I marò italiani sbarcano all'inferno di Francesco Fornari
Anche 2 mila marines per proteggere la ritirata dei Caschi blu, ancora scontri tra i somali Anche 2 mila marines per proteggere la ritirata dei Caschi blu, ancora scontri tra i somali I marò italiani sbarcano all'inferno Nella notte500 uomini a Mogadiscio in fiamme MOGADISCIO. A ridosso della piazzola di sosta dell'aeroporto militare di Mogadiscio c'ò la zona residenziale dove ai tempi del dittatore Siad Barre vivevano gli ufficiali con le loro famiglie. Le villette costruite ai lati del vialone alberato sono scmidistrutte: quello che non hanno fracassato le cannonate lo hanno saccheggiato le bande di razziatori che hanno portato via tutto, dagli infissi alle mattonelle. In quelle rovine avevano trovato rifugio famiglie di profughi: per due anni una sistemazione ideale, i posti di controllo e le fortificazioni dei Caschi Blu al limite della pista li proteggevano dalle scorrerie dei «morian», lungo il vialonc transitavano i veicoli delle Nazioni Unite, le auto dei giornalisti e dei funzionari delle organizzazioni umanitarie e c'era sempre la possibilità di ottenere dei regali, cibo, indumenti, qualche dollaro. Adesso ò l'inferno. In quella zona si fronteggiano i miliziani di Aidid, incaricati di proteggere l'aeroporto dall'assalto dei razziatori, e quelli dei clan rivali che cercano di impadronirsi della base acrea perché chi ne avrà il controllo dopo la partenza dei Caschi Blu diventerà in pratica il «padrone» di Mogadiscio, potrà controllare tutto il commercio in entrata e in uscita, imporre balzelli sulle merci, pedaggi agli acrei. Da tre giorni le bande avversarie si danno battaglia a pochi metri dalle fortificazioni dei Caschi Blu pachistani che, al riparo dei sacchetti di sabbia, aspettano con impazienza l'arrivo dei marines americani, dei marò del San Marco e dei para della Nembo che ne proteggeranno la ritirata verso il porto e il sospirato imbarco sulle navi che li riporteranno a casa. Per primi in quell'inferno sono arrivati ieri pomeriggio gli italiani: quindici incursori sbarcati dagli elicotteri sul «green beach», la lingua di spiaggia parallela alla pista dell'aeroporto, protetti dagli elicotteri da combattimento americani, hanno preso posizione sulle dune. Due ore dopo è arrivato un mezzo da sbarco con 70 marò del San Marco col compito di presidiare la spiaggia dove a mezzanotte (ore locale, le 2 in Italia) sono sbarcati i 2000 marines Usa, che si sono subito attestati all'estremità meridionale dell'aeroporto e nella zona del porto. Alle 2,30 sono scesi a terra i nostri marò e i paracadutisti, in tutto 500 uomini, professionisti molto ben addestrati, cui tocca il compito di creare una cornice di sicurezza e di copertura per l'evacuazione degli ultimi Caschi Blu e per la ritirata degli uomini impegnati nella «United shield», la missione che mette la parola fine ad un'avventura iniziatasi l'8 dicembre 1993, con il cinematografico sbarco dei marines Usa impegnati nella missione «Re- store hope». Doveva essere una missione di pace, si è rivelata un tragico fallimento, frutto di una serie di errori tattici e diplomatici. Dopo 26 mesi, 121 morti (di cui undici italiani) e milioni di dollari di spesa, l'Onu lascia una Somalia disastrata, percorsa da venti di guerra, dove la varie fazioni meglio armate di prima, perché se c'è una merce che non difetta in Somalia sono le anni, la maggior parte comperate, ironia della sorte, proprio con i dollari pagati dall'Onu per l'affitto delle case per i propri funzionari e per garantirsi le scorte armate - sono pronte ad una guerra senza quartiere. Gli scontri di questi ultimi due giorni ne sono un segnale inequivocabile: il generale Aidid, signore di Mogadiscio Sud, non è più in grado di controllare le sue stesse milizie, all'interno del suo schieramento parecchi clan minori gli si sono rivoltati contro e nelle ultime ore hanno dato vita a sanguinose battaglie. Pesante il bilancio: almeno 24 i morti, oltre cento i feriti. Ieri sera nel popoloso quartiere Medina si ò sentito sparare a lungo, alle raffiche di mitragliatrice si contrapponeva il rombo cupo dei mortai. Secondo Osman Ato, il principale finanziatore di Aidid che ultimamente ha preso le distanze dal generale, in uno di questi scontri sarebbe stata coinvolta anche la banda di «morian» che la settimana scorsa aveva aggredito la troupe del Tg2, uccidendo l'operatore Marcello Palmisano. I due «signori della guerra» continuano a lanciare messaggi rassicuranti, affermando che nessuno ostacolerà l'evacuazione del contingente Onu, ma ò difficile credere alle loro parole perché non sono più in grado di controllare i loro uomini. Per questo le 23 navi da guerra americane, italiane, inglesi, francesi, la piccola flotta di «United shield», si sono portate sotto costa: la fregata Libeccio ha i cannoni puntati verso la città, sul ponte della Garibaldi gli «Harrier» sono pronti a decollare al primo segnale di pericolo. Francesco Fornari A pochi metri dai soldati dell'Onu i clan rivali si contendono l'aeroporto. Alla battaglia partecipa anche il commando che uccise Palmisano LIBECCIO
Persone citate: Aidid, Marcello Palmisano, Osman Ato, Palmisano, Siad Barre
Luoghi citati: Italia, Mogadiscio, Somalia, Usa
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