«Finalmente crolla quel muro» di Cesare Martinetti

«Finalmente crolla quel muro» IL SINDACO DI PALERMO «Finalmente crolla quel muro» Orlando: «Ma tanta gente ha perso la vita» VPALERMO INC1TORE come campione dell'antimafia? Sconfitto per aver militato anni in quella de che ora appare in blocco il partito della mafia? Sotto tiro perché uno dei suoi uomini, Gaspare Bonfanti, deputato della Rete, sembra che avesse un killer tra i collettori di voti? Come si sente Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, nella tempesta giudiziaria che sembra l'atto finale? «Tranquillo». Non è nemmeno sorpreso per l'arresto di Mannino? «Sì, sotto il profilo giudiziario che appare gravissimo. Ma non certo sotto quello del giudizio politico. Io quel giudizio l'ho dato nell'88 quando per le elezioni europee posi l'alternativa: o me, o Lima. Era difficile capire allora quanta mafia ci fosse nella de, c'era un misto di paura e di complicità che aveva edificato un muro insuperabile». Quale muro? «Quello che si oppose a Piersanti Mattarella che era alternativo al gruppo Andreotti-Ciancimino, e credeva di poter fare due battaglie: una per una politica diversa e un'altra contro la mafia. Ma l'avversario era lo stesso e l'ha ucciso, quindici anni fa. Si era saldata una miscela esplosiva». Vuol dire che era stato un ingenuo, non aveva capito? «Mattarella non era ingenuo, ma si è capita solo lentamente la compattezza del rapporto mafia-dc. Pensiamo a un ex sindaco come Insalaco, persona contraddittoria, che parlando di politica aveva messo il dito sulla ferita. Ed è stato ammazzato». Che significa: che non erano possibili vie di mezzo? «Vogliamo ricordare la polemica mia e del coordinamento antimafia con Sciascia? Non contro di lui, ma per l'uso che si faceva delle sue parole. Ora si scopre che molti politici che difendevano Sciascia sono tra i collusi». Lei crede che Mannino fosse un uomo d'onore? «Quando un politico da cui ho preso le distanze va sotto inchiesta, preferisco astenermi da ogni giudizio. L'ho fatto anche con Andreotti». Ma sarà soddisfatto nel vedere che il processo va avanti? «Il processo Andreotti è una sconfitta. In un Paese civile sarebbe stata la politica a metterlo fuori gioco. Invece in Italia la politica l'ha difeso. C'è voluta la magistratura». E' già qualcosa... «Sì, ma i giudici ci sono arrivati solo adesso. Pensi alla solitudine, alla disperazione, fino a pochissimo tempo fa, di chi denunciava. Si rischiava la vita. C'è stato chi ha rinunciato». Qual era l'ostacolo più forte? «Questa compattezza assoluta, che per qualcuno era complicità, per altri paura, affari. 0 magari soltanto ragioni di partito. Quando c'è stato da votare tra me e Lima, molti non siciliani della sinistra de hanno scelto Lima. E quando ho detto che lasciavo il partito, mi hanno guardato con la faccia stupita: come sei esagerato, per così poco...». Lei pensa che fossero complici della mafia? «Non lo penso e non lo dico. Erano servi di questa ragione di partito, più forte di ogni altra. E poi c'è da dire che la mafia è un mondo di fili sottili, ci sono finiti anche uomini di chiesa, anche in buona fede. E' difficile capire il confine. Quanti parroci hanno detto che non bisognava parlare male della mafia perché era contro la fede. Oggi il quadro è diverso, il Papa ha detto delle cose importanti». Se ci fosse ancora la de, sarebbe stata possibile l'inchiesta? Pennino avrebbe parlato? «La de non c'era più da un pezzo. Quando una persona che si era battuta contro la mafia si vede sbattere la porta in faccia dal partito, o uno come Segni è costretto ad an¬ darsene, la de non c'era più». I pentiti dicono che la mafia progettava di uccidere Sergio Mattarella perché faceva ombra a Mannino. Possibile? «Verosimile. Non mi chieda se Mannino poteva esserne il mandante. Non saprei cosa dire». Dopo che ha lasciato la de ha avuto rapporti con Mannino? «No, quando me ne sono andato la rottura fu così netta che non si capiva bene se ero stato io a lasciare o loro a cacciarmi». Pensa che Riina abbia baciato davvero Andreotti e magari anche Mannino? «Non so, lo diranno i processi. La mafia non è solo una forza militare, ma anche una qualità del potere. Non c'è solo il volto rozzo di Riina, ma anche quello della finanza, degli affari. Per aggiustare un processo, non si va dal notaio. Può darsi che ci sia il bacio e il notaio». Che rapporto ha con il procuratore Caselli? «Il Comune collabora con la procura. Molte inchieste sono state alimentate da noi». C'è qualcuno che oggi si è sostituito alla de nel rapporto con la mafia? «Alle ultime elezioni è stato evidente l'appoggio al Polo delle libertà. Non sarà stato chiesto, ma la mafia ha appoggiato il Polo: è un fatto. Ho avvertito in città lo stesso clima delle elezioni dell'87, quando, dalla de, la malìa passò ad appoggiare psi e sottori dei radicali». Però, signor sindaco, al momento ci sono due suoi uomini finiti nell'inchiesta: Inzerillo e Bonfanti. Cosa ne dice? «Inzerillo fu assessore della mia giunta, ma stava nella corrente di Mannino; Bonfanti era della Rete, aveva lasciato la de». I pentiti dicono che nell'85 raccolse voti a suo favore un supermafioso come Scarpuzzedda... «NnU'85 Bonfanti fu uno dei tanti candidati della de. Lui pei' il momento si ò dimesso, io ho fiducia nel lavora dei magistrali e nella persona di Bonfanti». Cesare Martinetti

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