Salvi i due «cristiani blasfemi» L'alta corte pakistana: non ci sono prove di Claudio Gallo

8 Sollievo per la sentenza che annulla la condanna a morte ma adesso si teme la reazione degli islamici Salvi i due «cristiani blasfemi» L'alta corte pakistana: non ci sono prove LAHORE. Un'alta corte pachistana ha capovolto il verdetto di morte per i due cristiani accusati di aver tracciato scritte blasfeme sul muro di una moschea della provincia del Punjab. Il quattordicenne Salamat Masih e lo zio Rehmat Masih, 40 anni, dopo più di un anno di carcere sono dunque salvi. Saranno presto rilasciati, anche se adesso dovranno affrontare la vendetta degli estremisti islamici che hanno minacciato ferro e fuoco se i due fossero stati prosciolti. Meno fortunato ò stato l'altro Masih, Mansoor: anche lui accusato insieme ai due parenti, ò stato ucciso a fucilate lo scorso anno da uno sconosciuto. Il caso dei «cristiani blasfemi» era salito alla ribalta internazionale, scatenando reazioni di sdegno in tutto l'Occidente e creando non pochi problemi di immagine al governo della signora Bhutto che ha dovuto impiegare tutta la sua grazia e la sua intelligenza politica per difendere il Paese dalle accuse di barbarie. I giudici Arif Iqbal Bhatti e Chaudry Khurshid Ahmed, dell'alta corte di Lahore, hanno respinto l'accusa di blasfemia per mancanza di prove. Le scritte offensive per l'Islam che i due sventurati Masih avrebbero scritto nonostante entrambi siano completamente analfabeti furono subito cancellate e i testimoni chiamati a deporre si sono rifiutati di ripeterle davanti ai giudici per non macchiarsi a loro volta di blasfemia. Inoltre, il principale accusatore, il religioso musulmano Fazle Haq, ha ritirato le sue accuse, dicendo di essere stato minacciato di morte. Il mullah ha chiesto la protezione del governo senza dire chi lo abbia minacciato. Dietro la vicenda ci sarebbe in realtà una disputa nel villaggio di Ratta Dhotran, nella provincia pakistana del Punjab. La storia, ricostruita dai giornalisti locali, ò stata raccontata dallo stesso Salamat Masih in un'intervista pubblicata l'altro ieri da un giornale locale. Rehmat e Mansoor, ha raccontato Salamat, «si rifiutavano di andare a lavorare nei campi dei latifondisti». Loro preferivano andare in cerca di lavori saltuari in città. Litigi e provocazioni si sono poi succeduti fino a sfociare nell'accusa a sfondo religioso. I «cani cristiani» furono denunciati dal «mullah» del villaggio, sostenuto dalla potente organizzazione della Jamaat-Islami (Società Islamica). Adesso l'attenzione degli osservatori è tutta puntata sui fondamentalisti: come reagiranno alla sentenza? Nei giorni scorsi, in attesa del verdetto, hanno portato migliaia di persone davanti ai cancelli del tribunale di Lahore al grido di «morte agli infedeli» e «morte a Benazir Buttilo». Il primo ministro e colpevole di essersi detta «shoccata e rattristata» dalla sentenza di primo grado, dichiarazione che le è anche valsa una denuncia per oltraggio alla corte. La legge contro la blasfemia era stata introdotta nel 1986 dal generale-dittatore Zia-ul-Haq. La maggior parte dei 130 milioni di abitanti del Pakistan sono musulmani sunniti, i cristiani sono soltanto due milioni. Il sistema giuridico pakistano è estremamente complesso: in esso convivono a fatica le norme del diritto britannico e la sharia, la legge islamica. Tornata al potere, Benazir Buttho ha evitato di abolire le norme islamiche per timore di scatenare la violenza delle fazioni fondamentaliste. Fino ad oggi sono sei le persone condannate a morte per blasfemia in Pakistan, anche se nessuna sentenza è stata ancora applicata. «Se i giudici li lasciano andare - ha detto il segretario del Jamaat-c-alile-Sunnat, uno dei gruppi fondamentalisti che ha cavalcato il caso Masih - scenderemo nelle strade per combattere i cristiani. Scorreranno fiumi di sangue». Uno degli avvocati dell'accusa ha cercato di fare appello ai sentimenti islamici dei giudici parlando di un «complotto globale» orchestrato da un fronte anti-musulmano che fa capo ai media occidentali. «Amnesty International, la Bbc e la stampa britannica sono il grande Satana che di fatto sta difendendo la causa dei Masih», ha dichiarato l'avvocato Rashid Qureshi. Secondo la signora Hina Jilani, avvocato dei Masih, il peggio deve ancora venire. «Appena i mici clienti saranno liberi, la loro vita non varrà più un soldo». Claudio Gallo Salamat di 14 anni e lo zio Rehmat erano accusati di avere scritto frasi empie su una moschea

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