Gattopardo dei disegni La collezione di Sieri Pepoli Anche musicista e archeologo

Gattopardo dei disegni Gattopardo dei disegni La collezione di Sieri Pepoli Anche musicista e archeologo Yj] BOLOGNA 1 NA coincidenza, forse. Ma 1 è curioso che a Bologna, I I negli stessi giorni, si dia V' I notizia d'un altro scandaglio, non meno proficuo, di una delle più notevoli collezioni di disegni raccolti a fine secolo da un mecenate e regalati ai bolognesi, insieme all'avito palazzo di via Castiglione, «a condizione che il Comune la voglia tenere aperta al pubblico a maggior decoro della Città», come recitava il testamento. Ma naturalmente il Comune aveva incamerato quei beni e disatteso ogni promessa: così si era perduta persino la notizia di quel doveroso impegno di museo, disperdendo fra le varie istituzioni bolognesi, dalla Pinacoteca al Museo Civico Medioevale, al Museo d'Arte Industriale, il ricchissimo patrimonio lasciato dal conte Agostino Sieri Pepoli. Che il pittore Raffaello Faccioli, convocato a valutare, aveva così commentato: «Il visitatore è preso dall'interesse che destano le sale belle di decorazioni, ricche di ceramiche, di vasi giapponesi, di disegni originali, d'incisioni, bronzi, acqueforti, autografi, cimeli e arredate da mobili artistici». Una di quelle case-museo, alla Poldi Pezzoli o alla Bagatti Valsecchi, che l'incuria dello Stato ha spesso lasciato sfaldarsi. Questa mostra dell'Archiginnasio e soprattutto il catalogo Arts & Co, con saggi di Valeria Roncuzzi e Sandra Saccone, documentano - attraverso stampe e disegni il valoroso sforzo di ricostruire quel patrimonio andato smembrato fra le sedi più impensabili. Oltre ad una bellissima ed alquanto rovinata prospettiva mitologica oggi attribuita al Bertoja (con qualche ricordo degli affreschi di Parma) sono ritornati alla luce opere di Crespi, Creti ed un bellissimo, probabile autoritratto interrogativo, del Guercino. Ma l'interesse sta soprattutto nella figura del poligrafo-collezionista Agostino Sieri Pepoli, originario di Trapani (a cui lasciò in dote l'omonimo museo di quella città, ricco di tele e coralli), il quale preferiva dimenticare il primo patronimico, storpiato da Sigieri, per sottolineare la parentela con il nobile ramo bolognese dei Pepoli. Certamente imparentato col conte Carlo Pepoli, che fornì il libretto dei Puritani a Bellini, Agostino, che era già di suo archeologo, studioso di araldica e di quella scienza dal nome minaccioso di sfragistica, che studia i sigilli, collezionista d'antiquariato e di pittura, si fece anche musicista, scrivendo parole e musica di una Mercedes, che imitava in tutto Cavalleria Rusticana, rubandole anche dei versi. Figura divertente di Gattopardo-poligrafo, il Pepoli, che s'era costruito una sorta di Buen Retiro neogotico accanto al suo castello di Erice, per seguire gli scavi archeologici, forse anche per rafforzare il suo legame con l'amata Bologna si fece esperto di disegni emiliani, molto prima della rivalutazione del Barocco da parte del Marangoni e degli studi «provinciali» del Longhi. Amava incorniciare insieme vari disegni, e già questa era una novità, in quegli anni in cui si preferiva relegarli in monumentali album rilegati. Quasi a sottolineare il suo amore per i disegni, come opere d'arte dal valore autonomo. [m. vali.) I /

Luoghi citati: Bologna, Erice, Parma