La fabbrica dei presidenti di Mario Ciriello

Compie un secolo la London School of Economics: dalle sue aule sono usciti leaders come Kennedy e Trudeau Compie un secolo la London School of Economics: dalle sue aule sono usciti leaders come Kennedy e Trudeau dei presidenti L| LONDRA / 8 luglio 1895 una breve notizia sul London Echo annunciava ai lettori: «Fra I pochi mesi, in ottobre, si assisterà ad un'iniziativa che, con il tempo, potrebbe dar vita a una delle più importanti istituzioni inglesi della Nuova Era». In realtà, più che un'informazione era un «soffietto». Il proprietario-direttore del London Echo, John Passmore Edwards, era un amico di Sidney e Beatrice Webb e voleva battere la grancassa per un loro progetto, per un embrionale centro di studi, una School of Economics. Ma il «soffiétto» si rivelò profetico. Oggi la London School of Economics festeggia il suo centenario coperta di onori e di gloria, acclamata qui, Oltremanica ed Oltreatlantico. Il mondo della cultura la ricorda come uno dei tre «crogiuoli di idee» insieme con Oxford e Cambridge, durante il XX secolo: e ammira l'intelligenza ed il dinamismo con cui si appresta ad affrontare le sfide del XXI. Le celebrazioni vere e proprie cominceranno in giugno, con la pubblicazione della prima storia della School, un volume scritto da Lord Dahrendorf, che dell'Università fu rettore dal '74 all'84. Ma l'atmosfera è già quella delle grandi occasioni. Oratori illustri si susseguono al podio, studenti e pubblico, che hanno appena applaudito le Centenary Lectures dell'americano Lester Thorow, del Massachusetts Institute of Technology, e dell'arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, accoglieranno in marzo speakers tedeschi, giapponesi, israeliani, russi. Organizzatissima la School nel cuore di Londra, a metà strada tra Westminster e la City, ha perfino inaugurato una Centenary Events Helpline (0171-955.6100), una specie di numero verde, con le ultime informazioni per chi desideri visitare l'istituto durante il '95, il suo annus mirabilis. Nel '92 la rivista Economist ironizzava sulla mancanza di spazio alla London School, i cui locali sono da tempo insufficienti, e scriveva: «Sono costretti a tenere negli sgabuzzini per le scope i molti luminari che hanno vinto un premiò Nobel». Cinque docenti dell'università sarebbero dunque finiti nei bugigattoli, tutti Nobel per l'economia: Sir John Hicks insignito nel '72, FA. Hayek nel '74, James Meade nel '77, Sir Arthur Lewis nel '79 e Ronald Coase nel '91. L'albo dei suoi insegnanti è una galassia di celebrità: Sir Raymond Firth, Morris Ginsberg, T.H. Marshall, Harold Laski, Michael Oakeshott, Sir Karl Popper, Lord Robbins, R.H. Tawny, Richard Titmuss; nonché William Beveridge, il padre del Welfare State, che della London School fu ret¬ tore fra le due guerre. Non meno scintillanti le liste degli allievi. Alcuni nomi a caso: J.F. Kennedy, l'ex premier canadese Pierre Trudeau, il senatore americano Patrick Moynihan, il superfinanziere George Soros, e - non dimentichiamolo Mick Jagger; il leader dei Rolling Stones. Fra gli ex allievi italiani spiccano nomi di alta attualità. Romano Prodi, che qui studiò fra il '62 e il '63, e Carlo Scognamiglio. Furono dunque i coniugi Webb, Sidney e Beatrice, i fondatori del Fabianismo, a mettere al mondo, cento anni fa, la London School of Economics. Il Fabianismo - occorre ricordare - era un socialismo super-riformista, che credeva nell'«inevitabilità della gradualità». (Perché Fabianismo? Dal nome del generale romano Quinto Fabio Massimo, il Temporeggiatore). I proseliti della Fabian Society, nata nel 1884 e che mai furono più di 2000-3000, disdegnavano, da bravi inglesi, le maestose speculazioni teoriche, erano convinti che soltanto riforme «pratiche e precise» sarebbero penetrate nella società e avrebbero «permeato le istituzioni». I critici di destra e di sinistra dileggiavano i loro progetti, canzonavano il loro «socialismo del gas, dell'acqua e delle fogne» e l'influenza diretta della Fabian Society fu in realtà modesta, ma il Fabianismo creò un certo modo di affrontare le questioni sociali che ispirò per quasi un secolo la politica britannica. E strumento di tale evoluzione fu in buona misura la London School. La storia è figlia spesso di fatti imprevedibili: e non si esagera quando si afferma che se il signor Henry Hutchinson non avesse deciso di togliersi la vita, la London School sarebbe certamente rimasta nel limbo dei sogni. Hutchinson era un avvocato, un eccentrico, un fabiano ardente. Si suicidò nel 1894 e lasciò metà del suo patrimonio, una