GLI «INVISIBILI» ANNI DI PIOMBO di Renato Barilli

CxLI «INVISIBILI» ANNI DI PIOMBO CxLI «INVISIBILI» ANNI DI PIOMBO Quando l'ideologia ispirava la narrativa citato un'affermazione di Renato Barilli in La neoavanguardia italiana. Dalla nascita del «Verri» alla fine di «Quindici» (il Mulino, 1995) secondo la quale il Gruppo 63 avrebbe conosciuto il dubbio nei riguardi della prosecuzione di un'attività collettiva letteraria e politica, contemporaneamente al concepimento di un dubbio analogo su una propria attività meramente editoriale da parte di Giangiacomo Feltrinelli. Non c'è ragione di opporsi a questa concordanza, a patto che si consideri il diverso comportamento nei riguardi della militanza politica tenuto successivamente dall'editore e dai suoi collaboratori, redattori o autori. Solo Nanni Balestrini avrebbe continuato a rischiare. Quell'estate 1969 non accadde nulla di quanto temuto da Giangiacomo Feltrinelli, e neppure nell'autunno si registrò qualcosa di simile, anche se andavano crescendo i segnali di un'acuta crisi sociale e nel vuoto di potere la nuova «razza padrona» compieva le sue spericolate manovre a danno dei vecchi padroni praticamente esautorati e aumentava la tensione delle lotte sindacali con- alla presidenza del Consiglio: «Ipotesi attendibile che deve formularsi indirizza indagini verso gruppi anarcoidi aut comunque frange estremiste»? Da allora, comunque, l'editore Giangiacomo Feltrinelli si vide sempre meno in Italia. Sui suoi spostamenti e sulle sue decisioni i redattori della casa editrice erano sicuramente molto meno informati dei funzionari dei servizi segreti che ne seguivano le mosse per conto dello Stato. Ma che Giangiacomo Feltrinelli avesse qualche ragione nel sospettare la possibilità di un colpo di Stato di destra, è riconosciuto persino dal giudice Guido Viola nella sua requisitoria al processo Feltrinelli-Brigate Rosse: «La dura repressione della contestazione, gli avvenimenti internazionali, ma soprattutto le stragi e gli attentati attribuiti con colpevole leggerezza, per non dire di più, a gruppi della sinistra extraparlamentare, non facevano che dare corpo alle idee di Feltrinelli. Alla luce dei fatti successivi, soprattutto delle inchieste giudiziarie, tuttora aperte, che vedono coinvolti gli ex vertici dei servizi di sicurezza e che hanno portato a $i $i Nanni Buhmlrini e. Giartao Bocca dotte con un'aggressività sconvolgente i luoghi di lavoro e dilagante nelle intere città, sollevando proteste e addirittura insurrezioni nelle caserme delle forze dell'ordine costrette a fronteggiare situazioni sempre più a rischio. Ma poi alle 16,37 di venerdì 12 dicembre 1969 scoppiò la bomba di piazza Fontana, primo capitolo milanese di un incompiuto romanzo di stragi e infamie di Stato, su cui ancora non si è fatta luce completa. Tra i primi sospettabili di responsabilità fu, sia pure per poco, Giangiacomo Feltrinelli, l'editore miliardario che militava così sfacciatamente a sinistra ed era sospettato di finanziare non solo un'attività editoriale sovversiva, ma anche gruppuscoli di ribelli, uno scandalo costante per la borghesia milanese, un traditore della propria classe e del proprio censo. Poi, però, nella ricerca di un colpevole della strage di piazza Fontana subentrò, se non come la più plausibile almeno come la più sfruttabile, l'ipotesi che si dovesse indagare sugli anarchici. Del resto, il prefetto di Milano Libero Mazza non aveva comunicato a poche ore dalla strage conoscenza dell'opinione pubblica una trama eversiva di destra, potente e non ancora stroncata, l'ossessione di Feltrinelli sulla possibilità di un colpo di Stato non era priva di un certo contenuto di serietà e di fondatezza. Delirante era, invece, la sua ossessione di preparare la guerriglia, raccogliendo armi, organizzando basi, cercando accoliti...». Il 15 marzo 1972 il cadavere di Giangiacomo Feltrinelli venne trovato da un contadino sotto un traliccio di Segrate alla periferia di Milano, con accanto alcune cariche esplosive ancora innescate. La morte di Giangiacomo Feltrinelli suscitò uno sciame di congetture che contribuirono a dividere la sinistra. Poliziotti e magistrati si dimostrarono subito inclini a spiegar tutto con l'imperizia del morto, che era un modo di ammazzarlo nuovamente. «Se la situazione prima del 15 marzo '72 è calda, l'esplosione di Segrate, giunta provvidenziale per la reazione, la rende addirittura incandescente. Il traliccio diventa presto il cavallo di battaglia della borghesia che non si limita a farne il tema di una manovra elettorale. L'o- biettivo, di ben più ampio respiro, è da un lato di indebolire la sinistra, creando profonde divisioni al suo interno, dall'altro di coinvolgere ampi settori del pei nell'operazione contro i Gap e le Br, per preparare l'opinione pubblica ad avventure reazionarie», troviamo scritto in un singolare libro Brigate Rosse che cosa hanno fatto, che cosa hanno detto, che cosa se ne è detto a cura del Soccorso Rosso (Feltrinelli, 1976) che appare e scompare come una meteora. «Mentre è convinzione generale, anche da parte di settori moderati, che si tratti di un omicidio politico, è proprio la sinistra a mostrare smarrimento e a limitare il suo intervento al livello "illuministico", lasciando cos'i l'iniziativa all'avversario. E' Potere Operaio che tenta di rompere il ghiaccio con un numero del suo giornale, passato alla storia della sinistra extraparlamentare, in cui si rivela l'appartenenza di Feltrinelli ai Gap: pur nella "certezza politica" dell'omicidio, si ritiene giusto onorare un compagno caduto. L'iniziativa di Potere Operaio viene considerata dalla stessa sinistra extraparlamentare troppo tempesti- I? Balestrini fautore di quella stagione: prima dei terroristi, raccontò in «Inaliamo lutto» la nuora classe operaia va, maldestra o addirittura provocatoria...». Nanni Balestrini, già tra i sostenitori di Potere Operaio nel 1968 e poi sostenitore del Gruppo di Autonomia nel 1976, nel 1979 sarebbe stato costretto a rifugiarsi in Francia e successivamente in Germania per sfuggire alle conseguenze del cosiddetto Teorema di Calogero, da Pietro Calogero, giudice trasferito da Treviso a Padova ad affrontare il terrorismo diffuso di Autonomia. «Il 7 aprile 1979 gli italiani apprendono dalla Rai Tv e dai giornali che il capo supremo delle misteriose Brigate Rosse, anzi dell'intera sovversione italiana, ha un nome: Antonio Negri, 47 anni, professore di dottrina dello Stato all'Università di Padova e docente alla Ecole Normale Supérieure di Parigi. L'uomo giusto nel posto giusto, per un'operazione che sta fra il poliziesco e il politico: l'intellettuale dell'estrema per antonomasia, quasi un'interpretazione caricata dell'intellettuale sovversivo in una delle città più calde d'Italia. I nomi degli altri arrestati o indiziati sono meno noti al cittadino qualsiasi, ma notissimi nel Movimento, per di¬