IL CASO. Svelati retroscena degli anni prerivoluzionari Malinovskij, la spia che giocò Lenin
il caso. Svelati retroscena degli anni prerivoluzionari il caso. Svelati retroscena degli anni prerivoluzionari Malinovskij, la spia che giocò Lenin MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Roman Malinovskij, chi era costui? Di certo non un Cameade qualunque. Alla luce dei documenti che zampillano come sorgenti dagli archivi ex sovietici, si direbbe che egli fu il paradigma dell'agente provocatore. Perché Roman Malinovskij riuscì a mettere in trappola niente meno che Lenin. Per anni. Menandolo per il naso con infernale abilità anche quando tutto era, o avrebbe dovuto essere, chiaro come il sole. Su questa strana storia, dai risvolti spesso imperscrutabili, sta per uscire negli Stati Uniti un libro, Lenin sconosciuto, che comprenderà l'epistolario tra Lenin e Malinovskij e che è destinato a gettare nuova luce tanto sugli anni che procedettero la rivoluzione, quanto sulla psicologia dei due protagonisti: l'ingannatore e l'ingannato. Malinovskij aveva un passato quanto meno ambiguo. Quattro volte condannato per crimini comuni, comincia la sua camera politica nel 1906, diventando segretario regionale del sindacato dei metallurgici. La sua popolarità tra i lavoratori di San Pietroburgo è immensa. Forse ricattato per i suoi trascorsi, nel maggio 1910 viene annoiato dall'Okhrana, la polizia politica dello zar. E lavora bene. Stalin e Bukharin - come si scoprirà in seguito - debbono alle sue delazioni la condanna e l'esilio. In quegli anni bolscevichi e menscevichi se lo contendono. Avere Malinovskij dalla propria parte significa prestigio e consensi. Qualcuno tuttavia sospetta di lui. Nikolaj Bukharin in primo luogo. Chi invece non sospetta di nulla è Lenin, che non fa mistero di considerare Malinovskij un «eminente leader operaio». lì, quando i menscevichi Martov e Dan (dopo averlo perduto a vantaggio dei bolscevichi) cominciano a spargere la voce che Malinovskij ò un agente zarista, Lenin in persona interviene in sua difesa. Così il nostro uomo sale nei ranghi bolscevichi e, nella Conferenza di Praga (gennaio 1912), viene eletto addirittura nel Comitato Centra- le del Partito Socialdemocra'ico Operaio Russo e viene candidato per le imminenti elezioni della Quarta Duma. Lenin, ancora in esilio, lo incontra personalmente per la prima volta in quella occasione. Pochi mesi dopo, nel novembre, Malinovskij è eletto deputato e diventa capo della frazione parlamentare bolscevica nella Duma. L'Okhrana dispone di un agente cruciale proprio dentro il supremo vertice rivoluzionario. E qui cominciano le stranezze. Il ministro degl'Interni dello zar, Zhunkovskij - forse temendo l'avvicinarsi dello scandalo - gli propone di farsi silenziosamente da parte e gli offre 6000 rubli di buon'uscita (una cifra enorme per l'epoca). Ma Malinovskij, in un primo tempo, rifiuta. Forse ci aveva preso gusto, forse temeva comunque per la sua vita. Zhunkovskij allora lo «scarica» e rivela al presidente della Duma, Rodzianko, il vero ruolo di Malinovskij. Tradito dalla stessa Okhrana, Malinovskij si dimette dalla Duma e, con mossa a sorpresa, corre da Lenin, in quel momento in Polonia. Evidentemente vuole anticipare le rivelazioni che, per il momento, sono solo voci, oppure giustificarsi. In ogni caso Lenin è l'unico che può salvarlo. Ma Rodzianko ha infor- mato in modo riservato anche alcuni bolscevichi. Bukharin riesce a imporre una commissione d'inchiesta del partito, presieduta dal polacco Ganetskij e composta da Lenin e Zinoviev. Già questi nomi dicono l'importanza del «caso Malinovskij». Testimoni a carico saranno Bukharin, Rozminovich, Petrovskij, Elizarova, Romanov (anche lui risulterà in seguito essere un agente zarista). Ma prove concrete non emergono. La parola decisiva è a Lenin e la Commissione esprime piena fiducia a Malinovskij. Il 14 giugno 1914 Trudovaja Pravda pubblica una risoluzione del Comitato Centrale suH'«Affare dei calunniatori», in cui Malinovskij viene definito «l'uomo della verità» e Martov e Dan vengono bollati come «disonesti». Il povero Bukharin - che protesta per «l'evidente distorsione» della sua deposizione - verrà rimbrottato da Lenin, che lo accusa di essere «incline ai pettegolezzi». Insomma Malinovskij esce di nuovo indenne, anzi riabilitato. Passano due anni e il nostro uomo, ormai non più agente dello zar, si trova al fronte. I giornali russi pubblicano la notizia della sua morte e il primo novembre 1914 l'organo del comitato centrale II socialdemocratico pubblica un necrologio addolorato e encomiastico a firma Lenin e Zinoviev. Ma Malinovskij non è morto. E' solo prigioniero dei tedeschi, da dove riesce a scrivere a Lenin. Comincia una corrispondenza molto affettuosa, in cui Lenin gli si rivolge chiamandolo «caro amico», promettendogli ogni aiuto, mostrandogli grande stima. Proprio mentre scoppia lo scandalo nella Duma. Il deputato Markov rivela in mi drammatico intervento pubblico che Malinovskij è un agente dell'Okhrana. Non basta. Rodzianko e Martov sono nemici giurati per Lenin. Quanto basta per respingere di nuovo le accuse e ritorcerle su di loro. Lenin si fa giocare fino all'ultimo su tutta la linea. Saprà la verità solo sul treno blindato che dalla Germania lo porta a Pietrogrado. Zinoviev racconta nelle sue memorie che «alla sua indignazione non ci fu limite». Nella capitale i bolscevichi si erano impadroniti degli archivi della polizia politica e avevano trovato finalmente i «riscontri». Il 26 marzo 1917 la Pravda pubblica un trafiletto intitolato «Giuda» e firmato Kamenev. Malinovskij sa ormai di essere stato smascherato. E' all'estero, potrebbe fuggire. Invece torna a Pietrogrado. Si consegna al potere rivoluzionario. Il 5 novembre lo processano e lo fucilano. L'accusatore di Stato, Krylenko, concluse la sua arringa con queste parole: «Il nodo di questo processo si racchiude in una sola domanda: perché, essendo conscio dei suoi delitti, il provocatore Roman Malinovskij si è consegnato volontariamente nelle mani dei poteri rivoluzionari?». A quella domanda nessuno può rispondere nemmeno oggi. Giulietta Chiesa Sindacalista, dirigente bolscevico, al servizio dello Zar Qui accanto, Vladimir Lenin In alto, lo zar Nicola II
Luoghi citati: Germania, Pietrogrado, Polonia, Praga, San Pietroburgo, Stati Uniti
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