Guerra santa sulle sponde del Gange di Claudio Gallo

Benares, in 25 mila gridano: abbattiamola, profana questo luogo. Si temono stragi, come nel '92 Benares, in 25 mila gridano: abbattiamola, profana questo luogo. Si temono stragi, come nel '92 Guerra santa sulle sponde del Gange Assedio hindu a una moschea NEW DELHI. L'avevano detto che non si sarebbero fermati ad Ayodhya, gli integralisti hindu. E adesso stanno radunandosi minacciosi intorno alla moschea di Gyanvapi, sulle rive del Gange a Varanasi (Benares), la città santa dell'induismo. In piena «Shivratri», la festa che celebra il matrimonio tra Shiva e Pai-vati, lanceranno una serie di manifestazioni per ricordare al governo che, secondo loro, la moschea usurpa l'area sacra su cui sorgeva un celebre tempio hindu, il Vishwanath, distrutto al tempo degli imperatori Moghul. Proprio come la moschea di Ayodhya, costruita nel XVI secolo dal fondatore della dinastia, Babar, e fatta a pezzi nel vicino dicembre '92 dalla folla arancione in nome del dio Rama. Quell'assalto scatenò in tutto il Paese scontri tra musulmani e hindu che; alla fine provocarono duemila morti. L'India della riforma economica che stava faticosamente guadagnandosi un posto tra i giganti industriali dell'Asia si ritrovava di colpo sulle televisioni di tutto il mondo per una specie di guerra religiosa che sembrava piovere direttamente da qualche medioevo esotico. Succederà così anche per la peste, due anni dopo: i mass media racconteranno per settimane un'India travolta dall'epidemia, in procinto di contaminare il mondo intero. Poi il subcontinente sparirà di nuovo all'improvviso da giornali e tv, lasciando una coda esile di commenti a chiedersi: «Ma fu veramente peste?». Poi silenzio, solo qualche notizia economica sul mercato di ottocento milioni di persone e sulla Borsa di Bombay in crescita. Adesso il Vishwa Hindu Parishad (Vhp, Consiglio mondiale hindu), la sigla che raccoglie tut- te le associazioni politico-religiose hindu e appoggia spesso l'azione del Bharatiya Janata, il principale partito di opposizione, potrebbe rilanciare attraverso le antenne paraboliche e i telex, l'India dell'odio religioso, mai sopito dai tempi della spartizione col Pakistan. Varanasi e persino più carica di simboli religiosi di Ayodhya, e non solo per gli hindu: nei suoi paraggi raggiunse l'Illuminazione il Buddha e lì tenne i suoi primi sermoni. Forte della presenza in città di non meno di 25 mila pellegrini il Vhp ha tenuto una conferenza stampa per chiedere l'abbattimento della moschea fatta costruire dall'ultimo grande moghul, Aurangzeb (fanatico musulmano, al contrario dell'illuminato trisavolo Akbar), al posto del tempio dedicato a Shiva nella sua veste di Vishwanat, Signore di tutte le cose. Nell'occasione, i leader dei nazionalisti hindu hanno anche rivendicato il tempio che giace sotto le fondamenta della moschea di Mathura, città della stessa regione, il luogo natale del dio Krishna. A spronare le masse dei pellegrini e dei sannyasin hindu in questa guerra santa sono le parole d'ordine dcll'«Hindutva», l'induità, concetto politico-religioso dalle forti tinte nazionalistiche entrato nell'orizzonte culturale indiano abbastanza di recente e sicuramente non condiviso da tutti gli hindu. Lo Stato dell'Uttar Pradesh ha risposto dispiegando nella città sacra 25 mila agenti delle forze paramilitari: «Useremo tutti i mezzi per impedire che si ripetano le violenze di Ayodhya», ha detto un portavoce governativo. Nessuno vuole che si ripeta l'incubo di Ayodhya, quando il Paese frenetico della scommessa capitalista del ministro Manmohan Singh si accorse di essere soltanto la punta di un iceberg emerso da un mare di passioni ancestrali fuori dal tempo, proprio quell'archetipo che affascina tanto l'Occidente ma impedisce al subcontinente un miracolo economico alla cinese. Un incubo che per ora, visto da New Delhi, sembra lontano. «Non ci sarà una seconda Ayodhya - dice Lakshmi Ramakrishna, giornalista del Times of India - a Varanasi ò tutto sotto controllo e non si segnalano incidenti. Non si faranno gli stessi errori una seconda volta». Claudio Gallo Una folla di integralisti hindu protesta a New Delhi poco dopo la distruzione della mosche di Ayodhya nel dicembre del 1992

Persone citate: Babar, Janata, Lakshmi Ramakrishna, Manmohan Singh, Rama, Shiva

Luoghi citati: Asia, Ayodhya, Benares, India, Pakistan, Varanasi