Una cerimonia senza «glamour»
Una cerimonia senza «glamour» FISCHI Una cerimonia senza «glamour» Fischi e deplorazioni («Buuu... buuuu...») per il vincitore Bertrand Tavernier allo Zoo-Palast, nella serata finale dei premi. Il regista francese (giacca di lana marroncina, niente cravatta, camicia bianca aperta sul collo e sul petto grassi) non si scompone: «Fischiate? Con G. B. Shaw dirò: non sono d'accordo con voi, ma che posso farci?», poi disinvolto minaccia: «Ci vediamo l'anno prossimo». Fischi e deplorazioni pure per Richard Linklater, regista americano di «Before Sunrise», che dalla contentezza pare tarantolato: oscilla, si dondola, balbetta. Gli attori vittoriosi, Paul Newman e Josephine Siao, non ci sono. Non si fanno vivi William Hurt e Harvey Keitel. Gli italiani salgono sul palcoscenico in sei a ringraziare per la menzione a «Colpo di luna» («Grazie alla giuria per aver creduto alla nostra pazzìa») e tutti e sei parlano al microfono; i cinesi di «Rosso» si presentano in cinque; Ethan Hawke sbadiglia. Il direttore De Hadlen cerca la pacificazione con i molti che hanno criticato il FilmFest: «Non esistono festival perfetti né film perfetti, al giorno d'oggi; ma ce ne sono di interessanti». L'unica sexy, scollata, sagomata, strizzata, è un'attrice messicana. Gli unici eleganti sono i musicisti in frac della Filarmonica Brandeburghese che accompagnano la proiezione conclusiva di «Asphalt» di Joe May, 1929. Per il resto, Berlino-look: visoni e Reeboks, impermeabili e pizzo viola, demoniette in nero con leggeri cerchi d'oro infilati al labbro superiore, grossi bicchieri di plastica d'acqua minerale e birra in sala e in platea, insistente, il fatale squillo dei telefonini.
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