E' della dc il nuovo Buscetta

Ef della de il nuovo Buscetta Ef della de il nuovo Buscetta E' il primo politico diventato pentito le verità' di pennino ROMA A deciso di parlare appena arrivato in Italia dalla Croazia, dove l'avevano arrestato. Era l'agosto scorso, e Gioacchino Pennino sarebbe uscito di galera per decorrenza dei termini di custodia cautelare il 9 settembre. Invece preferì rimanere in carcere, liberarsi dalla protezione di Cosa Nostra e mettersi sotto quella dello Stato. Il 30 agosto spiegò a un magistrato che avrebbe collaborato con la giustizia «essendo ormai divenuta per me preminente l'esigenza di iniziare una nuova vita dalla quale siano finalmente esclusi i rapporti con personaggi mafiosi dai quali mi sono sentito per tanto tempo coartato nella mia volontà». E' cominciata così la collaborazione di Gioacchino Pennino fu Gaetano (il padre segnalato per associazione per delinquere e altri reati fin dal 1927), classe 1938, medico chirurgo ed esponente di spicco della de palermitana fino agli Anni 80, una carriera professionale e politica vissuta all'ombra e agli ordini di Cosa Nostra per sua stessa ammissione. «E' il primo politico mafioso diventato collaboratore di giustizia», dice il procuratore di Palermo Caselli; sta dando un contributo «straordinario, come quello di Tommaso Buscetta», dichiara l'aggiunto Lo Forte. Un «pentito» che svela dall'interno dei giochi di correnti democristiane gli intrecci tra mafia e politica a prezzo, fra l'altro, del ripudio pubblico della moglie Rita, che lo sposò a vent'anni nel lontano 1963. Nei suoi racconti Gioacchino Pennino spiega che la mafia lo aiutò da subito nella sua carriera di medico, attraverso convenzioni generiche e specialistiche ottenute grazie all'appoggio di alcuni affiliati a Cosa Nostra. Ma quando divenne ispettore sanitario provinciale la mafia lo costrinse a lasciare l'incarico, «incompatibile con la qualità di uomo d'onore che intanto avevo formalmente assunto». Esponente provinciale e regionale della Cisl, Pennino passò poi ad impegnarsi nelle file della de palermitana, iscritto d'ufficio nella sezione di Ciaculli. «Ho saputo - dice - che in quella sezione tutti venivano iscritti da Totò Greco, detto II Senatore», il fratello del boss Michele Greco. Come capo reparto dell'Inam di Palermo, tutti i medici della provincia «transitavano» dall'ufficio di Pennino: «Le mie potenzialità elettorali in tal modo si quintuplicavano. Intanto continuavano e divenivano pressanti le attenzioni di Cosa Nostra nei miei confronti...». Nel 1975 arrivò l'affiliazione «riservata», dopo l'incontro con uno dei «triumviri» di Cosa Nostra, Gaetano Badalamenti, che «aveva piacere» di conoscere quel medico impegnato in politica tanto utile a Cosa Nostra anche per le sue prestazioni professionali: dalle cure a chi era rimasto coinvolto nei conflitti a fuoco, aH'«aggiustamento» delle analisi per simulare malattie e uscire dalle carceri. Come esponente de, negli Anni 70 Pennino frequentava Vito Ciancimino, l'ex-sindaco «in mano ai corleonesi», e nel 1980, in una riunione proprio a casa di Don Vito, fu decisa l'adesione di Ciancimino e dei suoi uomini alla corrente andreottiana. «Mi si chiese - racconta il medico - se io avessi qualcosa in contrario, risposi di no... Naturalmente Andreotti era al corrente, anche perché al congresso nazionale i nostri delegati votarono per lui. Lo stesso Ciancimino, successivamente a tale adesione, decise l'inserimento di alcuni suoi uomini nelle liste comunali, insieme a Lima». Una mossa politica di cui i corleonesi di Riina e Provenzano erano a conoscenza, visto che «il Ciancimino era molto legato a Bernardo Provengano, che ne guidava le evoluzioni politiche». E proprio con Provenzano, oggi latitante numero 1 di Cosa Nostra, il medico si incontrò più volte per discutere il suo destino politico. Successe dopo che Ciancimino abbandonò gli andrcottiani rimettendosi in proprio, e Pennino decise che non voleva restaro «in sua balìa». Il boss non lo fece nemmeno parlare: «Mi disse che dovevo stare al mio posto, che le cose così corno erano andavano benissimo... Mi intimò di stare zitto, intendendomi dire di non fomentare la ribellione di altri alla gestione Ciancimino...». Alla fine Pennino si decise ad abbandonare il gruppo di Don Vito, ed andò a comunicarlo direttamente al boss Provenzano, il quale, ha detto il medico-politico ai giudici, «si limitò a chiedermi quale altro componente del gruppo pensassi di portare con me». Pennino rispose nessuno c il boss non aggiunse altro. Chissà che cosa avrà pensato oggi, nella sua latitanza, alla notizia che quel medico e politico «uomo d'onore» ha abbandonato anche Cosa Nostra. [gio. bia.] Nel 1975 divenne «uomo d'onore» dei corleonesi I rapporti con Provenzano e Ciancimino In alto, Mannino e Ciancimino A lato, Provenzano e, sopra. Pennino

Luoghi citati: Croazia, Italia, Lima, Roma