Torino-Lingotto I segreti «richiami» di Abbado di Giorgio Pestelli

Torino-Lingotto Torino-Lingotto I segreti «richiami» di Abbado TORINO. Grande serata musicale al Lingotto, anche se tutta lavorata nel piccolo, nel lieve, nell'intimità della più. eletta maturità spirituale. Claudio Abbado è ritornato nell'Auditorium inaugurato un anno fa alla testa della «Chamber Orchestra of Europe» con un programma tutto intessuto di segreti richiami, di tensioni e riposi, di radiose pianure e di tenebrosi abissi; e la qualità e i significati di quelle musiche come gettate nello stampo di esecuzioni perfette, infallibilmente calcolate, dove nulla sembrava mancare o avanzare. Fra tante cose liete, c'era pure la gioia di rivedere in sala Giorgio Balmas, la cui nomina a direttore di Lingotto Musica non poteva avvenire in una occasione pili l'elice. L'Orchestra da Camera Europea aveva già suonato in questi paraggi qualche mese fa, ma in un programma meno calcolato sulle sue dimensioni e sotto una mano forse meno accettata come famigliare; e aveva colpito meno, come organismo e valori singoli, di quanto abbia fatto l'altra sera già con l'innocente Seconda Sinfonia di Schubert: una innocenza per altro tutta riscoperta, perché sotto quel tocco prezioso, quei leggeri balzati, quell'idillio di rustiche avene di pastori arcadici, Abbado scopre anche una intermittente melanconia, come una tremula ombreggiatura agli orli di un quadro troppo luminoso. Fatale il collegamento di Schubert con Mahler attraverso quattro Lieder da Rùckert, con l'aggiunta di uno, «Là dove suonano le belle trombe» dal «Corno magico», cantato fuori programma dalla magnifica Waltraude Meier: regina di una notte senza tempo, ha calato l'oro brunito della sua voce in un contesto orchestrale pieno di fermenti; pagine tutte memorabili, ma memorabilissima l'ultima: «Sono ormai scomparso dal mondo», intonato come dall'altra parte dell'esistenza, con quella subdola, mortuaria dolcezza mahleriana che a bene intenderla è un attentato a ogni volontà positiva. Da una fine secolo all'altra, e ritorno alla vita, con la Sinfonia n. 103 di Haydn. Molte le singolarità, le trovate minori e minime offerte da una smagliante esecuzione: sùbito un groppo di ritmi del timpano, invece del solito rullo amorfo, quasi a dare importanza e significato al termine «Intrada» del manoscritto; e poi virtuosismi di fraseggio, equilibrismi e finezze del cesello musicale più smaliziato: tutte cose tanto belle e facili da sentire, quanto difficili da descrivere e uggiose da parlarne senza partitura alla mano; meglio salutare in generale la versatilità e lo squisito intuito ritmico del direttore e la gioia trasmessa agli ascoltatori, ancora regalati di un Brahms in costume ungherese e della Sinfonia del Barbiere di Rossini. Giorgio Pestelli Abbado è ritornato nella sala inaugurata un anno fa alla testa della «Chamber Orchestra of Europe» con un programma intessuto di segreti richiami

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