L'ira di Scalfaro: siamo alle minacce

fi fi Vogliono trasformare il governo in un bersaglio di tiro a segno come si fa col Capo dello Stato j ij Il Presidente risponde alle accuse di Berlusconi: «Non è previsto il delitto di lesa maestà» L'ira di Scalfivo: siamo alle minacce «Schiamazzi inutili e dannosi per la convivenza civile» AREZZO. Non saranno le «minacce di chi ha intenzione di mettere, appena possibile, il Capo dello Stato sul banco degli imputati» né gli «schiamazzi inutili e dannosi» a spaventare Oscar Luigi Scalfaro. I falchi del Polo l'accusano di calpestare la democrazia e gli preannunciano la resa dei conti? Lui ribatte che, con «fermezza ed umiltà», ma anche con «grande serenità» continuerà sulla sua strada seguendo la rotta della Costituzione. «Lo Stato - ammonisce - non è un pezzo a compravendita di nessuno e di nessuna forza politica»: c'è un Parlamento che «è in piena attività e rappresenta la volontà popolare» e c'è un governo «che ha solo un mese di vita: doveva essere un esecutivo di tregua, lo si vuol trasformare in un bersaglio di tiro a segno nazionale, proprio come già si fa con il Capo dello Stato». Il Presidente, di fronte a questo plotone che spara un colpo al giorno e a nemici che intrecciano atti di «mistificazione, ignoranza, presunzione e malafede», non piega le ginocchia. Al contrario: accetta la lotta. E' uno Scalfaro appena uscito da una delle notti più diffìcili della sua presidenza quello che, ieri, giunge in visita ad Arezzo: notte rovente di polemica, ritmata sulle parole di Berlusconi che disegnano un'Italia «alla parodia della democrazia» e accusano il Capo dello Stato di «calpestare l'interesse del Paese». Notte di rabbia e di sdegno, di contatti e di telefonate con Buttigliene e D'Alema. Notte affannata: c'è chi giura che lo stesso leader progressista abbia chiamato il Cavaliere per invitarlo ad un'improbabile tregua. Stanco, il volto pallido, ma la voce ferma e sferzante, il Presidente parla nel municipio della città toscana. E' l'occasione per ripercorrere i momenti più accesi della situazione politica: la posizione del Capo dello Stato, garante di una Costituzione che non prevede il delitto di «lesa maestà» quando cade un governo, la vita travagliata dell'esecutivo Dini, la ri¬ chiesta urgente di elezioni. L'ardente autodifesa di Oscar Luigi Scalfaro incomincia con un richiamo al «profondo senso di servizio» che deve ispirare «ad ogni costo, al di là delle polemiche e delle minacce» chi ha il «compito d'essere fedele alla Carta». «Minacce» dice il Presidente usando, per la prima volta, un termine che non richiama semplici strappi al galateo politico, ma evoca un reato da codice penale. «Minacce» che, unite agli «schiamazzi inutili e dannosi per la convivenza civile» inquinano il dialogo tra forze contrapposte. Perché, è vero che la dialettica «si distingue dal rapporto personale» in quanto si può avere anche «un'accensione molto forte», ma il «rispetto della dignità umana della persona è un elemento primo di convivenza». Il che significa: Cavaliere, io non pretendo riguardi come Capo dello Stato, ma li chiedo come uomo. E, al di sopra di tutto, esigo il «rispetto della verità»: «E' un principio che non ho inventato io» è la chiosa. Quasi a sottolineare che il vero è un concetto sconosciuto a chi l'accusa. Verità va cercando, Scalfaro il censore. E la insegue nel lungo e dettaglialo passaggio che dedica al Parlamento, al ministero Dini, alla crisi dell'esecutivo Berlusconi: «Abbiamo un governo che non è un atto personale del Capo dello Stato. Io, semplicemente, ho preso atto secondo le regole imposte dalla Costituzione, che un esecutivo è andato in minoranza». E un esecutivo in minoranza, certo, «non può proseguire a governare». E', poi, non dimentichiamo d'essere in una repubblica: qui «non ò provisto il delitto di lesa maestà». Scalfaro continua a ripercorrere i suoi passi: ora doveroso; per lui, «vedere se poteva nascere un nuovo governo». E la nascita è avvenuta grazie al voto di un Parlamento che «come del rèsto accadrà per il prossimo, è espressione della volontà popolare». Nessuna dclogit- Umazione, dunque, per queste Camere che sono «in piena attività». E neppure per questo governo «che sta per compiere un mese di vita» e su cui si compie il tiro a segno: «Sono sufficienti le prime esercitazioni, non è necessario farne altre». Ma anche il Presidente spara, seppure invocando la leggittima difesa per la provocazione di un «folle»: il colpo è diretto al politologo americano Edward Luttwak il quale, l'altra sera, ha sostenuto in tv che «in Italia c'è una sospensione della democrazia». Un giudi zio che, secondo il Capo dello Stato, e segno di una vera malattia mentale: disturbi che possono essere di «danno incredibile», da cui non bisogna «farsi contagiare» e che sono finito di mistificazione. Un intreccio «di ignoranza, presunzione e malafede». Luttwak e servito. E, con lui, anche Berlusconi che, in un'intervista ad un settimanale statunitense, aveva più o meno espresso valutazioni analoghe. 11 discorso si fa meno aspro. Scalfaro sdrammatizza: questo momento non gli fa perdere né l'appetito né il sonno. Anche perché, lui, ha pensieri più lunghi: vive ogni giorno come se fosse appena stato eletto, «come se, cioè, avessi appena giurato sulla Costituzione. Ma vivo ogni giorno anche come se l'osse l'ultimo: non solo e non tanto l'ultimo di un incarico, ma l'ultimo per presentarmi, con le mie povertà, a Domineddio». Renato Rizzo fi fi Vogliono trasformare il governo in un bersaglio di tiro a segno come si fa col Capo dello Stato j ij 6&Atti di ignoranza, presunzione mistificazione e malafede Esigo il rispetto della verità p sp «Lo Stato non è a compravendita di nessuna forza politica» fi fi Vogliono trasformarin un bersaglio di tiro a scome si fa col Capo delloE CdelloCoScalqualmomsoffenoi Da sinistra: il presidente Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Cossiga e Lamberto Dini

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