«Una sentenza disgustosa che ci condanna due volte»
«Una sentenza disgustosa che ci condanna due volte» LA MADRE DELLA VITTIMA ACCUSA «Una sentenza disgustosa che ci condanna due volte» SROMA ignora, come giudica questa decisione? «E' una cosa disgustosa. Se non possiamo avere la giustizia terrena, speriamo almeno in quella divina». Lei voleva una sentenza esemplare? «Io volevo una sentenza giusta». E adesso che cosa farete? «Ce ne dobbiamo andare da Civitavecchia, lì non possiamo più vivere». La signora coi capelli rossi e la pelliccia sintetica bianca sui blue jeans, è la madre di V., la più picola delle bambine violentate che oggi fa la terza media. Ha appena rivisto in faccia i violentatori di sua figlia, e il fatto che non saranno nemmeno processati proprio non le va giù. Perché? «Hanno detto che sono cambiati, ma io li vedo ogni giorno, e secondo me non sono cambiati per niente». Secondo lei violentano ancora le bambine? «Questo non lo so». Dove li vede? «Per strada, a Civitavecchia. Qualche mese fa ne ho incontrati alcuni, quelli accusati dei fatti più gravi, e mi hanno sputato addosso. Se questo significa essere pentiti...». E V. come sta? «Male, malissimo, anche se alla fine è la più forte di tutti, e cerca sempre di sdrammatizzare; quando abbiamo incontrato quelli lì lei era con me, e mi detto "Mamma lascia stare, andiamo". Il problema è che V. non fa più una vita normale, è l'unica protagonista di tutta questa storia ad essere reclusa». In che senso? «Nel senso che sta sempre chiù- sa in casa, ed esce solo per andare a scuola, a nuoto o in parrocchia, ma sempre accompagnata da me o dal padre. E' un anno e mezzo che non può uscire da sola». Perché? «Perché è mài vista e mal considerata, e noi abbiamo paura. Anche a noi non fa piacere an¬ dare in giro per la città, l'unica soluzione a questo punto è andarcene al più presto. Ma non è facile, per trasferirsi ci vogliono soldi, e mio marito guadagna un milione e settecentocinquantamila lire al mese». In casa parlate mai con V. di quello che è successo? «No, non l'abbiamo mai fatto, perché pensiamo che la cosa migliore sia quella di dimenticare tutto, e in fretta». Avete avuto aiuto dagli assistenti sociali o da qualche altro ente? «No, nessun aiuto. Solo da poco tempo gli assistenti sociali si sono fatti vivi per dirmi che se non la lasciamo un po' libera mia figlia rischia di diventare un'infelice». E che cosa avete fatto? «Adesso V. frequenta un gruppo distaccato della parrocchia, fanno delle riunioni, giocano. Lì non ha problemi». I genitori degli imputati vi hanno mai cercato? «Mai». Questa storia vi ha fatto perdere degli amici? «Molti ne abbiamo persi, ma molti ne abbiamo anche trovati, e sono certamente i migliori». II vostro isolamento dipende dal fatto che siete stati gli unici a denunciare i ragazzi. Oggi lo rifareste? «Sì, perché bisogna sempre agi¬ re secondo la propria coscienza». Tra poco inizierà il processo contro suo marito, accusato di aver sodomizzato uno dei violentatori... «Sì, e mi auguro che la sua posizione venga valutata con la stessa clemenza con cui è stata valutata quella dei ragazzi». Secondo lei è vero che i violentatori credevano che V. avesse più di undici anni, come hanno detto? «No, è una bugia, perché il 1° marzo del '93, proprio nella sede dell'Inter club, festeggiammo l'undicesimo compleanno di mia figlia, e loro erano lì, tutti». [gio. bia.] «Dovremo andare via ora in città non potremo più vivere» Witti, La sede del Club dove si incontravano i ragazzi. A destra la madre della vittima
Persone citate: Witti
Luoghi citati: Civitavecchia
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