Ha inventato lo stile «urbano»
Ha inventato lo stile «urbano» Ha inventato lo stile «urbano» la lotta di classe, sono occupati a passare da un letto all'altro delle disinibite ragazze del villaggio. Nell'unica assemblea dei membri della comune, mentre il segretario di partito tiene il suo comizio, i presenti non gli prestano attenzione, ciascuno pensa ai propri lavori e la riunione termina con una scazzottatura tra studenti per motivi che esulano dalla politica. Quanto alle violenze, ci sono, e non solo verbali, ma il più delle volte sono vendette per regolare i conti in materia di coma. Il romanzo è in prima persona e narra le vicende tra il sentimentale e l'erotico di Mao Di, il dottorino di città spedito a Vico dei Mai, un villaggio di pescatori e di venditori FROMA ORSE avrei fatto meglio a vivere in una tribù indiana», sospira un po' autoironico Elémire Zolla che, da qualche anno, ha abbandonato Roma e si è rifugiato a Montepulciano. Che il rifugio ideale sia la cittadina toscana, una tenda da pellerossa, un piccolo villaggio giapponese, un tempio buddista, un reliquiario tibetano, l'India, Bali, la Cina o la Birmania, tutte culture e Paesi che ben conosce, Zolla è sempre stato un po' straniero in patria. Stimato da Mario Praz - non è un caso che una particolare affinità l'avesse proprio con il «satanico» anglista - Zolla fu chiamato da lui all'insegnamento di angloamericano: prima a Genova, poi a Catania ed infine a Roma negli Anni 70. E c'è, ancora, chi ricorda la riprovazione che si dipinse sui volti dei colleglli dell'Istituto di inglese quando si sparse la notizia che proprio il «destrorso» Zolla stava per arrivare a coprire il posto vacante. L'autore di «Archetipi», dall'aria assorta e lievemente medianica («vampiresca», sussurrava qualcuno in epoche passate), ha rilasciato una lunga intervista autobiografica al giornalista Doriano Fasoli (Un destino itinerante. Conversazioni tra Occidente e Oriente, in uscita da Marsilio). A Torino, città dov'è nato da madre inglese e dal pittore Venanzio Zolla, aveva cominciato a coltivare le sue fatali attrazioni, bighellonando per maghi e fattucchiere. E aveva iniziato prestissimo gli studi che lo porteranno hi giro per il mondo e ad avere tanti singolari maestri come l'insegnante di kabbalah e hassidismo Abraham Heschel, Yasusaburo Sugi di filosofia zen, un docente sciita a Isahan per i misteri dell'alchimia. Un periodo di grande successo anche di pubblico Zolla lo ebbe alla fine degli Anni 50 quando fece uscire «L'eclisse dell'intellettuale». Il sarcastico Flaiano gli ribatteva con un famoso epigramma: «Elémire Zolla preferisco la folla», ma intanto Zolla era l'astro nascente del panorama culturale, corteggiatissimo e ammirato da molti, tra cui Alberto Moravia, con cui firmò l'antologia «I moralisti classici». Appena però sfumò la sua noto¬ di stuoie intrecciate costretti, con gli studenti e in baso allo slogan «In agricoltura imparare da Dazhai» (la comune dello Shanxi indicata come modello), a fare i contadini in una zona per niente adatta alle coltivazioni. Mao Di è poco portato per il lavoro manuale, preferisce fare il playboy che insidia le giovani contadine e queste ultime non si fanno solo desiderare. La visione di Mang Ke riguardo i dieci anni di bufera ideologica è riduttiva. Le generalizzazioni sono spesso fuorviatiti: ci sono state guardie rosse aguzzini e guardie rosse complici delle vittime; ci sono testimonianze su casi di cannibalismo, ci saranno stati sicuramente fenomeni di gallismo. Più remota nel tempo è la Rivoluzione culturale nei racconti di Xu Xing, Quel che resta è tuo, ultimo titolo del progetto di letteratura cinese contemporanea delle Edizioni Theoria (trad. di Antonella Ceccagno, Theoria, pp. 190, L. 22.000). Xu Xing è pechinese. Ha incominciato a scrivere nel 1981 e a pubblicare nel 1985 inaugurando un nuovo filone: la letteratura urbana. I racconti, fortemente autobiografici, rispecchiano esperienze di alterità e di emarginazione. I personaggi sono i giovani metropolitani, ribelli, irresponsabili, con difficoltà di rapporti con le persone e le istituzioni. Spaesati e irriquieti, in un Paese in rapida trasformazione, tra sacche di po¬
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