«In Iraq armi biologiche con materiale italiano» di Paolo Passarini
Accuse lanciate dal «New York Times» Accuse lanciate dal «New York Times» «In Iraq armi biologiche con materiale italiano» Saddam utilizzerebbe apparecchiature importate prima della guerra del Golfo WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Le Nazioni Unite sostengono di avere le prove che il governo iracheno sta proseguendo nella costruzione di armi batteriologiche nonostante le precise proibizioni imposte dalla comunità internazionale. La notizia coinvolge, sia pure marginalmente, anche l'Italia. L'Iraq, inoltre, starebbe violando anche l'embargo sulla vendita del petrolio. Per la prossima settimana è prevista la bimestrale riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu per decidere se mantenere le sanzioni imposte all'Iraq dopo la fine della Guerra del Golfo. La notizia che l'Iraq sta continuando la produzione di un'arma del terrore era contenuta nella rubrica che il commentatore conservatore William Safire tiene sul «New York Tjmes». La fonte, anche se non esplicitamente indicata, sembra essere stata proprio il capo della commissione dell'Onu che deve tenere sotto controllo l'Iraq, il diplomatico svedese Rolf Ekeus. Nei mesi scorsi sarebbero state scoperte notevoli quantità di batteri nocivi sotto coltura, mentre in un magazzino di un'altra università venivano trovati parecchi contenitori di fermentatori chimici per la trasformazione dei batteri. Si tratta di sostanze necessarie alla formazione di antrace e botulino, due degli elementi più usati nelle armi chimiche e batteriologiche. L'attrezzatura comprende una certa quantità di fermentatori venduti all'Iraq dalla fabbrica svizzera Chemak, conservati in 50 contenitori forniti dall'azienda italiana Olsa. Le forniture risalirebbero agli Anni 80, prima, quindi, della Guerra del Golfo. Inoltre, per quanto riguarda i contenitori, sembra trattarsi di materiale piuttosto neutro. Per questo, almeno per il momento, nessuno ha elevato alcuna critica verso l'Italia e l'Olsa. Safire stesso, nell'articolo, ha citato la circostanza di passaggio. In un altro articolo, il «New York Times» ha informato di un piano iracheno per aggirare l'embargo sull'esportazione di petrolio. Il piano sarebbe già attivo e godrebbe della collaborazione di alcuni dei tradizionali nemici di Baghdad, cioè l'Iran e la Turchia. Ma i potenziali acquirenti, tra i quali alcune compagnie petrolifere francesi, dicono di voler aspettare la fine dell'embargo prima di perfezionare l'acquisto. Anche l'Italia e la Germania potrebbero essere interessate al petrolio iracheno, che ha il vantaggio di venire offerto a prezzi stracciati. Il governo iracheno ha reagito a questa pioggia di notizie denigratorie nei suoi confronti sostenendo che ogniqualvolta il Consiglio di Sicurezza sta per discutere sulla fine delle sanzioni saltano fuori, guarda caso, storie di questo genere. Da un punto di vista puramente fattuale, questo è vero. Ammesso e non concesso che sia così - obiettano i funzionari dell'Onu -, 1 questo non significa affatto che le notizie sulle violazioni dell'Iraq non siano a loro volta fondate. Paolo Passarini
Persone citate: Rolf Ekeus, Safire, William Safire
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