Gabriella non s'incendi così anche alle stranezze c'è un limite di Alessandra Comazzi

r- TIVÙ' & TIVÙ' g#ra Gabriella, non s'incendi così anche alle stranezze c'è un limite CARA Gabriella Carlucci, non se la prenda se domenica su Canale 5 non si è incendiata, non sia così delusa se il suo esperimento è riuscito soltanto a metà, se invece di trasformarsi in una palla di fuoco, come avrebbe voluto, ha soltanto tirato una bella respirata al catrame. Non se la prenda e stia tranquilla, si rilassi un po', suvvia, non faccia quella faccia così terrea e contratta. L'altro giorno il pubblico aspettava e, aspettando, riconosceva la sua forma fisica e il suo coraggio. Ma, cara Gabriella, ne vale la pena? Vale la pena per la televisione, per l'ascolto (che oltre tutto non fa nemmeno una piega e resta più o meno sempre lo stesso), per i servizi sui giornali, fare tutte quelle stranezze? Lei in fondo è una conduttrice, non lavora mica in un circo. Prossimamente «spingerà al massimo» i cosiddetti «vip» facendoli camminare sui muri, chissà: questo deve voler dire che considera queste prove come nuove frontiere dello spettacolo, del varietà televisivo. E non ha tutti i torti. Il varietà televisi- 1 vari I tutti vo tradizionale non esiste più, e non ha lasciato spazio a niente che sia ben definito. Concediamoci uno sguardo nostalgico rivolto al passato, e ricordiamo, per dire, «La biblioteca di Studio Uno», dove il Quartetto Cetra si esibiva in un genere classico anche per il cinema (basta ricordare Totò e Franco Franchi con Ciccio Ingrassia): la parodia (rivisitata ultimamente proprio da Canale 5 con «I tre moschettieri». Si prendeva un bel romanzo, un conosciutissimo classico («Il conte di Montecristo», «Il dottor Jekyll e Mr. Hyde» «Il fornaretto di Venezia», «La Primula rossa») e se ne faceva il verso, usando molto canzoni altrettanto classiche e adattate alla bisogna. Nel «Conte di Montecristo», a esempio, l'abate Faria cantava: «Faria, io sono l'abate Faria», sull'aria di «Maria» di «West Side Story»). Quello era un kolossal: 160 attori e cantanti, 1500 comparse, 400 motivi musicali riadattati, 150 ambientazioni scenografiche, tutte realizzate nello Studio Uno di via Teulada. Altri tempi, tempi di mono¬ polio, molto denaro da spendere. Adesso di soldi se ne spendono ugualmente tanti, il varietà è sempre il genere più costoso, ma caratterizzato soltanto da una serie di ospiti o un insieme di numeri di altri genere. Avanspettacolo, come nel caso di «Champagne», o di circo, o di prodezza, come con lei, Gabriella. Giustamente può fare tutte le prove che vuole, ci mancherebbe, ma non consideri come una sconfitta il non prendere fuoco davanti alle telecamere. Almeno siamo sicuri che non è tutto falso, come con l'ipnosi del suo concorrente della domenica Giucas Casella: lui realizza in pochi secondi quello che gli altri ipnotisti, magari coloro che con l'ipnosi fanno terapia, riescono a conquistare in settimane di sedute e di lavoro. Cara Gabriella, perché ci vuole stupire con altri effetti speciali? Perché vuol correre il rischio che il pubblico si chieda, ad ogni suo esperimento: chissà che cosa tira fuori adesso, quando mai la smetterà? Una spettatrice affezionata. Alessandra Comazzi

Persone citate: Ciccio Ingrassia, Faria, Franco Franchi, Gabriella Carlucci, Giucas Casella, Hyde, Jekyll

Luoghi citati: Venezia