Undici presidenti e un finto vertice

Undici presidenti e un finto vertice DIARIO Dl MOSCA Undici presidenti e un finto vertice E* MOSCA proprio vero, la Russia è incomprensibile. Tiutchev, nel secolo scorso, disse che era inutile provarci con l'intelletto. Oggi è inutile provarci senza l'alcol. S'immagini lo scenario della lontana capitale del Kazakhstan, Alma Ata. Cos'ha a che fare con Shannon? Niente in apparenza. Ma nei cieli di Alma Ata, giovedì scorso, l'aereo presidenziale di Boris Eltsin ha girato in tondo un'ora e mezzo prima di scendere, com'era accaduto lo scorso settembre a Shannon. In quel d'Irlanda ai piedi della scaletta c'era il premier locale, un tantino stupito. In quel di Alma Ata c'era il niente affatto stupito Nursultan Nazarbaev. Lui ha letto Tiutchev. A bordo dell'aereo presidenziale si era «festeggiato» un po' troppo. La valigetta nera con il pulsante rosso, quello atomico, stava di certo a bordo, ma per prudenza l'avevano messa - si presume - nella toilette. Si è dovuto rinviare la riunione dei ministri della Difesa perché il generale Graciov era anche lui appollaiato all'estremità del tappeto rosso. Su cui Eltsin poco è mancato che rovinasse scendendo finalmente dall'aereo. Poi, di corsa, alla riunione del «vertice», dove i restanti undici capi di Stato «indipendenti» della ex Urss stavano aspettando, anche loro riempiendo il tempo con qualche bicchierino. Al punto che - dicono testimoni oculari - i tre leaders del Caucaso del Sud, Shevardnadze (Georgia), Aliev (Azerbajgiani, Ter Petrosian (Armenia) hanno dovuto essere portati di peso sulle poltrone. Tutta colpa del «russo», che ritardava. Un'altra buona ragione per ribadire l'indipendenza. Finalmente Eltsin è arrivato. Ma come pretendere che si affrontasse una discussione, in quelle condizioni? Così i capi di Stato indipendenti - scongiurati dall'astemio Nazarbaev - hanno rinunciato a discutere. Fine del primo giorno di «summit». Il secondo giorno è andata meglio. Eltsin - è vero - a momenti cascava sulle scale che lo conducevano al palazzo presidenziale. Non fosse stato per l'amico Karimov (Uzbekistan) che gli ha stretto così forte la mano da riuscire a tenerlo in piedi, sarebbe crollato, come le immagini televisive crudelmente mostravano. Qualche altro brindisi, per festeggiare i pochi documenti già predisposti dagli «sherpa» (astemi per dovere d'ufficio), e il presidente russo ha annunciato lui stesso, con voce legnosa, che alla conferenza stampa finale non avrebbe partecipato. Il «summit» di Alma Ata è finito così, dopo che Eltsin e stato rieletto all'unanimità presidente di turno della Comunità. La partenza dell'aereo presidenziale è avvenuta senza parata, né inni - da una piazzuola dell'aeroporto il più possibile distante dagli sguardi indiscreti. Amen. Tutto questo mentre Bill Clinton rivela soddisfatto che «Boris Eltsin is stili in power», è ancora al potere. E mentre brillanti inviati ci informano, da Roma, con straordinaria tempestività, che Eltsin «ha sette vite». Così come nell'autunno scorso ci avevano deliziato con confortanti notizie da Mosca, dove tutto andava benissimo, ia riforma era in ottimo stato, ìa democrazia trionfava e legioni di nuovi, moderni imprenditori riempivano le sontuose hall degli alberghi di lusso. Negli stessi giorni in cui il rublo crollava e, al Cremlino, si preparava l'assalto di Grozny. Provaci ancora, Sam. Giuliette Chiesa ssa J