Caso Di Maggio Palermo riscopre i veleni

i giudici: delle telefonate del pentito sono stati divulgati brani che possono falsare la verità i giudici: delle telefonate del pentito sono stati divulgati brani che possono falsare la verità Caso Pi Maggio, Palermo riscopre i veleni Cosa Nostra abolisce il bacio rituale: «Tradisce i boss» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Tutto regolare», assicura Guido Lo Forte parlando di «bolla di sapone». E' uno dei tre procuratori aggiunti della Repubblica di Palermo. Ieri, ha proseguito l'inchiesta sul giallo delle telefonate fra il pentito Balduccio Di Maggio e l'amico Francesco Reda, vittima della lupara bianca nell'agosto scorso a San Giuseppe Jato, 35 chilomtri da Palermo. Le intercettazioni eseguite dai carabinieri nel luglio '93 potrebbero far pensare che il pentito, che è il principale teste d'accusa contro Giulio Andreotti, sia stato pilotato. A pochi giorni dall'udienza sul caso Andreotti, slittata a venerdì davanti al giudice Agostino Gristina, che dovrà decidere se rinviare a giudizio o scagionare il senatore, la situazione è scottante. E ora si aggiungono nuove indiscrezioni sulle dichiarazioni dell'ultimo superpentito, il medico Gioacchino Pennino, figlio e nipote di boss e già esponente politico della corrente de che fu capeggiata da Vito Ciancimino. Sembra che Pennino, dopo aver contribuito alla formulazione delle accuse che hanno portato all'arresto di Calogero Mannino e di Vincenzo Inzerillo, abbia raccontato parecchio su giudici «amiconi» dei boss. E ne avrebbe fatto nomi e cognomi, con un effetto che potrebbe rivelarsi deflagrante. A parte l'inchiesta su Carnevale, giudici insospettabili indagati per il sospetto di collusioni con Cosa Nostra ve ne sono numerosi. Uno è Pasqualino Barreca, presidente di corte d'assise d'appello, considerato integerrimo e inquisito per aver concesso anni fa gli arresti «ospedalieri» al boss Francesco Madonìa. Un altro è l'ex presidente di corte d'appello, Salvatore Sanfilippo, ora in pensione. E dubbi suscitò, poco prima di morire, il procuratore della Repubblica di Sciacca, Rosario Messana, che scagionò da ogni indizio Mannino, chiamato in causa dal pentito Rosario Spatola. E' il procuratore della Repubblica di Caltanissetta Gianni Tinebra, che, con il suo sostituto Paolo Giordano, ha il non facile compito di scoprire se davvero vi siano state a Palermo toghe «sporche», cioè giudici che concludevano i processi in favore degli imputati con assolu- zioni o lievissime pene. Ce n'è abbastanza per definire «bollente» la situazione siciliana. Ora, la procura di Palermo sta pre¬ parando una memoria che consegnerà domani o mercoledì al gip Gristina nel tentativo di fare il punto sulla vicenda delle telefonate tra Di Maggio e Reda. Fra l'altro, Balduccio Di Maggio avvertiva l'amico che il procuratore Caselli aveva «una cosa preziosa» in mano (un'allusione ad Andreotti?) e gli segnalava di avere chiesto a un maggiore 10 milioni per i «picciotti». «I contenuti sono chiarissimi, se visti complessivamente, e non risultano manipolazioni», garantisce Guido Lo Forte, affermando che gli stralci fatti circolare sono «estrapolazione di frammenti» delle conversazioni. Lo Forte ha anche parlato di «alcune differenze» fra i testi rilevati dalle bobine e quelli circolati in questi giorni, diversità finalizzate probabilmente a delegittimare il pentito. E il deputato di An e penalista palermitano Enzo Fragalà che, dopo aver ricevuto a Montecitorio un plico anonimo con il testo delle intercettazioni ha confermato ieri di aver trasmesso tutto già il 1° febbraio alla Commissione Antimafia, ha detto che «corvi e veleni erano solo il fruito di malevole interpretazioni della vi- cenda», attribuendo a «un sussulto di legalità» il fatto che qualcuno abbia reso pubbliche le dichiarazioni di Di Maggio. Non mancano gli aspetti di colore o, se si preferisce, di folklore «nero». Sempre ieri, ad esempio, si è sapulo che alcuni confidenti hanno spifferato agli investigatori che la mafia ha abolito il bacio tra «uomini d'onore» e prima ancora aveva eliminato le cerimonie dell'iniziazione con relativo giuramento e l'accettazione del nuovo aderente con la formula di rito: «E' la stessa cosa». Niente più baci sulle guance, quelli che invece sono molto in voga tra i giovani degli Anni Novanta, perché, a quanto pare, i boss hanno ritenuto che potessero dare all'occhio. Finisce, dunque, una classica scena in tutti i film o le «piovre» tv. E ci si potrebbe anche domandare, a questo punto, se poi è vera questa storia del bacio proibito e a quando risalga la decisione. A prima o a dopo il presunto bacio tra Riina e Andreotti di cui ha parlato Di Maggio? Antonio Ravidà Cancellato anche il rito dell'iniziazione

Luoghi citati: Caltanissetta, Palermo, San Giuseppe Jato, Sciacca