« Immuni al virus messicano»

Cavallo: il mio miracolo in Sud America IL MINISTRO ARGENTINO « Immuni al virus messicano» Cavallo: il mio miracolo in Sud America CON la crisi finanziaria del Messico, tutti gli occhi sono puntati sull'Argentina. T successi economici degli ultimi anni sono in pericolo per l'effetto valanga del crollo della moneta messicana? «Non ignoriamo certo quel che è avvenuto, e in un'economia globale gli effetti di Città del Messico si sentono ovunque. Ma non temiamo conseguenze sul nostro sviluppo. La ripresa economica dell'Argentina è dovuta in primo luogo ai mutamenti interni, alla ricostituzione del risparmio interno, non a investimenti stranieri». Domingo Cavallo, ministro dell'Economia, artefice del miracolo argentino, non ha dubbi: Buenos Aires non corre il rischio di tornare a prima del '91, quando la moneta nazionale praticamente non esisteva, polverizzata da un'inflazione vicina al 2500 per cento. Cavallo, la cui famiglia è originaria di Pinerolo, esibisce le cifre: crescita dell'economia a un ritmo dell'8% all'anno negli ultimi quattro anni; inflazione sostanziai- mente eliminata, passata dall'astronomico 2315% del 1990 al 3,9% del '94. «Abbiamo valutato il massino effetto su di noi per la crisi messicana, che comporta soprattutto un problema di fiducia nel continente. Per il '95 avevamo previsto uno sviluppo dell'economia tra il 6,5 e il 7%. Avremo un rallentamento, ma la crescita sarà comunque del 4,5%. Ricorreremo a meno finanziamenti sui mercati internazionali, e per gli investimenti saranno sufficienti i risparmi interni». Sentire un ministro argentino parlare di risparmio interno sa¬ rebbe stato bizzarro e irrealistico fino a qualche anno fa, quando il peso non valeva nulla e il suo cambio col dollaro variava di ora in ora. Ma il primo aprile '91 fu adottata una drastica politica valutaria, stabilendo parità e convertibilità tra dollaro e peso non per imperio, ma nella realtà: nel senso che, ritirate le vecchie banconote, l'emissione di quelle nuove avviene solo in corrispondenza delle riserve in valuta pregiata. Per ogni peso emesso c'è un dollaro in riserva, il che garantisce appunto la parità e la convertibilità. Artefice dell'operazione è stato Cavallo, già presidente della banca centrale, poi ministro degli Esteri e infine, dal '91, zar dell'economia. Un aggancio così preciso alla parità col dollaro non comporta anche in qualche modo, almeno sul piano psicologico, una perdita della sovranità? «Sovranità di continuare a sbagliare? No, non è dollarizzazione della nostra moneta. Prima sì che c'era la dollarizzazione. Non c'era convertibilità e non si potevano usare dollari, ufficialmente, ma tutto mentalmente veniva calcolato in dollari. E intanto la gente si impoveriva e i capitali continuavano a fuggire». Non ci sono più poveri, in Argentina? «Non dico questo. Ma al tempo stesso possiamo rivendicare una cosa: lo strato più povero costituiva quattro anni fa il 37% della popolazione. Ora è ridotto al 10,8. In così breve tempo, una riduzione del 27%. Più produzione, più consumo, e il clima generale di fiducia, hanno reso possibile questo. La produttività del lavoro è aumentata del 5,5% all'anno, e ciò contribuisce a una competitività reale per le esportazioni, non quella fittizia data dalla svalutazione, cioè una tassa occulta a carico di tutti. Per questo siamo fiduciosi malgrado gli eventi messicani. I risparmi sono saliti dal 14 al 18% del prodotto nazionale lordo, e ad essi si aggiunge il 3% di investimenti stranieri. Prevediamo quindi un tasso di investimenti del 21% del prodotto nazionale lordo, quasi completamente finanziati con mezzi nazionali. Con la parità garantita rispetto al dollaro non solo abbiamo rimesso a posto l'economia, ma abbiamo anche guadagnato in sovranità». E' questo senso di fiducia che ha fatto anche dell'Argentina il fattore trainante di un progetto ambizioso: un mercato comune sudamericano, che ha preso il via dal primo gennaio di quest'anno, il Mercosur. E' appena ai primi passi, e comincia col cordinamento delle politiche macro-economiche avendo in vista obiettivi comunitari per i prossimi anni. Con l'Argentina ne fanno parte Brasile, Uruguay e Paraguay: tutti insieme, 800 miliardi di dollari di prodotto lordo all'anno e 200 milioni di abitanti. Dovrebbero presto aderire anche Cile e Bolivia. La prima iniziativa comune è proprio di questi giorni per la crisi messicana. I quattro Paesi hanno deciso un prestito di un miliardo di dollari al Messico, al quale contribuiranno ognuno in rapporto alle proprie riserve: «Una prova di solidarietà, ma soprattutto di fiducia». Non teme che la crisi messicana possa creare sfiducia nell'emisfero e bloccare quegli investimenti esteri che stavano magari per venire? «Ma da noi, con la parità col dollaro garantita dalla piena convertibilità, non esiste un rischio di questo tipo. Ci sono solo i normali rischi per ogni tipo di investimento. Ma le prospettive sono favorevoli per gli investitori, anche in funzione del Mercosur: si tratta di un mercato di 200 milioni di persone che hanno crescente potere d'acquisto e capacità di consumo». Qual è ora il vostro maggior problema? «La disoccupazione, che ò ancora al 12 per cento malgrado il costante aumento dei posti di lavoro. Ma la cifra non rispetta la realtà. C'è molto lavoro nero per evadere le normative previdenziali, e abbiamo molti immigrati dai Paesi vicini. Per migliorare la situazione, introdurremo flessibilità del mercato del lavoro, finora troppo rigido, e riorganizzeremo la previdenza, istituendo fondi pensioni che contribuiranno a creare nuovi capitali per proseguire nello sviluppo. Deregulation, deregulation, deregulation». Fernando Mozzetti "'Wm m

Persone citate: Cavallo, Domingo Cavallo, Fernando Mozzetti