LA BELLEZZA DEL DIAVOLO

LA BELLEZZA DEL DIAVOLO LA BELLEZZA DEL DIAVOLO Giorni maledetti, di un poeta DARIO Bellezza, in Nozze col diavolo, ha voluto, in fondo, reinventare il romanzo di formazione, molto mescolando le carte attraverso il gioco della memoria che si intreccia con le vicende di iniziazione alla vita e alla poesia, e vi inserisce improvvisi vuoti, ritorni indietro, correzioni del già raccontato, commenti, considerazioni, e soprattutto le occasioni per ripetere la narrazione degli avvenimenti, ma sul piano della visionarietà, del delirio, dell'incubo ritornante, ossessivo. Il filo che collega, più o meno visibilmente, gli episodi del romanzo è quello della vocazione alla poesia. Qui è la diversità vera del protagonista rispetto alla famiglia e al mondo: la decisione, fin dall'adolescenza, di fare il poeta, contro la volontà della madre, che respinge con disgusto la prospettiva di una scelta del genere, per lei insensata e inconfessabile nella buona società di cui fa parte; e allora lo scontro con la madre finisce a diventare un luogo tematico portante della narrazione, fino alla conclusione del romanzo. L'omosessualità, d'altra parte un poco incerta e contraddittoria, è, in qualche modo, la conseguenza dell'altra proclamata diversità, quella del poeta. E i veri episodi, nella seconda parte, di voluta e ben determinata degradazione della vita, in ambienti miserabili, a contatto con la droga, fra persone abiette oppure segnate dalla morte, con il protagonista vittima di furti, di violenze, di incubi, di inganni, non sono altro che l'estrinsecazione della volontà di adeguare l'esistenza all'ideale di poesia maledetta, nella quale arte e vita si confondano e identifichino, e l'una sia vissuta in funzione dell'altra, così come la scrittura nasce dall'uscita dalle regole della decenza anche sociale, dal vivere in alberghi polverosi, in poveri alloggi, in stagioni inferme. La prima parte del romanzo è dedicata all'estate in campagna del protagonista, presso i parenti contadini, poveri mezzadri di un padrone autoritario e autorevole, come punizione per essersi fatto bocciare a scuola e per tenerlo lontano dai continui litigi fra padre e madre, sull'orlo della separazione. La vita presso zii e cugini si svolge fra indifferenza, rabbia, dispera zione per la lontananza da Ro ma e per la solitudine, immersione nella natura intorno al lago di Bolsena dove si trova, un misto di interesse e di insopportazione per i rapporti oscuri e violenti fra i parenti, che il quindicenne protagonista non può evitare di conoscere per le frequenti scenate e per le spiegazioni di Martino, che è stato in manicomio ed è considerato ancora un poco pazzo. Ma c'è, venuto dalla città, anche un altro cugino decenne, Argento, sul quale il protagonista concentra la sua attenzione in un misto di protettività e di attrazione sessuale, di seduzione e di cameratismo nell'immersione nella natura. I La vita in campagna è interrotta dalla morte di Teresa, una giovane cugina, che convive con Fazi, il padrone delle terre, ma ha avuto un figlio probabilmente dal fratello, morbosamente geloso di lei, fino a spingerla ad annegare nel lago (e al delitto assistono il protagonista e Argento, che non diranno nulla, e in seguito, la scena di violenza e di morte si trasformerà in una specie di incubo e il colpevole sfumerà i suoi tratti fino ad assumere quelli dell'altro fratello pazzo, e il delitto stesso sarà cancellato come disgrazia). La seconda parte del romanzo riguarda un periodo molto posteriore, ed è soprattutto il racconto del rapporto con la nonna, presso la quale il protagonista è andato a vivere, ricca, appassionata di cavalli, bizzarra; con la madre, che è sempre fortemente agonistico; e con il cugino Argento, amato e odiato, ricercato e fuggito, temuto e subito. Argento si è andato sempre più proponendo come il corruttore di coloro che egli riesce &d attirare nella propria orbita. Si droga, si prostituisce, trascina nella degradazione e nella morte una scrittrice conosciuta dal protagonista presso Fazi, nella campagna dell'adolescenza, e costituisce l'ossessione continua del protagonista stesso, che pure ne sa l'abiezione. Il diavolo del titolo del romanzo è proprio lui, Argento, ma è anche il tramite della vocazione alla poesia, che passa per il rapporto che il protagonista ha col cugino, significativamente destinatario della lettera con cui si conclude il romanzo e che è la confessione di amore e odio, di accuse e di impossibilità di distacco, perché Argento ha in sé il fascino dell'autodistruzione e della morte cioè della poesia. Bellezza raggiunge i risultati più intensi là dove l'ambiguità di sogno e angoscia, di visionarietà e di memoria, meglio domina la pagina; e sono anche i momenti in cui più acutamente sono descritti i disfacimenti della vecchiaia dei corpi, le morti, gli alloggi o i luoghi che i morti hanno lasciato e che sembrano stranirsi e fluttuare come per la loro presenza non del tutto cancellata. La miseria e il disgregarsi delle cose vengono così a proporsi come i simboli del male; e la poesia vi è legata, dolorosamente. Il rischio è la fuga del discorso nel lirismo, che si compiace di un maledettismo romantico pronto a sfociare nel patetico del lamento del protagonista su se stesso, sui propri fallimenti, sui propri dolori e fervori così vanamente sofferti, sui propri errori, sui propri rimorsi, fino all'esibizione dello strazio del cuore. Vita e letteratura finiscono allora per coincidere troppo chiaramente, e la scrittura, tanto sapiente e calcolata, si fa eccessivamente molle, grondante di lacrime e di orrore, quasi per una richiesta eloquente al lettore di comprensione e di pietà. Giorgio Bàrberi Squarotti Dario Bellezza Nozze col diavolo Marsilio pp. 174. L. 28.000

Persone citate: Argento, Bellezza, Dario Bellezza, Diavolo Giorni, Fazi, Giorgio Bàrberi Squarotti