Sul rischio Vesuvio scontro di vulcanologi

PROTEZIONE CIVILE PROTEZIONE CIVILE Sul rischio Vesuvio scontro di vulcanologi m IL geografo Strabone nel primo secolo avanti Cristo riteneva che il Vesuvio fosse un vulcano spento. La disastrosa eruzione del 79 dopo Cristo che distrusse Pompei, Ercolano e Stabia mostrò che si era sbagliato di grosso. Il più celebre, e studiato vulcano del mondo non dà segni di vita dal 1944 e la gente che vive ai suoi piedi sta dimenticando la minaccia che la sovrasta. «Non abbiamo alcuna possibilità di dire quando si verificherà la prossima eruzione, ma siamo certi che prima o poi succederà» ha scritto recentemente Franco Barberi dell'Università di Pisa, il vulcanologo diventato famoso per aver deviato la lava dell'Etna nell'ultima eruzione. «L'eruzione attesa per il Vesuvio - spiega - è di tipo esplosivo». «Un'eruzione di questo tipo può distruggere in alcuni minuti tutte le città che si trovano entro un raggio di 10 chilometri dal cratere» sostiene Giuliano Francesco Panza dell'Università di Trieste. Avvertimenti ribaditi nel corso di un convegno organizzato di recente a Napoli dalla rivista Teknos per ricordare una situazione che la coscienza collettiva sembra voler rimuovere, e di cui l'espansione urbanistica e lo sfruttamento turistico non tengono conto. Secondo Giuseppe Luongo, ordinario di fisica del vulcanesimo all'Università di Napoli, uno dei più attenti studiosi del vulcano, in Italia non esiste un problema di protezione civile più grave di quello associato a un'eruzione del Vesuvio: potrebbe distruggere totalmente un'area con un raggio di 8-10 chilometri dal cratere. Un'area nella quale vivono almeno 700 mila persone e intorno alla quale ne gravitano altri 2 milioni. Quando avvenne l'eruzione del 79 dopo Cristo il vulcano dormiva da tempo immemorabile; quella meno disastrosa ma sempre imponente del 1631 era Le eruzioni del Vesuvio sono di tipo esplosivo e minacciano milioni di persone eare che ulcai un n cui ogia oloo del reafugi, pia evi una ni di mici i ur. In ssu l'eni al d gliaia di persone sulla base di dati non univoci? E dove collocare queste persone? Saranno disposti gli abitanti della regione minacciata a lasciare le loro case? Chi e quando deve dare l'ordine di sgombero? Per dare una risposta accettabile a queste domande Dobran ritiene necessario creare per l'area vesuviana quello che chiama un «simulatore vulcanico globale» come base di un modello interdisciplinare in cui interagiscano la metodologia scientifica tradizionale (geologia, geofisica, monitoraggio del vulcano) e l'ingegneria (creazione di barriere, canali, rifugi, strade come vie di fuga), la pianificazione territoriale che eviti che sul vulcano si installi una popolazione di alcuni milioni di persone, incentivi economici per guidare gli insediamenti urbani nell'area interessata. In questo quadro dovrebbe assumere un ruolo importante l'educazione delle popolazioni al rischio per ridurre il panico durante le eruzioni future. Tutto ciò dovrebbe rendere realizzabile un'evacuazione selettiva invece di una problematica evacuazione di massa. Questo piano interdisciplinare, denominato «Vesuvius 2000», è stato proposto da Dobran attraverso l'associazione «Global Volcanic and Environmental System Simulation» alla Commissione Europea. stata preceduta da circa cinque secoli di letargo. Più passa il tempo più il vulcano si «carica». Oggi il condotto magmatico è tappato e il cratere è ostruito dai detriti; a una profondità di 4-5 mila metri c'è un serbatoio di magma che anno dopo anno si va sempre più dilatando e riempiendo mentre la pressione della lava e dei gas cresce. La Protezione civile sta lavorando a un piano di emergenza che ipotizza un'eruzione entro 1020 anni; piano che dovrà essere aggiornato continuamente proprio perché il trascorrere del tempo cambia la situazione e quindi il tipo di eruzione possibile. Gli esperti ritengono che il piano debba basarsi sull'ipotesi di un'eruzione analoga a quella del 79 d.C. ma di minore energia. «Questa scelta può considerarsi ragionevole - secondo Luongo - ma nessuna analisi statistica, effettuata sui dati disponibili da un attento studio della storia eruttiva del Vesuvio, sostiene che lo scenario scelto sia il più probabile». Questo è il dramma: la storia, le statistiche, gli stessi segnali premonitori servono a poco. «Sulla base delle statistiche non si può prevedere il futuro perché ogni eruzione cambia il vulcano; e nessuno può sapere se, ad esempio, un terremoto sia il segnale del risveglio del Vesuvio o non piuttosto normale attività tettonica di un'area fortemente instabile» dice Flavio Dobran, professore di scienze fisiche alla New York University, da anni trapiantato in Italia. L'approccio degli studi geologici tradizionali, secondo il vulcanologo americano, non è sufficiente. Come si può pensare di evacuare centinaia di mi¬ Vittorio Ravizza

Persone citate: Flavio Dobran, Franco Barberi, Giuliano Francesco Panza, Giuseppe Luongo, Luongo, Vittorio Ravizza

Luoghi citati: Ercolano, Italia, Napoli, Pompei