La politica e il decoro di Filippo Ceccarelli
La politica e il decoro IL PALAZZO La politica e il decoro ICCOLAdomanJL da dopo l'exploit canterino di Sanremo: può la politica recuperare un po' del suo decoro? E se non può, cos'è diventato, oggi, il decoro? Viene da chiederselo, sommessamente, ad apprendere che Forza Italia e il pds sono entrati in conflitto per l'utilizzo del «Gratta e vinci»; a leggere che il Secolo d'Italia si misura con il Manifesto sul codino di Fiorello; a osservare con quanta ghiotta naturalezza il sindaco Formcntini, e tanti prima di lui, offre agli obiettivi dei fotografi il contenuto del frigorifero di casa. Capita di pensarci, al decoro, anche solo a constatare il successo che ottengono gesti, partecipazioni, commistioni e invasioni di campo da parte di parenti, sosia, omonimi e altri scherzi di natura. Viene da chiederselo, s'intende, senza minimamente rimpiangere certa bolsa retorica da Prima Repubblica, ma perché non c'è settimana, ormai, che la Seconda non si tiri dietro il suo consueto repertorio di sondaggi con lo scherzetto tipo Italia settimanale, proposte eccentriche del genere «votare a Carnevale», scioperi della fame tanto sproporzionati quanto ignorati in un tripudio un po' allegro e un po' rabbioso che prevede la distribuzione di profilattici, la diffusione di false lettere di Berlusconi, la divulgazione di numeri telefonici privati e di conversazioni intercettate. Pei cui, alla fine, se non è il fotomontaggio-shock, è la diagnosi selvaggia (l'ultima, rimarchevole, riguarda il ministro De Lorenzo recatosi al ristorante 1 due ladroni per «inconscia autodenuncia»). E se non è il vicepresidente karateka del Senato Staglieno che mesi fa voleva fare Bossi senatore a vita e ora denuncia aggressioni di squadracele bossiane a Campo de' Fiori, beh, allora è il comunista Nicky Vendola che dibatte sulla «d°stra rurale» con 'Poto Cutugno. Di qui, ancora, il dubbio di partenza: se sia normale, legittima, auspicabile, se non il proprio l'esigenza, almeno la 1 pallida speranza di una poli¬ tica più sobria e misurata. Se sia ancora possibile una qualche forma di confronto civile che non si lasci strozzare dallo spettacolo, dalla satira e ora anche da questa nuova beneficenza televisiva tutta lacrimoni e auto-promozioni che dell'insulto personale alla moda sembra la sorellina sdolcinata e un po' scema. Una politica, insomma, che non abbia bisogno di contrabbandare le più truci nefandezze chiamando sistematicamente in causa - in genere dopo il misfatto e l'agognato scandalo - l'«ironia», che è virtù molto seria, o la «provocazione», che bisogna saperla maneggiare ed è massimamente pericolosa quando, con le ideologie, sembrano crollate anche le soglie dell'antico decoro. Quando, come attratti da una specie di voluttà di autodegradazione, da un misterioso cupio dissolvi dietro cui pare d'intuire sia l'asprezza dello scontro che il suo naturale antidoto «scherzoso», i leghisti si travestono con cappucci massonici nell'aula del Sonato o inaugurano premi congressuali sulle facce di bronzo; quando i verdi donano al governo la pizza di fango del Camerun; quando i post missini chiudono per lutto burlesco il portone di Palazzo Chigi e sempre lì i berlusconiani arrivano con corone di fiori. Quando, opportunamente stimolato dalla grazia di Funari, l'ex presidente del Consiglio giustifica i suoi insulti all'ex capo dell'opposizione con l'argomento che «quanno ce vò, ce vò». Quando invece, orfani tutti della vecchia decenza, nessuno sa più veramente che cosa «ce vò». Filippo Ceccarelli
Persone citate: Berlusconi, Cutugno, De Lorenzo, Funari, Nicky Vendola, Sonato, Staglieno
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