somma di circa 10 mila sterline, ad un Trust diretto da Webb con il compito di usare i fondi «per propagandare la Fabian Society e il suo Socialismo». Ma Sidney e Beatrice Webb non condividevano questa strategia: sostenevano che «non sarà gridando che si apriranno le riforme. Bisogna invece pensare e studiare seriamente, a fondo». E così, nel 1895, il novello Trust concordò di investire 500 sterline per finanziare una London School of Economics and Politicai Science. Nell'ottobre 1895, la mi- niuniversità accolse i suoi primi studenti. Fin dall'inizio, i Webb decretarono: «Soltanto un'analisi imparziale della società può portare al socialismo». Il successo fu immediato. Nel 1900, la London School of Economics and Politicai Science (universalmente chiamata Lse) diviene parte della University of London. Nel giugno 1901 si riafferma solennemente il principio che la School «non deve essere al servizio di nessun dogma politico ed economico, ma soltanto della conoscenza». Nel febbraio 1922 l'università adotta come motto una massima di Virgilio, «felix qui potuit rerum cogno- scere causas», e decora il suo stemma con un castoro, «animale operoso e sociale». Con il passare degli anni, e soprattutto dopo il '45, la Lse espande la sua attività ed offre ora lauree o specializzazioni in oltre 50 materie, dall'antropologia alle relazioni internazionali, dalla filosofia alla storia, dai management studies agli european studies. La sua facoltà di giurisprudenza è tra le migliori d'Europa e comprende diritto tedesco e diritto francese. Oxford, Cambridge, Lse ecco i tre vivai del potere in Inghilterra. Vero, i tempi sono cambiati, gli aneliti di sinistra sono diminuiti alla School, sono ormai remoti gli anni del dopoguerra, quando i governi laboristi pullulavano di suoi allunili, di ex allievi; ma proprio perché accoglie e studia tutte le idee, perché ha docenti eccezionali, e perche è la più internazionale delle università britanniche, la London School of Economics resta una fucina impareggiabile. Eppure negli Anni 30, quando la «rivoluzione keynesiana» diede a Cambridge la leadership degli studi di economia, la London School of Economics cessò di attrarre giovani e brillanti economisti, ansiosi di udire uomini coinè Robbins, Hicks e Hayek. Quest'ultimo divulgò dalla Lse il liberalismo economico austriaco, liberalismo che, dopo la guerra, divenne una «nuova tradizione». Persino Alan Walters, il monetarista consigliere della Thatcher, fu alla London School. E, luminosissima, la figura di Karl Popper, il cui scetticismo diroccò non soltanto il marxismo ma ogni utopismo politico. Non meno dei docenti gli studenti rivelano il carattere di una scuola. Che spettacolo offrono gli allievi della Lse? Non sono i ragazzi di Oxford e Cambridge, con le loro mode, le loro stravaganze, le loro eccentricità: i giovani della School ricordano piuttosto i loro coetanei del continente europeo. Quei capannelli di studenti all'ingresso dell'università, nell'angusta Houghton Street, i loro blue jeans, le loro maglie, le loro casacche, la loro intensa politicità (furono gli unici nel '68 a emulare, qui, sia pure con minor bellicosità, i contestatori d'Oltremanica e d'Oltreatlantico), l'atmosfera stessa e molti altri indizi evocano l'immagine di un ateneo forestiero, continentale. Le cifre confermano. Dei 4680 studenti, gli inglesi costituiscono il solo 43 per cento. Il 42 proviene da ogni angolo del globo, tranne l'Europa; il 15 per cento dall'Unione Europea. Gli italiani sono ora 104. Non basta. Gli iscritti impegnati in studi full tinie post graduate rappresentano il 40 per cento di tutti gli studenti, oltre il doppio della media nazionale. La guida ufficiale della School avverte: «Questa università non è per tutti. Sebbene alcune sue parti siano state rinnovate, è assai improbabile che i potenziali allievi siano attratti dalla sua bellezza. Bisogna ripeterlo: questo non è l'ateneo per chi vuole essere circondato da dolci prati verdi». Mario Ciriello Tra gli allievi: Desmond Tutu e Mick Jagger Tra gli insegnanti; sir Karl Popper e Beveridge, padre del Welfare State Da sinistra, Ralf Dahrendorf il filosofo Karl Popper, ■ il vescovo sudafricano Desmond Tutu Da sinistra, John Kennedy Mick Jagger (anche lui allievo della London School) e Pierre Trudeau Da sinistra, Ralf Dahrendorf il filosofo Karl Popper, ■ il vescovo sudafricano Desmond Tutu Da sinistra, John Kennedy Mick Jagger (anche lui allievo della London School) e Pierre Trudeau Qui sotto, due ex allievi italiani della London School of Economics Carlo Scognamiglio e Romano Prodi