Gli Attila d'oro della finanza Ecco come si ruba nei santuari del denaro di Ugo Bertone

Gli Aitila d'oro della finanza Gli Aitila d'oro della finanza Ecco come si ruba nei santuari del denaro GLI ALLIEVI DI DROGOUL FINO a pochi giorni fa era considerato un piccolo genio. Ora, invece, Nick Leeson è il pericolo pubblico numero uno, una sorta di lato oscuro del capitalismo infrattato in qualche foresta malese per sfuggire alla v'indetta degli uomini della Regina. E così l'ex ragazzo prodigio della Barings va ad aggiungersi ad un'illustre schiera di «piccoli Attila»: Chris Drogoul, il giovane e brillante funzionario franco-algerino della filiale Bnl di Atlanta. Oppure Agha Hasan Abedi, il pakistano capace di svuotare con prestiti a rischio i forzieri della Bcci di miliardi di dollari. E gli scandali di Salomon Brother, Nomura, i buchi delle banche tedesche... A tutti i protagonisti di quei disastri si può dedicare il commento di Wayne Angeli, ex vicepresidente delle Federai Reserve: «Un uomo solo, abile e sostenuto dagli amici giusti, con una tecnologia elettronica elementare può dirottare flussi di capitale per migliaia di miliardi truccando i dati o costruendo una doppia contabilità, sfuggendo per anni e anni ai controlli». Ma Nick Leeson, almeno in parte, apre, rispetto a costoro, un capitolo nuovo. Lui non ha costruito contabilità parallele per finanziare armi, droga, riciclaggi o avventure politico-affaristiche. E lui non ci ha messo anni: il suo crack l'ha costruito nel giro di pochi mesi operando in quel paradiso della finanza virtuale che va sotto il nome di «derivati». Un mondo ove nessuna cifra è impensabile. Girano ogni anno contratti per trentacinque-quarantamila miliardi di dollari nel mondo dei derivati. Si possono guadagnare somme favolose, ma anche le perdite sono illimitate. Ne sa qualcosa la contea californiana di Orange, che ha perduto oltre un miliardo e mezzo di dollari, oppure colossi come Metalgesellschaft e Procter and Gamble che hanno subito perdite nell'ordine di centinaia di miliardi di lire. E anche mago George Soros, il finanziere più famoso del mondo, un anno fa ha lasciato sul tappeto di questa fantastica roulette più di 900 miliardi di lire. Queste cifre da capogiro ci possono dare una prima idea di come un funzionario di banca a Singa¬ pore possa perdere 1500 miliardi scommettendo sul rialzo della Borsa di Tokyo. I controlli? «Abbiamo procedure rigorose, controlli tecnologici - risponde un banchiere italiano - ma sono balle. L'unica cosa che serve è il controllo psicologico, cercar di cono¬ scere le persone, far ruotare i funzionari. Mettere un operatore a controllare un altro operatore. E cercare di aver fortuna: No, non posso escludere che una cosa del genere possa succedere anche da noi, in una banca italiana». Il grande banchiere vuol restar anonimo ma, a suo tempo, aveva già parlato Ciampi, allora governatore della Banca d'Italia. «La nostra tesi - aveva detto nel'91 è che quando c'è volontà di commettere una frode i controlli dei regolatori sono inefficaci». Eppure, allora il grande gioco dei derivati non era così diffuso come oggi. Un gioco tutto sommato semplice. I «derivati» (swap, options, future ecc.) sono strumenti nati a fine '800 per garantire gli agricoltori. Mettiamo che il contadino vendesse le sue merci prima del raccolto. L'agricoltore poteva difendersi dai rischi (siccità, inondazioni) acquistando il diritto ad acquistare una pari quantità di merci. Una sorta di assicurazione, insomma. Ma quel diritto, trattato in Borsa, si è esteso dalle merci alle valute, dalle azioni ai listini di Borsa, fino alle scommesse più strane. Oggi, grazie alla tecnologia, si può puntare su tutto. E con pochi quattrini perché, all'inizio, basta versare il 6% del contratto. Prendiamo l'operazione di Lee¬ son. Un contratto sul Nikkei 225, il listino di Tokyo, vale poco meno di 300 milioni, ma lo si può acquistare per 18. Però, se la Borsa scende, bisogna reintegrare la garanzia versando altri quattrini: se perde il 10%, ci vogliono 30 milioni. Moltiplicate il tutto per 5560 mila (tanti sono i contratti stipulati da Leeson) e capirete come si fa a perdere tanto se la Borsa di Tokyo, complice il terremoto di Kobe, è da mesi al ribasso. Ma i capitali? Il sistema di Leeson era semplicissimo. Lui dopo aver comprato (a termine) vendeva un contratto di segno analogo, intascava i quattrini e comprava un altro contratto. E così via fino al massacro, sperando che cambiasse il vento e quella maledetta Borsa tornasse a salire. Un gioco rozzo, facile da scoprire. Ma in banca qualcuno proteggeva il ragazzo dalle mani d'oro e fuori bastava il nome della Barings a far tacere ogni curiosità. Che smacco, per la banca della Regina. Ugo Bertone

Luoghi citati: Atlanta, Tokyo