«Un patto tra i boss e la dc siciliana»
a Palermo, nuovo blitz dopo l'arresto di Mannino. Inchiesta sui processi «aggiustati» a Palermo, nuovo blitz dopo l'arresto di Mannino. Inchiesta sui processi «aggiustati» «Un patto tra i boss e la de siciliana» In cella l'ex senatore Inzerillo PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Vincenzo Inzerillo, ex senatore della de e per un decennio influente assessore comunale, è stato arrestato per associazione mafiosa nel suo alloggio di Palermo. Fu a lungo «uomo di fiducia» dell'ex ministro Calogero Mannino, arrestato a sua volta lunedì, sempre per associazione mafiosa. Inzerillo brillò per la sua assenza ai funerali di don Pino Puglisi, assassinato due anni fa nel suo rione, Brancaccio. E c'è chi assicura che il politico cacciato dalla chiesa dal coraggioso parroco, assassinato perché dava fastidio, era proprio lui, Inzerillo. Geometra, 48 anni, non più eletto nel marzo scorso dopo due soli anni di scranno senatoriale, Inzerillo fu segretario del defunto senatore Giuseppe Cerami e vicino anche all'ex ministro Attilio Ruffini. E' stato ammanettato da funzionari e agenti della Criminalpol che gli hanno esibito un ordine di custodia cautelare firmato dal gip Renato Grillo su richiesta del procuratore aggiunto della Repubblica Luigi Croce. Di lui ha parlato anche il politico-pentito Gioacchino Pennino, ultima gola profonda della mafia ed arrestato mesi fa anche lui per associazione mafiosa. Dopo il pentimento, Pennino è stato sconfessato clamorosamente dalla moglie dalla quale viveva «separato in casa» da sei anni. E' anche sulla scorta delle dichiarazioni-fiume rese da Pennino che Mannino è ora nel carcere dell'Ucciardone e d'altronde il medico (figlio e nipote di due processati per mafia 20 anni fa) avrebbe fatto i nomi di numerosi altri politici che sarebbero stati sostenuti dalle cosche. Fra tanti, quello di Elio Bonfanti, ex de, ora deputato regionale e consigliere comunale della Rete. Dopo la notizia, Bonfanti si è autosospeso, dichiarandosi estraneo ai «giri» mafiosi. E, a chi ha messo in collegamento l'arresto di Inzerillo con il procedimento nei confronti di Giulio Andreotti, il senatore a vita ha replicato negando di averlo mai conosciuto. Il nuovo arresto è uno sviluppo dell'operazione Ghibli, che nel dicembre '93 portò all'arresto di 10 persone, compreso il notaio Pietro Ferrara, altro grande amico di Mannino. Per la verità, i ben informati dicono che da tempo i rapporti tra l'ex ministro ed il notaio si erano interrotti. L'operazione sollevò gran rumore, specie per le complicità fra mafiosi e massoni che sarebbero venute alla luce. Ferrara è in prigione da un anno e i giudici hanno respinto le istanze per la sua scarcerazione. Gli inquirenti avrebbero accertato che il notaio avrebbe parlato con il presidente della corte d'assise e d'appello Gioacchino Scaduti, segnalandogli «l'innocenza» di alcuni imputati in processi di mafia, come quello per il delitto, il 4 maggio '80, di Emanuele Basile, comandante dei carabinieri a Monreale. Il notaio avrebbe ammesso che gli aveva parlato bene di quei sospettati un suo amico, «un deputato di area manniniana trombato alle elezioni». Questi non sarebbe che Inzerillo. L'ex senatore fu assessore con sindaci schierati contro i boss: Elda Pucci prima, Leoluca Orlando poi. Fu anche vicesindaco fra il '90 e il '91. E un altro pentito, Giovanni Drago, ha affermato che Inzerillo fu finanziato da costruttori edili c fatto votare dai fratelli Graviano, boss di Brancaccio e sospettati per l'omicidio del parroco Puglisi. Intanto, sta sollevando curiosità la lettura di «Punto fermo», un libretto scritto da Calogero Mannino due anni fa, un saggio con in appendice alcune pagine di Rocco Chinnici, il consigliere istruttore assassinato dalla mafia nel 1983. Mannino traccia una analisi della mutazione genetica delle cosche, mette in guardia dai «rischi di criminalizzazione generalizzata e di una strumentalizzazione dei fatti di mafia». Rilnva ancora che contro le cosche va condotta «un'azione profonda che dissipi l'ombra dei possibili rapporti (della mafia, ndr) col sistema amministrativo e politico». Secondo i giudici, le prese di posiziono di Mannino contro i clan sono da considerare però «uno schermo protettivo». Antonio Ravidà «Sulle accuse a Bonfanti sono tranquillo: ho fiducia in lui e nella magistratura» * ■■■■■ % % 11§: i^^m^MS^mm Vincenzo Inzerillo Leoluca Orlando e il cadavere di Salvo Lima
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