Di Pietro in campo con i moderati

Di Pietro in campo con i moderati L'EX PM ROMPE GLI INDUGI Di Pietro in campo con i moderati Pronto se Berlusconi non entra nel governo MMILANO AI una paiola in pubblico. Nemmeno ieri, a Valmadrera, qualche chilometro da Lecco, dove era stato invitato, come ospite d'onore e relatore principale, al convegno sul codice etico dell'imprenditore, un tenia, si sa, inoliò caro ad Antonio Di Pietro. Solo un accenno di sfuggita una frase gettala là, quasi per ; caso: «Qualcuno fa delle proposte che mi riguardano ma prima bisognerebbe vedere se si è d'accordo». Non è ancora il giorno dell'annuncio sul proprio futuro, questo, per Antonio Di Pietro, il simbolo di Mani pulite che all'inizio di dicembre aveva fatto sapere eli lasciare per sempre la magistratura. Da allora molte idee, molti consigli, qualche occasione: colla al volo: la consulenza presso la Commissione stragi, una serie di lezioni all'università di Castellanza, altre lezioni presso un istituto postuniversitario milanese. Nel frattempo un lungo intreccio di coni ai ti, telefonate, incontri, un vero e proprio sondaggio i on le persone più disparate in giro pur l'Italia. Otialche frase ogni tanto, una mezza conferma, lame smentite. Ma la svol la, la decisione, adesso sembra proprio imminente: si sta preparando Di Pietro, un po' di leinpo ancora. Giusto il tempo per gli ultimi riscontri, per qualche telefonata ai consiglieri pio fidati e più ascoltati. Ma ii gran passo, ormai, sembra pronto: Di Pietro ha deciso di scendere in campo con i moderati. L'ha spiegato con tutti quelli con cui ha parlalo, Di Pietro. L'ha ripetuto anche a chi ha cercato di tirarlo dalla propria parte, forse di convincerlo del contrai io. «lo sono un uomo di idee moderate». Moderalo a fianco ciel blocco moderato: questa la decisione che Di Pietro, il magistrato più amalo dagli italiani, si appresa a fare. Ma non a lutti a costi. Sa di essere un simbolo, Di Pietro. Sa quanto le sue parole, le sue scelte possano pesare e condizionare le scelte degli italiani. Quindi, ecco il dilemma di queste ultime settimane, indeciso tra il fare e il non fare il gran passo, gli incontri, le telefonate... Pino all'idea che forse ha reso la decisione possibile, più rapida: si, entrerà in politica ma non sotto un simbolo di partilo. No, ha spiegato testardamente ai suoi interlocutori: lui non può fare scelte di questo tipo, ha il timore di creare degli squilibri, sa bene che il suo nome, la sua candidatura può spostare il peso dell'elettorato. Non scenderà in campo, quindi, per questo o quel partito ina solo sotto la bandiera di tutto il polo moderato, di un intero raggruppamento. Uomo simbolo fino in fondo, appunto. Disponibile a «servire lo Stalo» anche in politica ina solo a cerio condizioni. A patio che... Ha già dettato le sue condizioni, Di Pietro. Tre le principali. Il raggruppamento m'odorato, ha fatto sapere, deve vedere la presenza del partito popolare: senza il ppi di Buttiglione, ha insistito in tutti gli incontri, in tutte lo telefonate, non se ne parla. La seconda condizione è tutta per Silvio Berlusconi: dopo il voto, sottolinea Di Pietro, dove impegnarsi a non avere incarichi pubblici di governo. Infine la tòrza: nel governo ci dovranno essere almeno altri tre ministri tecnici oltre a lui, personaggi competenti del mondo dell'economia soprattutto. E' una decisione sofferta, quella di Di Pietro. Maturata piano piano, giorno dopo giorno, quasi per caso. L'ha ricordato anche in questi giorni, a un suo ex collega del pool Mani pulite, a un politico amico di vecchia data: tutti a dire che lui, il magistrato più famoso, se ne è andato lasciando la toga con chissà quale strategia in to¬ sta. Magari fosse così: aveva soprattutto un gran timore di essere usato, Di Pietro, la paura, muovendosi, di creare squilibri. «Voglio esssere molto attento, molto prudente», ha risposto alle offerte e profferte. Cautela, prudenza, innanzi tutto. Ma anche, certo, un gran desiderio di far qualcosa di utile, di «servire lo Stato» come a lui piace fare, senza rinunciare a se stesso: all'uomo semplice che (è un suo modo di pensarsi) è sempre stato. Ne ha avuto abbastanza di miti, Di Pietro. Mesi e mesi in prima linea, due anni e mezzo in prima pagina: quanta fama, quanta gloria. E adesso? «Adesso non mi interessano più», è la risposta che ha sorpreso gli interlocutori di queste ultime settimane, di questi ultimi giorni. Certo, indietro non torna più, Di Pietro. L'addio alla toga in quell'ultimo giorno dell'arringa al processo Enimont, ò addio vero. C'è chi glielo ha chiesto, con insistenza, quasi a cercare di capire il perchè di un addio tanto clamoroso, all'apice del successo. E lui, papale papale, ha spiegato che no, non era un finto addio: «Indietro non torno, questa è l'unica cosa certa». Per il futuro, invece, ha bisogno di riflettere. Sulla stampa, in tv quante ipotesi: Di Pietro qua. Di Pietro là, professore, superispettore, ministro... «Cose lette sui giornali», ripete. Molte notizie senza fondamento come l'ultima, quella che lo vorrebbe l'uomo della grande amnistia finale, a chiudere Mani pulite, proposta discussa addirittura con Buttigliene: «Eh no, io non ho mai parlato di amnistia con Buttiglione», ha smentito. Ripetendo il concetto spiegato al convegno di Valmadrera : «Qualcuno fa delle proposte che mi riguardano, ma prima bisognerebbe vedere se si è d'accordo...». Sta riflettendo con calma, Di Pietro. Ancora qualche telefonata per sondare il terreno, per spiegare il perchè di una discesa in campo con i moderati ribadita anche ieri: «Sono un uomo di idee moderate e ho in mente un'Italia nuova». Sta valutando, fa sapere, convinto che la sua scelta può spostare in qualche modo l'ago della bilancia. E con chi si confronta, a tu per tu, usa concetti facili per spiegarsi, per far capire la propria posizione: «Servire il Paese, se al Paese serve». Non vuole essere campione di uno schieramento, Di Pietro: né Gullit né Maradona, ripete, lasciando strabiliato chi l'ascolta. No, è disposto a servire il Paese da soldato semplice. Come ai primi tempi di Mani pulite, i giorni dell'entusiasmo. Armando Zeni Non voglio fare né Maradona né Gullit, ma il soldato semplice^ i fi Altre condizioni: la presenza delppi e di ministri tecnici s$ ep colto dallagenzia AdnKronos o si rivelano molto variegato. Nel pds i pareri non sono concordi. Luciano Violante: «Pensare a un'amnistia è inutile e tardivo. Forse poteva avere un senso due anni fa, ma oggi sarebbe più utile varare una legge che preveda, ol¬ istituzionale, politico ed economico, passati miracolosamente illesi nella bufera di questi anni. Si ha l'impressione che qualche vecchio scheletro finito in qualche prestigioso armadio si stia affannando per tirare la giacca a Buttiglione». Ir. i.l i fi Altre condizioni: la presenza delppi e di ministri tecnici s$ ep A sinistra: l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga A destra: il segretario del ppi Rocco Buttiglione

Luoghi citati: Castellanza, Italia, Lecco, Valmadrera