Blitz a Catania Un casinò per riciclare soldi dei boss di Fabio Albanese

Blitz a Catania Blitz a Catania Un casinò per riciclare soldi dei boss CATANIA. C'era l'apertura di un casinò, nei programmi di lavoro di Giovanni Cannizzo. Un grande, attrezzato casinò che avrebbe dovuto aprire i battenti a San Marino; fuori d'Italia, così come tutti quelli che la mafia gestirebbe, soprattutto nei Paesi dell'Est, per ripulire il denaro sporco. I giudici della Direzione antimafia di Catania confermano la cifra, mille e 600 miliardi, che Giovanni Cannizzo, arrestato lunedì mattina, aveva «spostato» nelle ultime settimane in una sola operazione. Una cifra enorme, fruito delle attività del clan Santapaola-Ercolano, estorsioni, usura, droga. Per arrivare a scoprire la vera attività dell'insospettabile signor Cannizzo, ufficialmente imprenditore edile e mediatore di affari, i giudici hanno dovuto chiedere la collaborazione di un funzionario della Banca d'Italia che fosse in grado di leggere nelle carte e nei documenti intercettati, con sofisticate apparecchiature, da uomini del Sisde. Nell'abitazione di Cannizzo, i finanzieri non hanno trovato nulla di compromettente. Il mago del riciclaggio, infatti, si muoveva con molla circospezione. Quando era a Catania telefonava da posti pubblici, cambiandoli più volte se la chiamata superava i cinque minuti. Aveva un fax, ma non lo usava in casa. Il Sisde sarebbe pero riuscito ad intercettare alcune trasmissioni dalla camera di una albergo di via del Corso, a Roma, che Cannizzo aveva eletto a suo quartier generalo. Era da lì che partivano gli ordini, poi perfezionali durante i suoi frequenti viaggi in Svizzera e Germania. Tutto avveniva con transazioni telematiche, attraverso titoli di credito e lettere di garanzia che venivano «movimentate» estero su estero. Secondo il sostituto Nicolò Marino, «solo una parte molto piccola del denaro della cosca rientrava ripulito in Italia. Il resto finiva in altri Paesi, per investimenti.). L'inchiesta apre un nuovo fronte nella lotta alla mafia e ha avuto una spinta con le dichiara/ioni di due pentiti. Tuttavia, come sottolineano gli stessi investigatori, non e conclusa e per certi versi può considerarsi ancora all'inizio. Si sospetta che vi sinno coinvolte molte altro persone, decine di piccoli imprenditori. Sono state compiute decine di perquisizioni; alcune a Catania hanno riguardato due succursali della Banca popolare di Novara. Secondo i giudici, comunque, non è ancora detto che Cannizzo lavorasse solo per conto della mafia catenese: «Lasciamo aperta la possibilità che potesse operare anche per altri - dice il giudice Marino - allo stato è certo però che lavorava per la famiglia catanese di Cosa nostra». Potrebbe esserci anche una pista che porta ad ambienti massonici. Cannizzo è sposalo e padre di tre figli: ««Siamo esterrefatti - dicevano ieri i familiari - perché abbiamo sempre vissuto del nostro lavoro». Uno dei figli, Franz, è presidente dei Giovani industriali di Catania; un altro, Carmelo, gestisce con la madre, Salvatrice Libra, una profumeria che si trova a pochi metri dalla pasticceria di Pippo Licciardello, uno dei due pentiti che hanno raccontato ai giudici la «mafia spa». Fabio Albanese

Persone citate: Cannizzo, Giovanni Cannizzo, Libra, Licciardello, Nicolò Marino