IL COLONNELLO CHABERT DA' LA CARICA A BALZAC

IL COLONNELLO CHABERT DA' LA CARICA A BALZAC IL COLONNELLO CHABERT DA' LA CARICA A BALZAC Ma ancora ci manca la sua «Commedia» integrale man, la forma e il nuovo realismo affidato alla scrittura avevano la meglio. E' seguita una riproposta frammentaria e negli ultimi tempi vivace ma «l'insieme» della ccommedia umana sfugge al pubblico italiano. Respingono di più la mole, i contenuti o i «difetti» che la critica ha rimproverato a Balzac? Perfino Proust, che prese la sua Commedia a modello della Recherche, mentre lo difendeva dalle accuse di Sainte-Beuve non rinunciò a sottolinearne con sorridente ironia la «volgarità». Ossia ingenuità e ostentazione da parvenu, tendenza a spiegare più che a suggerire e gusto così radicato della concretezza da arrivare a scrivere che «i buoni matrimoni sono come le creme: basta un niente a farli impazzire». Ma, ha ragione Henry James, a che serve criticarlo? «Non è ridicolo cercare i difetti dell'universo?». E ha ricordato che per quanto si proceda «tutte le strade portano a lui... Pesante, del peso dei suoi tesori». «Visionario ap¬ passionato», secondo Baudelaire, «Scrittore rivoluzionario» per Victor Hugo, Balzac è piaciuto a Wilde e Zola, e a Marx e Lukacs. Sì, proprio lui che considerava «Trono e Altare» come capisaldi dell'Ordine Sociale ma che - ha notato giustamente Vito Carofiglio - era così libero nell'addentrarsi nei meandri della società e della mente da non lasciarsi imbrigliare dagli assunti filosofici. Conservatore o rivoluzionario, romantico o naturalista, grandissimo scrittore o sociologo? Avendo per obiettivi la verità e la conoscenza del mondo, Balzac ha assunto tutti questi volti. «Faccio parte dell'opposizione che si chiama la vita», diceva di sé, e per aver analizzato tutti i risvolti della passione amorosa, cioè per tutti quei ritratti di donne malmaritate e dolenti, adultere e concubine; per quell'erotismo trasgressivo appena suggerito tra Vautrin e Lucien, tra la ragazza dagli occhi d'oro Paquita, De Marsay e la marchesa di SaintRéal, e ancora per Ha/zac viMo da Levine la perversa ma appena appena ipotizzata «passione nel deserto» tra un uomo e una pantera, gli capitò pure di essere messo all'indice nel 1841 -1842 e nel 1864 come «autore di Fabulae Amatoriae». Perché, Marx o non Marx, la verità è rivoluzionaria, tanto più quando accanto a quella di Abele mette a nudo la parte di Caino che «nel grande dramma dell'Umanità è l'opposizione». Per questo la sua opera, a conoscerla un po' meglio, «incanta». Successe a Giorgio Manganelli che nel 1988, recensendo sul «Messaggero» la Commedia Umana, Racconti e Novelle in Oscar Mondadori, confessò il rischio di diventare un «devoto», sedotto dalla «intelligenza del male» che circola nell'opera e che ha il potere di «stregare» facendoci soffrire. Che sia questo disagio a tener lontani da Balzac? O a respingere sono le puntigliose descrizioni di panorami e di paesaggi urbani, di interni e di fisionomie, di normative e di meccanismi - dalla finanza alla pubblica amministrazione, dalla moda alla speculazione edilizia, dalla nascente pubblicità alla cosmetologia? NeH'JmbroaZio tessuto da politici, usurai, dame intriganti, burocrati che speculando s'improvvisano banchieri e imprenditori venuti dal nulla che a forza di marketing diventano miliardari, sarebbe difficile comunque non individuare una miniera inesauribile di segni premonitori e di attualità come è parso a Michel Butor e a Giovanni Macchia. Nei due tomi di questo primo Meridiano a cura di Mariolina Bertini Bongiovanni (pp. 1800, L. 100.000), troviamo soprattutto i segreti della vita privata. Sullo sfondo della soffocante vita di provincia matura l'avventura dell'adultera Musa del Dipartimento, vittima del cinismo sia di un marito aristocratico e affarista che di un amante borghese; l'avidità e l'ingratitudine avvelenano le famiglie dei Goriot e dei Grandet; i vani intrighi amorosi delle Béatrix e i maneggi riusciti di una Piincipessa de Cadignan ingannano dei giovani, ingenui innamorati; l'ingiusto sospetto di un marito avvelena un matrimonio fino a uccidere la moglie, colpevole solo di essere la figlia di Ferragus-Vautrin, e un equivoco, spezzando un legame irresistibile, spinge la Duchessa de Langeais a rinchiudersi in convento. Infine, a suggellare la trilogia dei Tredici - i fuorilegge legati da un patto di reciproco aiuto per essere invincibili - c'è un trasgressivo, tenebroso triangolo. Insomma, quanto basta per capire come Balzac fosse «curioso» di intrighi e misteri che - notava Cesare Pavese - smontava con gusto acre e trionfale. Sollevato il velo, la condizione umana gli rivelava più perdite che profitti perché - insegna la sua grandiosa «storia del cuore umano» nella vita i conti non tornano e la ricerca d'assoluto brucia ancora più in fretta l'esistenza. Lui, il provinciale col complesso del disamato, in cerca di continue e sempre maggiori conferme dissipò la propria claustrandosi per decifrare e racchiudere l'universo in un'opera. E per un amore così idealizzato da attraversare già quasi moribondo mezza Europa per raggiungere la sua Eva. A cinquantanni morì insomma di passione, come tanti suoi personaggi, amato dal pubblico ma senza l'agognata gloria. Paola Decina Lombardi

Luoghi citati: Europa, Vito Carofiglio