Risarcita per l'aborto mancato

Risarcita per l'aborto mancalo QUEL FIGLIO NON VOLUTO Cagliari: l'intervento fallì, la sentenza dopo sette anni di battaglie legali Risarcita per l'aborto mancalo Clinica dovrà versare a una donna 250 milioni CAGLIARI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Quanto vale un figlio indesiderato? Non meno di 250 milioni. La cifra è stata fissata dal tribunale civile di Cagliari che ha condannato i titolari di una clinica privata a risarcire una donna per un aborto non andato a buon fine. Nonostante l'intervento, la giovane aveva portato a termine la gravidanza, dando alla luce una bambina che ora ha 7 anni. Complessa nei risvolti morali ed etici, la storia è semplice nelle linee essenziali. Nel 1987, una giovane al di sotto della trentina si accorse di essere incinta e decise che il figlio non sarebbe dovuto nascere. Due le ragioni a base della drammatica scelta. Nubile, alla ricerca di un lavoro stabile, la ragazza non era in grado di garantire al bambino una vita dignitosa e inoltre sul futuro del piccoli incombeva il rischio di un male tremendo, la microcitemia, una tara che condanna a continue trasfusioni per ricostituire le «scorte» di globuli rossi del sangue. La mamma in attesa era ed è talassemica e il compagno portatore sano del morbo: erano quindi alte le probabilità di trasmetterlo al nascituro. Nei termini stabiliti dalla normativa, la donna si era rivolta ai medici della clinica ostetrica Sant'Anna e aveva chiesto di abortire. Scelto il metodo Karman, si era sottoposta all'intervento. Ma nelle settimane successive aveva notato, con angoscia, che la pancia continuava a crescere. Preoccupata si era rivolta al ginecologo che l'assisteva e il verdetto era stato categorico: il feto era sano e vitale, la gravidanza non era stata interrotta, né era più possibile farlo nel rispetto delle scadenze previste dalla leg¬ ge 164. Nei primi mesi del 1988, era nata una bimba, per fortuna sana e non minata dalla microcitemia. All'incirca nello stesso periodo, era stata avviata la causa con la richiesta di risarcimento nei confronti dei gestori della casa di cura. Non era stata invece intrapresa alcuna azione contro il sanitario che aveva eseguito l'intervento. Al termine di una lunga e complicata istruttoria, la vertenza è arrivata solo nei giorni scorsi ad una prima conclusione: i giudici hanno accolto le tesi del legale della donna (che nel frattempo non vive più con il padre della figlia) e hanno imposto al gestore della clinica privata di versarle 250 milioni. La somma dovrà essere utilizzata per garantire un domani sereno alla bambina, venuta alla luce nonostante fosse stata inizialmente rifiutata. «E' una vittoria per tutte le don¬ ne», ha detto commentando la decisione l'avvocato Mereu che, con il collega Roberto Cortis, ha assistito la protagonista della vicenda. La sentenza del tribunale (firmata, oltre che dal presidente Gian Giacomo Pisotti, dalla dottoressa Maria Grazia Cabizza) non ha forse precedenti in Italia. Il dramma della mamma involontaria non è però concluso, le sue condizioni economiche sono ancora difficili, tanto che - ha spiegato l'avvocato non dispone neanche dei soldi necessari per la registrazione della sentenza, atto indispensabile perché poi possa chiederne l'esecuzione. Ed inoltre il caso non può essere ancora considerato chiuso: i difensori del proprietario della casa di cura possono sempre impugnare il verdetto e ricorrere in appello. Corrado Grandesso

Persone citate: Corrado Grandesso, Gian Giacomo Pisotti, Maria Grazia Cabizza, Mereu, Roberto Cortis

Luoghi citati: Cagliari, Italia