Laureati in Corano lanciarazzi e tank di Luigi Grassia

Laureati in Corano lanciarazzi e tank Laureati in Corano lanciarazzi e tank L'ORDA DEI «TALEBAN» I«taleban» sono sorti dal nulla e questo magari non sorprende nell'Afghanistan delle mille guerriglie, dove i bambini nascono col kalashnikov e in ogni villaggio dall'oggi al domani possono essere creati eserciti dagli incerti contorni politici, cani sciolti nel gioco indecifrabile delle rivalità tribali; ma è strano, e meraviglia anche i diplomatici a Kabul, che un movimento guerrigliero di tale portata, capace di conquistare in pochi mesi un terzo del Paese, arrivi a minacciare la stessa capitale senza che ancora si sappia bene chi siano, e da chi siano finanziati ed eventualmente manovrati, questi improbabili «studenti di teologia» con lanciarazzi e carri armati. Non che di loro non si sappia nulla: gli elementi per costruire ipotesi fondate ci sono e orientano i sospetti per lo più verso il Pakistan come sponsor occulto. Ma si fanno anche diverse altre illazioni: l'Iran, per esempio, accusa i taleban di essere «mercenari inconsapevoli al soldo degli americani», e non è escluso che in questo ci sia un fondo di verità. I combattenti taleban dovrebbero essere fra i 10 e i 25 mila: impossibile essere più precisi riguardo a un esercito irregolare. Ma si sa di certo che possono schierare qualche decina di blindati e tank (forse duecento), di quelli razziati a suo tempo ai sovietici o ai loro alleati marxisti di Kabul. La loro principale base di reclutamento è il Pakistan, Paese dove hanno trovato rifugio, dopo l'invasione del 1980, almeno tre dei diciotto milioni di afghani; ovviamente i più ortodossi in fatto di fede, e i più ostili ai blandi tentativi di modernizzazione avviati a suo tempo dal regime comunista. E' dalla frontiera del Pakistan che circa sei mesi fa i primi taleban sono passati in Afghanistan. Quindi è sicuro che almeno all'inizio le autorità di Islamabad li hanno appoggiati, o quanto meno non li hanno ostacolati. Che però gli studenti islamici siano manovrati dal ministro degli Interni pakistano Nasrullah Ba- bur, voce che circola a Kabul, è solo un'illazione. Fra l'altro, in poche settimane sono successe tante cose ed è tutto da dimostrare che il movimento, all'apice del successo militare, prenda ancora ordini da qualcuno, se mai li ha presi. Ad ogni modo l'ipotesi che si fa a Kabul è che il Pakistan speri di usare i taleban per assumere il controllo delle vie di comunicazione commerciale verso le ex Repubbliche sovietiche dell'Asia centrale. Tale disegno, che il Pakistan di Benazir Bhutto ha per altro smentito, sarebbe in concorrenza con quello dell'Iran, intenzionato a offrire alle merci dei Paesi centro-asiatici uno sbocco al mare nei propri porti sul Golfo Persico. La rivalità fra le due potenze regionali non è solo politico-economica ma anche religiosa, aderendo l'Iran all'osservanza sciita (in Afghani- stan minoritaria) e il Pakistan a quella sunnita, come quasi tutti gli afghani e tutti i taleban. Al soggiorno in Pakistan i taleban devono anche la qualifica di «studenti»: molti di loro si sono formati infatti presso le «madrase», o scuole coraniche, del Paese confinante. Questo però non li distingue dagli altri gruppi afghani perché è un fatto comune in Afghanistan completare i propri studi religiosi in Pakistan. I taleban mantengono anche contatti con la formazione religiosa pakistana Jamaat-al-ulema, emanazione politica del clero tradizionalista, e si sa che nel mondo islamico fede e politica sono strettamente intrecciate; ma che esistano legami non implica un rapporto di dipendenza. Semmai è interessante notare che i taleban conquistano consensi in Afghanistan presentandosi alla gente come puri figli del Paese, a differenza dei mujaheddin i cui legami con potenze straniere sono arcinoti (e tutti i mujaheddin, anche i più integralisti, oltre che da potenze islamiche hanno ricevuto soldi e armi dagli Stati Uniti, per le più diverse ragioni). Gli «studenti» si af¬ fermano anche perché prendono i villaggi senza distruggerli sotto i bombardamenti, secondo l'uso che era ormai invalso nel Paese, e pongono fine alle razzie e alle requisizioni delle bande armate regalando un po' di ordine a una popolazione esausta. Ma se e quando saliranno al potere, che volto mostreranno? Un punto fermo: i taleban sono di granitica fede islamica. «Nostro obiettivo è instaurare la legge coranica in tutto l'Afghanistan» ha detto l'altro giorno il loro capo, Mohammed Rabbani (nessuna parentela con il presidente Burhanuddin Rabbani insediato a Kabul) in un incontro con i giornalisti occidentali a Maidan Shah, appena strappata alle milizie di Hekmatyar. Ma in sostanza non ha comunicato altro, preoccupandosi solo di impedire - con maniere brusche - di scattare fotografie, di fare domande ad altri e persino di prendere appunti. Leader misterioso (ben più del suo collega messicano in passamontagna, il «subcomandante» Marcos) di un movimento misterioso. Luigi Grassia Rimpatriati in 25 mila dal Pakistan sospetto sponsor

Persone citate: Benazir Bhutto, Burhanuddin Rabbani, Hekmatyar, Mohammed Rabbani, Nasrullah Ba