«Teheran attenta restituisci il pilota»

«Teheran attenta, restituisci il pilota» Catturato nel Libano del Sud e venduto per cinquecento milioni agli hezbollah «Teheran attenta, restituisci il pilota» Israele accusa per la prima volta esplicitamente l'Iran TEL AVIV. Israele ha ieri accusato formalmente per la prima volta l'Iran di detenere «da almeno sei anni» Ron Arad, il navigatore di un «Phantom» caduto nel 1986 nel Libano del Sud, e ha chiesto che il governo di Teheran applichi nei suoi confronti quanto stabilito dalle convenzioni internazionali circa i prigionieri di guerra. La formale presa di posizione del governo israeliano è giunta mentre sui mass media si moltiplicano le testimonianze secondo le quali il prigioniero - la cui ultima lettera risale al 1987 e l'ultima foto al 1991 - sarebbe stato visto nelle prigioni di Isfahan e di Teheran, in Iran. Finora le autorità iraniane hanno costantemente negato di disporre di informazioni utili a rintracciare il navigatore che, lanciatosi col paracadute mentre l'aereo perdeva quota, fu catturato oltre otto anni fa da guerriglieri sciiti dell'Amai. «Le autorità iraniane - ha affermato ieri un portavoce militare a Tel Aviv - detengono Arad da sei anni a questa parte e sono responsabili direttamente e in modo totale della sua incolumità. Arad deve tornare in Israele sano e salvo». In un comunicato piuttosto insolito, il portavoce ha aggiunto che Israele dispone adesso di informazioni «credibili e fondate» e ha accusato il governo iraniano di «mentire in modo sistematico» quando afferma di non sapere quale sia stata la sorte del navigatore. Domenica il Frankfurter Allgemeine aveva rivelato l'esistenza di negoziati segreti fra Israele e Iran per lo scambio di Arad con due sceicchi islamici, Abdel Karim Obeid e Ahmed Yassin. Nei giorni successivi nuove testimonianze hanno confermato quanto gli israeliani sospettavano da tempo, cioè che il navigatore scomparso fosse in mani iraniane. Probabilmente gli israeliani dispongono anche di dettagli forniti da Mustafa Dirani, il militante sciita (rapito in Libano nel maggio scorso) che nel 1987 vendette per 300 mila dollari Arad agli integralisti filoiraniani. A una stazione radio in lingua persiana un esule iraniano, Manuchar Muntamar (il cui vero nome è Abbas Fallahian), 41 anni, ha rivelato di aver visto nel febbraio 1994 Arad in una cella isolata nel carcere di Isfahan, a Sud di Teheran. Muntamar, che all'epoca fungeva da collaboratore di Ali Khamenay, ha riferito con precisione il nome del responsabile del carcere (Akhbar Bukhranai) e il numero della cella di Arad (la 14). Ha aggiunto di aver visto due cicatrici: una su un fianco, l'altra accanto a un occhio. «Sembrava un uomo di 50 anni, non di 30» ha precisato. «Ma è comprensibile, per una persona che abbia passato anni in un carcere iraniano». Muntamar ha detto di essere rimasto colpito dagli occhi del «pilota sionista» che «esprimevano una grande tristezza e chiedevano aiuto». Secondo alcuni esperti israeliani, tuttavia, Muntamar non è un testimone credibile: in passato ha affermato infatti di non aver visto di persona Arad, ma solo di aver letto alcuni documenti relativi al suo caso. Ieri comunque in Germania ò stato individuato anche un ex detenuto nelle prigioni iraniane (un soldato tedesco di origine turca, Kabilay Marnili) che, rientrato in patria alcune settimane fa, ha riferito di aver sentito parlare durante la sua detenzione di un israeliano che si troverebbe nel «blocco 209» del carcere di Evrin, a Teheran. «Fino a prova contraria - ha concluso Yitzhak Rabin - dichiariamo dunque l'Iran responsabile diretta della sorte di Ron Arad». [a. b.] Gli ayatollah negano ma un tedesco lo ha visto in una cella della capitale Il premier israeliano Rabin