secolo fa, cercherebbe di far dimenticare che oggi i veri problemi razziali negli Stati Uniti sono nelle grandi città del Nord (New York, Chicago, Detroit, Boston) e dell'Ovest (Los Angeles), e non certo nel Sud. E' poi del tutto errato dire, come fa l'occhiello della notizia, che «solo ieri» il Mississippi «ha abrogato formalmente il razzismo». La schiavitù e il «razzismo» (meglio sarebbe dire «la segregazione razziale») sono due cose differenti. La prima infatti fu abolita nel Mississippi nel 1865; la seconda è stata spazzata via proprio dalle leggi sui diritti civili. prof. Raimondo Luraghi Ordinario di Storia americana nell'Università di Genova La signora Berlinguer in casa popolare Il fatto riportato dalla stampa nazionale, nei giorni scorsi, dell'affitto di L. 6.500.000 elargito graziosamente e mensilmente dal pds per pagare il canone alla N. D. Letizia Laureati Berlinguer, ved. del Nob. cavaliere ereditario Don Enrico (a ciascuno il suo), compianto segretario del pei, mi ha molto impressionato. Infatti, in tempi come questi di crisi, non è scandaloso che proprio quelle famiglie i cui capi, come il nostro, che si sono fatti amare come paladini del popolo, abbiano in realtà vissuto come ricchi borghesi e continuino forse ancora a farlo, nonostante tutto? Non sarebbe meglio che la nobile Signora Berlinguer andasse ad abitare altrove, magari in un decoroso alloggio delle case popolari? Giuseppe Lama, Alessandria In difesa di Jùrgen Graf Nel dicembre del 1994 il ministro degli Interni francese ha vietato qualsiasi forma di distribuzione sul territorio nazionale di un libro sul- la seconda guerra mondiale di un autore tedesco, Jùrgen Graf, adducendo come motivazione il fatto che quello scritto «negherebbe l'Olocausto». Non sappiamo se ciò sia vero, e non sappiamo soprattutto al di là del termine utilizzato - cosa si intenda per «negare» un fenomeno così evidente nella sua efferatezza come lo sterminio di milioni di esseri umani nei campi di concentramento nazisti: quel che è certo è che l'episodio si inserisce in una tendenza molto preoccupante da tempo in atto in Europa, quella a risolvere i dibattiti storiografici in sede giudiziaria, attraverso inaccettabili interferenze della magistratura e del mondo politico spesso influenzati dalla mediocrità roboante e martellante dei mass media - nella vita culturale ed accademica di questo o quel Paese Persino in Italia l'ex governo Berlusconi paventò nell'autunno scorso la promulgazione di una legge che avrebbe dovuto proibire non solo la propaganda antisemita diretta ma anche quella cosiddetta «indiretta», attributo tutto sogget- tivo che rischia di dare adito ai più clamorosi equivoci e a insopportabili persecuzioni contro la libertà di pensiero e di ricerca. Come storici, oltre che come cittadini italiani ed europei sensibili ai diritti delle minoranze e degli individui, dichiariamo la nostra preoccupazione nei confronti di questa tendenza che contrasta palesemente con alcune illuminanti aperture di tipo culturale da tempo in atto nello stesso Stato di Israele (critica del mito di Davide; pubblicazione e analisi critica del Mein Kampf, ecc.), ma rispetto alla quale non ci pare di vedere alcuna forma di messa in dubbio, di critica, di resistenza, da parte delle forze intellettuali e politiche e della stampa nel nostro Paese: non solo quelle conservatrici e di destra, ma anche quelle democratiche e di sinistra, per le quali ultime la «laicità» e la legittimità scientifica del «dubbio» sembrano ormai dover contare vedi alcune polemiche passate e recenti - solo nei confronti dell'Iran khomeinista e della Chiesa cattolica. Noi pensiamo che in Europa come in Iran, nella Germania come in Italia e in Francia, la ricerca storica debba essere libera da ogni vincolo, e debba essere garantita la più completa libertà di circolazione delle idee: idee la cui fondatezza e veridicità può risultare solo dal libero dibattito scientifico, e non dai verdetti di qualsivoglia tribunale o dalle campagne strumentali e demonizzanti di qualsivoglia strumento di informazione. Pensiamo infine che la giusta difesa dei valori della Democrazia e della Resistenza, e la giusta lotta contro ogni forma di razzismo (l'incitazione all'odio razziale è giustamente condannata dalla legislazione del nostro e di altri Paesi), non possano farsi scudo e confondersi con simili misure illiberali che finiscono per censurare anche opere di studiosi di professione. Il caso di Ernst Nolte, nel merito delle cui idee qui non entriamo (molti di noi le contestano con fermezza e cognizione di causa) è da questo punto di vista esemplare. Facciamo appello perciò alla comunità scientifi¬ ca cui apparteniamo, ma anche al mondo politico e alla stampa, perché si reagisca a questo stato di cose, e si ponga fine ad una tendenza che - ove si sviluppasse - metterebbe a repentaglio nei Paesi europei la libertà di parola, di stampa e di cultura. In ordine alfabetico: Marco Bell Ingerì (Univ. di Torino), Isabella Camera D'Afflitto (Ist.Orient. Napoli), Franco Cardini (Univ. Firenze), Luca Codignola (Univ. Genova), Plerglovannl Doninl (Ist. Orient. Napoli), Ennio Di Nolfo (Univers. di Firenze), Domenico Losurdo (Univ. di Urbino), Claudio Motta (Univ. Teramo), Adolfo Pepe (Univ. di Teramo), Blancamarla Scarda (Univ. Sapienza, Roma), Glanroberto Scarda (Univ. di Venezia). «Videosapere» e gli ebrei Nei giorni compresi tra il 13 e il 17 febbraio alle ore 0,45 circa su Raiuno per il programma Videosapere (direttore Antonio Spinosa) sono stati trasmessi dei filmati che trattavano la storica questione israelo-palestinese. E' vergognoso l'uso fazioso e subdolo che è stato fatto del mezzo televisivo, poiché il cappello d'apertura della trasmissione faceva intendere chiaramente che i temi trattati sarebbero stati affrontati in modo bilanciato e «super partes», mentre, vedendo i contenuti, ci si accorgeva che le posizioni esposte erano unicamente viste dalla parte dell'Olp condite, per giunta, da numerose falsità e/o reticenze storiche (fare questi documentari in Italia e il diffonderli senza parlare dell'attentato al Tempio di Roma, per esempio, mi sembra sintomo non tanto di amicizia verso la causa palestinese ma di complicità dei criminali attentatori; ma questa è solo una delle tante assurdità che si possono rilevare sulla trasmissione). Bernardo Kelz, Bari Consigliere Federazione It.-Is.