«Italia abbatti subito i monopoli» Informatica, il monito del G7

I Sette grandi concludono il summit di Bruxelles con 11 progetti pilota Bangemann: l'Europa non ha scelta, bisogna eliminare le divisioni nazionali «Italia, abbatti subito i monopoli» Informatica, il monito del GÌ BRUXELLES DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Una nuova rivoluzione sta portando l'umanità verso l'Era dell'Informazione»: è la rivoluzione della tecnologia elettronica, che entra nelle nostre case e nelle nostre vite in modo ormai impetuoso. Non bisogna resistere ma, come indica il comunicato finale della conferenza dei Sette Grandi (G7), favorire il nuovo avvento industriale tenendo ben presenti quattro «principi cardine»: libera concorrenza, investimenti privati, accesso libero alle reti informatiche, ed una cornice normativa valida per tutti. C'è chi è più avanti, ovviamente, e sono britannici ed americani. C'è chi è pronto a gettarsi nella mischia, come i tedeschi. E c'è chi invece tenta ancora di rimandare il grande salto, di mantenere finché può le esili barriere che oggi proteggono monopoli e mercati dai flutti del grande oceano-mercato globale. Tra questi, oltre ai francesi, ci siamo anche noi italiani, almeno a giudicare da quanto detto a Bruxelles dai ministri dell'Industria Alberto Ciò e delle Telecomunicazioni Agostino Gambino. «Dalla riunione è venuto un monito molto preciso e severo all'Italia affinché proceda con grande celerità verso il mercato globale dell'informazione - ha detto Ciò -: non si può essere in ritardo, c'è il rischio di essere travolti e il tempo a disposizione è scarsissimo». Proprio a chi mostra maggiore ritrosia si è rivolto il commissario Martin Bangemann, responsabile della politica industriale dell'Unione europea, quando ha detto che la premessa fondamentale allo sviluppo della società dell'informazione è «l'eliminazione dei monopoli». Certo, ha detto Bangemann, «all'inizio si perderanno dei posti di lavoro, soprattutto lì dove esistono dei monopoli forti, e dunque imprese non competitive. Ma dopo un tempo relativamente breve, diciamo 2-3 anni, il saldo diverrà positivo. E comunque non abbiamo alcuna scelta, perché rallentando perderemmo molti più posti di lavoro, le nostre imprese diventerebbero non competitive, e non avremmo fatto un buon servizio all'Unione». Gli europei più di chiunque altro sono però preoccupati di come, nella nuova società informatica, verranno garantiti democrazia e pluralismo. Nel comunicato finale si può ritrovare se non altro un tentativo di risposta ai loro interrogativi: bisogna assicurare a tutti i cittadini l'accesso ai nuovi servizi, perché abbiano «pari opportunità». Ciò garantirà la sopravvivenza delle «piccole culture», cioè quelle, per dire le cose come stanno, non anglofone. La conferenza ha approvato 11 progetti pilota da sviluppare in comune, e da condividere con quei Paesi che vorranno collaborare. I progetti coprono campi come la telemedicina, i musei e le biblioteche elettroniche, la navigazione, l'ambiente, lo studio delle lingue, ma anche l'interoperabilità tra reti telematiche, la consultazione con i governi ed una «piazza elettronica» per le piccole e medie im- prese. A parte questi progetti, già preannunciati nei giorni scorsi, l'unico impegno reale preso dai Sette è quello ad «aprire i mercati e permettere lo sviluppo di un sistema globale». Anzi, accelerando i negoziati nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio, si potrebbe arrivare ad un compromesso già «nell'aprile del 1996». L'Unione europea ha già da tempo deciso di liberalizzare completamente il mercato delle telecomunicazioni entro e non oltre il primo gennaio 1998. La Germania ha annunciato che anticiperà quella data, mentre gli inglesi hanno fatto da battistrada già dieci anni fa. E noi italiani? Il mini¬ stro Ciò ha parlato di «armonizzazione tariffaria» e di regolamentazione «come pre-condizione alla liberalizzazione dei mercati», mentre Gambino si è preoccupato di limare le unghie di una ancora inesistente «Autorità» che, come aveva proposto Tronchetti-Provera, dovrebbe garantire la libera concorrenza e l'assenza di concentrazioni, in un settore in cui il rischio di veder nascere un «grande fratello» preoccupa ancora il 70 per cento dei cittadini europei. L'attenzione alla vendita della Stet è comprensibile, ma forse non è la bussola adatta per arrivare alla nuova Era. Fabio Squillante I Sette grandi concludono il summit di Bruxelles con 11 progetti pilota II ministro delle Poste Antonio Gambino A destra il titolare dell'Industria Alberto Ciò A destra il presidente della Olivetti Carlo De Benedetti

Persone citate: Agostino Gambino, Antonio Gambino, Bangemann, Carlo De Benedetti, Gambino, Martin Bangemann, Provera

Luoghi citati: Bruxelles, Europa, Germania, Italia