JUNGER, UN AMULETO PER FERMARE IL TEMPO

JUNGER, UN AMULETO PER FERMARE IL TEMPO JUNGER, UN AMULETO PER FERMARE IL TEMPO «L'orologio a polvere»: il mondo minuto per minuto ERNST Jùnger ha il tempo dalla sua. Anni e decenni non lo scalfiscono. Manca un mese al suo centenario e lui ha tutta l'aria di voler far sul serio e lasciarsi dietro ancora una manciata di lustri. Il mistero c'è e forse stavolta si vede. Basta prendere in mano II libro dell'orologio a polvere, che Adelphi propone nella godibilissima traduzione di Alvise La Rocca e Giancarlo Russo per capire che si tratta di un amuleto contro la propria e altrui decadenza. Jiinger lo scrisse negli Anni Cinquanta, forse pensando di guadagnarsi le simpatie di Crono, forse per esorcizzare l'inesorabile ticchettio delle ore, E il colpo gli è riuscito a meraviglia. Del resto, per imbrigliare il tempo, quale astuzia migliore se non descriverne e studiarne gli strumenti di misurazione? Così lo scrittore tedesco si è infilato in biblioteche e archivi, ha vestito i panni dello storico, del filosofo, dell'erudito e ne ha tratto una sorta di romanzo dell'orologio. Non di sola clessidra si vive e si muore. La storia dell'uomo è un arsenale, una fabbrica di portenti, un laboratorio alchimistico come in certe tele secentesche di David Teniers il Giovane. Nel corso dei secoli si sono accumulate trappole sempre più sofisticate per regolare il flusso di minuti e secondi. La misurazione del tempo cela il segreto proposito di dominarlo. Ed ecco all'opera orologi ignei, solari, a olio, ad acqua, a polvere. Cosmici e tellurici, planetari e da taschino, arborei e floreali. E poi, infine, l'orologio meccanico: la prima macchina che dà l'avvio al tempo della modernità, con un ritmo sconosciuto alla natura, astratto, razionale. Micro e macrostrutture che producono tempo, fino ai silenziosissimi orologi atomici e a quarzo. In questa fitta galleria di oggetti curiosi e seducenti si intreccia un dialogo fra epoche e individui, si stratifica un'unica ossessiva idea: capire il tempo per vincerlo. L'uomo delle origini sta accanto all'egiziano e al babilonese, la Roma antica si avvicina all'Oriente, Vitruvio a Galilei, Digione o Milano a Augusta. A ogni latitudine e in secoli lontani fra loro, il cuore dell'uomo pulsa con il fluire della vita e gli orologi restano la drammatica testimonianza di una perdita irre parabile. Jùnger compone una sinfonia del tempo non con gusto antiqua ECCOCI, in quattro, nello scompartimento di un rapido, e nessuno sa nulla dell'altro. Fra poche ore arriveremo, probabilmente non ci vedremo più: come se ciascuno di noi, per tutti gli altri, non fosse esistito mai, non fosse nato nemmeno». Le congetture di questo passeggero suggeriscono il ritmo spietato della vita, la patina di disillusa malinconia che pervade le pagine di Piccola memoria, raccolta di brevi prose giornalistiche di Carlo Laurenzi apparse tra il 1989 e il 1993. Allievo di quel raffinato francesista che fu Pietro Paolo Trompeo, Laurenzi possiede il dono dello stile, di un linguaggio mosso e sinuoso, ma sempre cristallino, che gli permette di fondere con estrema naturalezza il giudizio nella descrizione. Il gusto della divagazione colta, l'elegante ironia e il pudore dell'intelligenza fanno di lui un maestro dell'elzeviro moderno, alieno dai manierismi della prosa d'arte e capace di catturare il lettore con il tono colloquiale, disteso della scrittura. Note di costume, ritratti di personaggi e scorci di paesaggi e di ambienti disegnano il quadro di un'Italia del dopoguerra che sembra lontanissima da quella di oggi, e forse lo è. Laurenzi, che non sopporta il cat- tallonano senza sosta, e chissà che un giorno non ci tocchi evadere da questo universo ticche tacche come fece quella signora parigina, di cui qui si favella, che traslocò dal proprio appartamento perché un orologio da torre, nelle vicinanze, batteva i quarti e «divideva la sua vita in troppi pezzi». Comunque anche l'orologio meccanico accende la fantasia di Jùnger. Il nemico della modernità è come incantato di fronte ad un'invenzione che definisce più rivoluzionaria della polvera da sparo, della stampa e della macchina a vapore. E' affascinato dal tempo astratto che solo la mota e il rotismo hanno reso possibile. Pensa con religioso rispetto ai suoi possibili inventori: da Guglielmo di Hirsau a Gerberto di Aurillac, futuro papa Silvestro II, fino a Heinrich von Wieck. E nel suo entusiasmo ci trasmette il senso di mistero che anche un meccanismo sa dare, e che qui scaturisce da «un movimento fino ad allora ignoto, un ritmo che fino ad allora nessuno aveva mai udito». Quel ticchettio e i suoi automatismi sembrano investire come un'energia demonica 'intero universo depositandosi fra le pagine di Poe e di Hoffmann. Del resto non si dimentichi che per l'uomo felice le ore non scoccano mai. Orologi e felicità sono nemici fra di loro. Si sa, lo scorrere del .fùnger visto da Genovese. feqpgii trcgmvzdvascbspvtacmmvss Di tempo, misurato e rio, ma con la magia dell'evocatore. Lui, creatura secolare, scende nelle atmosfere plumbee e vischiose dei primordi e passeggia fra i millenni come uno di quei viaggiatori che nell'Ottocento scalava montagne, visitava musei, frequentava bettole e mercati. Il risultato non è un inventario o un catalogo, ma la voce diretta delle cose, l'impronta palpabile, il respiro segreto del mondo. Fin dalle più remote stagioni della terra, quando l'uomo non misurava il tempo, ma lo stimava con vaga approssimazione in ritmi ciclici. E poi su ai primi gnomoni: cioè un bastone, un obelisco, qualsiasi oggetto verticale, la cui ombra serviva a misurare la posizione del sole. Uno lo si può ancora ammirare nella chiesa di Saint-Sulpice a Parigi e di altri possiamo leggere in queste pagine, col rischio, alla fine, di chiedere a un passante, come s'usava allora: «Che ombra è?». Di tempo, misurato e non, ne è passato molto. Eppure proprio i nostri supercronometri, sofisticati imbrigliatoli di secondi, ci rendono così piacevole la lettura di questo straordinario libro. Perché il suo fine, che nasce da un antico vizietto del buon Jùnger, cioè l'anticapitalismo romantico, è l'elogio del tempo elementare e naturale segnato dai vecchi orologi a polvere. Non c'è demonizzazione del mondo moderno, ma il richiamo a un tempo interiore che sappia dilatarsi a piacimento: ore di raccoglimento e di riflessione (del resto il termine francese horloge contiene anche le home, che erano ore di preghiera). I nostri ritmi moderni legati alla più ferrea automazione sono invece espressi dal movimento dell'orologio meccanico, dal ticchettio dei nostri impegni, dalla puntualità come forma di nevrosi. La vita si spezzetta in mille segmenti, in ossessive unità che ci

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