Roma dice centomila no al razzismo
14 Un lungo corteo, slogan, appelli e musica contro l'intolleranza Roma dice centomila no al razzismo 77 sindaco Rutelli: aggiornare la legge Martelli ROMA. «Siamo centomila! Siamo centoventimila!». 11 disegnatore eli rumeni Stefano Disegni non sta nella pelle. Corre avanti e indietro sul grande palco mentre accoglie, con urla euforiche, una fiumana multicolore che scende giù dal l'indo e riempie l'intera piazza del Popolo al ritmo di un contagioso beat senegalese. Nessuno aveva previsto una partecipazione cosi numerosa alla manifestazione contro il razzismo organizzala dai sindacati e dalle associazioni di volontariato. In serata, quando la piazza è ormai colma, arriva anche l'adesione del Presidente Seal faro a questo «momento di riflessióne sulle difficoltà che gli immigrati incontrano spesso nel nostro Paese». Il «momento di riflessione» in realtà si trasforma subito in un gran carnevale. Il corteo parte da piazza Esedra o con un frastuono crescente e festoso si snoda per lo vie del centro • via Barberini, via Sistina, il Pincio - prima di arrivare nella piazza ai piedi del Pincio. Facce di tutti i colori si mischiano nella folla. Grappoli di palloncini bianchi e neri galleggiano sopra la gente. Musiche africane scuotono la piazza. Bandiere sventolano dappertutto: quelle rossi; dei comunisti, quelle rosso-verdi dei pidiessini, quelle verdi degli ambientalisti e quelle arcobaleno delle associazioni di volontariato. «Dove sono le bandiere di Fòrza Italia e di Alleanza nazionale?», chiede senza alcuna ironia Roger Ongolo, studente del Camorun, venuto a piazza del Popolo munito del suo bali-bali, piccolo tamburo africano. «Non posso dire che si facciano molto notare oggi». Sono passati sei anni dall'ultima grande manifestazione antirazzismo a Roma. C'era mono gente allora, ma quell'evento contribuì a sensibilizzare l'opinione pubblica in vista della prima legge sull'immigrazione (Martelli), legge che oggi molti considerano superata. Dal palco di piazza del Popolo Francesco Rutelli, sindaco di Roma, lancia l'auspicio che questa nuova, imponente manifestazione crei le premesse per una legge più aggiornata, «li' questo - dice - l'impegno che chiediamo al Parlamento e al governo». Una simile esortazione viene da Giorgio Nogaro, vescovo di Caserta, uno dei sette vescovi che hanno preso la clamorosa decisione di autodenunciarsi per aver violato la legge Martelli dando lavoro a immigrati clandestini. Dice il vescovo Nogaro: «E' giusto manifestare per i seicentomila immigrati che lavorano regolarmente in Italia. Ma dobbiamo anche pen¬ sare a difendere i quattrocentomila che vivono e lavorano clandestinamente nel nostro Paese. Non possiamo certo mandarli via. E penso che una sanatoria sarebbe il modo migliore per aiutarli». Passano pochi minuti e in piazza del Popolo arriva l'eco delle dichiarazioni alle agenzie di stampa di Maurizio Gasparri, braccio destro di Gianfranco Fini ed ex sottosegretario agli Interni con responsabilità per l'immigrazione. Sanatoria? Non se ne parla, dico Gasparri. «Non basta manifestare. Bisogna regolamentare il lavoro stagionale e facilitare le espulsioni. No alla demagogia. La xenofobia si previene limitando gli ingressi e allontanando i clandestini». Sul palco ci sono i leader dei tre sindacati. Ma l'unico a parlare è Sergio Cofferati, segretario della Cgil: «Con questo governo transitorio si può affrontare il tema dogli immigrati per arrivare a soluzioni positive». Anche lui è d'accordo con il vescovo Nogaro: «La prima questione riguarda il permesso di soggiorno per chi ha già un lavoro. Questo farebbe finalmente emergere il lavoro sommerso. Ma è anche indispensabile che gli immigrati in regola possano votare alle elezioni amministrative». Al tramonto, quando i discorsi dei politici - per la verità ridotti all'osso - finiscono, la folla che gremisco la piazza si lascia finalmente andare alle note del Senegal Ritmo e la festa continua anche dopo il calar della sera. «Questa e la musica del mio Paese», dice Diop Makhtar, senegalese, venditore ambulante vicino a Livorno, in Italia dal 1989. E ondeggiando al suono della musica che rimbomba nella piazza prosegue: «Noi senegalesi, noi africani abbiamo una vocazione all'apertura verso gli estranei. Gli italiani avevano una simile vocazione e ora non ce l'hanno più. Vivo qui da sei anni e ho visto crescere l'intolleranza. Sono razzisti gli italiani? No, non sono razzisti. Sono chiusi a chi viene da fuori. Sono sempre più chiusi all'extracomunitario». Andrea di Robilant Il vescovo eli Caserta «Bisogna difendere gli immigrati che vivono e lavorano clandestinamente non possiamo scacciarli ci vuole una sanatoria» Cofferati della Cgil «concedere anche il diritto al voto» Ma Gasparri di An «La xenofobia si previene allontanando i clandestini» Duo immagini dello manifestazione contro il razzismo a Roma
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