II pool di Mani Pulite alla «prima» Un film riscatta Ambrosoli
IIpool di Mani Pulite alla «prima» UN OMAGGIO IN RITARDO Milano, ricordato l'avvocato ucciso 16 anni fa da un killer di Sindona Un film riscatta Ambrosoli IIpool di Mani Pulite alla «prima» QMILANO UATTRO anni prima di essere ucciso dai killer di Michele Sindona, l'avvocato Giorgio Ambrosoli scrisse una lettera-testamento alla moglie. In poche parole il liquidatore della Banca privata, assassinato sotto casa a Milano l'il luglio del '79, anticipò quello che gli sarebbe successo: «Pagherò a molto caro prezzo l'incarico: 10 sapevo prima di accettarlo e quindi non mi lamento affatto perché per me è stata un'occasione unica di fare qualcosa per il Paese, di far politica per 11 Paese e non per i partiti». Ci sono voluti undici anni per avere un libro («Un eroe borghese» di Corrado Stajano) su Giorgio Ambrosoli. Altri cinque per l'omonimo film (regia di Michele Placido) presentato ieri sera, in anteprima, al cinema Manzoni di Milano davanti a una platea zeppa di facce note: il pool di Mani pulite quasi al gran completo, il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli assieme a Gherardo Colombo e Francesco Greco o poi, all'improvviso, ecco arrivare Antonio Di Pietro. In prima fila l'ex maresciallo della finanza Silvio Novembre, collaboratore principale di Ambrosoli, a fianco del giornalista Corrado Stajano, dell'avvocato Maurizio De Luca, del politologo Paolo Flores d'Arcais, dell'economista Marco Vitale, del procuratore capo di Firenze Piero Luigi Vigna. • Proiezione del film (applauditissimo) e dibattito sull'eroe borghese. Eroe? «Sì - spiega Stajano - perché Ambrosoli non era né un ribelle né un sovversivo. Era un borghese che sé avesse detto "sì" a quello che sembrava ed era ingiusto avrebbe continuato serenamente la sua esistenza». A ricordare l'avvocato che si oppose a Michele Sindona e a tutte le pressioni (politiche) per il salvataggio del finanziere di Patti c'è una lapide al primo piano del palazzo di giustizia milanese: un po' poco per l'uomo che, molti anni prima di Tangentopoli, seppe dire «no» ai poteri occulti, svelare gli intrecci tra politica e affari, scoprire le malefatte dell'alta finanza. Ed ò così che lo ricorda Giuliano Turone, il magistrato che assieme a Colombo diede un nome ai mandanti e agli esecutori materiali dell'omicidio, da Sindona ad Aricò, morto suicida in carcere il primo, ucciso durante un misterioso tentativo di evasione il secondo: «In carcere è rimasto solo Venetucci ma la storia di Ambrosoli è chiarissima - sospira Turone - nessuno si può nascondere dietro a un dito dicendo: "Ambrosoli chissà? Chissà cosa sarà successo?"». Turone, assieme a Colombo, ha scoperto nell'81 gli elenchi della P2 di Licio Gelli a Castiglion Fibocchi. Insieme hanno indagato sulla morte di Ambrosoli, che non conoscevano. Insieme hanno imparato chi fosse il liquidatore della Banca Privata ucciso dai sicari di Sindona. «Ambrosoli aveva il rigore e l'intelligenza - ricorda Turone -, era un un uomo libero da condizionamenti e ha scoperto prima quello che poi è stato scoperto nell'81, con gli elenchi P2». Concorda Colombo: «Ambrosoli ha affrontato con assoluta normalità il rischio dell'essere onesto». E giura che se Giorgio Ambrosoli si fosse adeguato la stagione di Tangentopoli non sarebbe stata possibile. Rimane un dubbio, che nemmeno il film riesce a fugare. Nessuno, o quasi, conosce Ambrosoli e il suo sacrificio: per tutti gli Anni Ottanta è stato un nome scomodo, da ricordare al massimo su qualche lapide, da commemorare con le solite parole di rito. Annuisce Turone: «In certi ambienti credo si preferisca non parlare di Ambrosoli, di un uomo che si è opposto a certe prassi e che è un esempio civile». [f. poi.] Il giudice Colombo «Fu il primo nemico di Tangentopoli» Sopra, il protagonista del film «Un eroe borghese^, Fabrizio Bentivoglio. A destra il regista. Michele Placido
Luoghi citati: Castiglion Fibocchi, Milano, Patti
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