Roma e Bonn più vicine nonostante il supermarco di Aldo Rizzo

=1 OSSERVATORBO Roma e Bonn più vicine nonostante ilmpermarco OPODOMANI arriva in visita a Roma il presidente della Repubblica federale tedesca, Roman Herzog. Visita definita «di lavoro» e per di più organizzata in tempi rapidi. Dunque poco protocollo e colloqui di sostanza (con Scalfaro e con Dini). Pochi giorni dopo, sarà il nostro presidente del Consiglio a recarsi a Bonn, per incontrare il cancelliere Kohl. E c'era già stato un colloquio, il 16 febbraio, nella capitale federale, tra i ministri degli Esteri Kinkel e Agnelli, in margine a una manifestazione culturale. Si ha l'impressione di un'accelerazione improvvisa dei rapporti italo-tedeschi. Forse non è proprio così, ma è certo che c'è una volontà, da ambo le parti, di dissipare alcuni equivoci recenti e di confermare, se non di rilanciare le relazioni tra Roma e Bonn. E si aggiunga la questione, che sta diventando drammatica per noi, del «supermarco», che non è risolvibile sul piano bilaterale, ma che certamente può trarre profitto da una rinnovata intesa globale tra i due Paesi. Gli equivoci, quali erano? Primo: l'intenzione della Cdu (il partito di maggioranza tedesco, il partito di Kohl) di dar vita a un «nucleo duro» dell'Unione europea, con Germania, Francia e Benelux. senza l'Italia. Secondo: gli accenni, sempre tedeschi, all'opportunità che la conferenza intergovernativa del 1996, sull'approfondimento e la revisione del Trattato di Maastricht, si protragga più del previsto: ciò che, di fatto, la sottrarrebbe (almeno nelle sue conclusioni) alla presidenza di turno italiana dell'Ue. Il secondo equivoco è stato rapidamente chiarito, e non poteva essere altrimenti (la conferenza, molto complessa, non ha comunque limiti di tempo). Il primo è più serio e merita un più ampio discorso. La questione del nucleo duro e del nucleo molle, cioè in pratica delle due velocità con cui si può puntare al traguardo dell'unità europea, non è un'invenzione tedesca. E' nei fatti. Per dire, la lira è da tempo fuori dallo Sme, che sarebbe un po' la premessa dell'u1 nione monetaria, e l'Italia (con la ! Grecia) è in ritardo nell'applica¬ zione degli accordi di Schengen, per la soppressione dei controlli personali alle frontiere: accordi peraltro sottoscritti da nove Paesi membri, sui quindici attuali. Lo stesso Trattalo di Maastricht prevede scadenze differenziate, o autocsclusioni (Gran Bretagna e Danimarca), per l'approdo alla moneta unica. Invece il governo Berlusconi reagì emotivamente, quanto meno, al «piano» Cdu, scorgendovi un attentato alla dignità dell'Italia, e anche (errore più grave) ai testi di Maastricht. Inoltre il ministro Martino introdusse tesi interessanti, ma controverse, e politicamente solitarie, sui modi di accesso all'unione monetaria. Tesi che ora il governo Dini (vedi l'intervista di Susanna Agnelli sulla Repubblica del 23 febbraio) mette da parte. Ma bisogna dire che anche i tedeschi hanno sbagliato, nell'autunno scorso, prefigurando un nucleo duro, dal quale l'Italia e altri sembravano esclusi «a priori», mentre la teoria delle due velocità significa (ed è fondamentale) che qualsiasi ritardatario può recuperare, in qualsiasi momento. Se no, addio Unione europea. Verosimilmente, è quanto viene a dirci il presidente Herzog, in una visita «conciliatoria». Quanto al marco alle stelle e la lira nelle stalle, non è, dicevo, questione bilaterale. I famosi mercati finanziari (mondiali e telematici) decidono in base a dati oggettivi, multinazionali e, ormai, intercontinentali. Il problema è migliorare questi dati. Il che significa, dal punto di vista tedesco, ed europeo, avere garanzie sulla politica estera ed economica italiana, sul suo aggancio alla Germania, ma anche alla Francia, partner non meno essenziale, in questo momento difficile per tutti. Aldo Rizzo ÉZO^Jj in esiale degaque soni). tro i