Pentito il capo della mafia del Brenta L'incubo del carcere duro fa arrendere Maniero

Pentito il capo della mafia del Brenta Pentito il capo della mafia del Brenta L'incubo del carcere duro fa arrendere Maniero Prime confessioni, catena d'arresti Superprotette la madre e la fidanzata VENEZIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Faccia d'Angelo si è pentito. Il boss della malavita della Riviera del Brenta Felice Maniero, quel biondino col foulard e l'aria da guascone che sfidava le telecamere dopo la cattura a Torino, sta collaborando con i giudici antimafia. Era stato ripreso dopo una rocambolesca evasione, a suon di telefonini cellulari e guardie carcerarie comprate, il 14 giugno dal penitenziario di Padova. Aveva trascorso 5 mesi di latitanza, preparando quella che avrebbe dovuto essere la fuga definitiva: una nuova vita magari in un paradiso tropicale, forte di un enorme conto depositato in diverse banche estere, ma debole ormai per la decimazione a suon di arresti di quel che rimaneva della sua banda. Mancava un soffio per trasformarsi per sempre in un imprendibile, ma sono arrivati prima gli agenti, seguendo ironia della sorte un telefonino, quello della sua compagna, bella e incauta. Dopo l'arresto, Faccia d'Angelo aveva sfoggiato il suo solito sorriso: tutti vi avevano letta la solidità del boss che non si preoccupa mai, la sicurezza di chi conia presto o tardi di riuscire a evadere di nuovo. Invece Maniero fingeva. Sapeva bene che per lui si sarebbero spalancate le porle di un supercarcere: immediatamente, quello di Cuneo, più avanti, magari l'Asinara, come per il capo dei capi di Cosa nostra Totò Riina. Un sostanziale regime di isolamento: limitatissimi colloqui con i familiari, rarissime ore d'aria, nessun contatto con gli altri detenuti e dunque - con l'esterno, cioè con la banda da tenere insieme. Insom- Felice Maniero boss pentito ma, una vita da sepolto vivo. Con l'organizzazione praticamente smantellata, cento arresti eseguiti negli ultimi tre mesi, e la certezza ormai di avere perso da un lato il controllo del territorio e dei traffici, dall'altro persino il futuro, con una condanna a 33 anni da scontare e una serie di processi. E allora, ecco l'ultima pensala: prepararsi una nuova vita, dunque programma immutalo, ina passando dall'altra parie della barricata. Cioè collaborando con la giustizia. Ha ingaggiato ad assisterlo un avvocato di fama e di prestigio, Giuliano Spazzali, il difensore di Cusani al processo Enimont. Ha fallo sapere alla Dda, la Direzione distrettuale antimafia, che aveva intenzione di parlare. E cosi, da qualche settimana, Faccia d'Angelo affida le sue preziose memorie sulla grande «impresa del crimine» della Riviera del Brenta vent'anni costellati di delitti, di sequestri, di rapine, di traffico di droga e di armi, di bische, di prostituzione - ai verbali del giudice Antonio Fojadelli. Ora è detenuto nell'infermeria del carcere di Opera, a Milano, superproletio. Superprotetti sono anche i familiari più sirelti, la madre Lucia Carrain e la sorella Nomila, che vivono nella villa bunker di Piove di Sacco, e poi la sua compagna Marta Disello e i due figli Elena e Alessandro. E prima o poi, grazio proprio alle informazioni che sta fornendo alla giustizia su molli di quei crimini insoluti, Felice Maniero potrebbe conquistarsi il «buen retilo» che cercava, in una località segreta, con i soldi passati dallo Stato in base alla legge sui pentiti della malia. Un'uscita di scena da perfetto opportunista. Maria Lollo Felice Maniero, boss pentito

Luoghi citati: Cuneo, Milano, Padova, Piove Di Sacco, Torino, Venezia